MAURIZIO BARBATELLI

Vincitore ex aequo

del

Primo Premio Nazionale di Poesia

"Cesare Zavattini"

 

E mi hai preso da dietro

con dolcezza e paura

E nel tuo membro

nel desolato strappo

ho rivissuto

l'arciera Diana

e il suo delirio.

 

*

 

Eppure quello che ricorderò

di Claudio sono i cessi.

Non che fosse un amore da cessi,

latrine sospese tra incertezze e accenni.

Io dico tutti i cessi

che Claudio scientificamente

visitava.

Lasciando, forse unica traccia,

un frammento di sé:

un dolce lume.

Un profondo calore,

che era casa e pane,

e solitudine profondissima di noi.

 

*

 

Possederti

è l'angoscia di sempre

 

*

 

E confessare tutto.

Anche la merda.

Anche l'ultimo insulto.

E' peggio raccogliere naufragi

che partorire schiavi.

Ma se alla fine,

anche l'ultimo giro

ti è negato,

Io non ho colpa:

faccio la parte

che l'allegro banchetto

degli dei mi ha riservato.

Ma tu rimani.

E sei la madre persa

e la salvezza antica,

lo specchio appena incrinato.

Il principio e la fine.

Il ritorno. Da sempre aspettato.

 

*

 

E il seme?

Ecco

Se qualcosa,

anche l'ultima cosa,

di te mi appartiene

A nessuno io darò

la mia morte.

E non so

se al momento

supremo,

quando le tue gambe

serrano la mia miseria,

Nel momento supremo del seme,

io sono solo,

o appartengo al tuo sguardo,

e dietro te

la folla inerme degli assassini.

 

 

IL NATALE DEI DIVERSI

Il mostro natale

per nostra fortuna

ha tentacoli corti

ed un poco spuntati

 

Ma a sommo dei ceppi

le braccia accorciate

di sangue profondo

sovrastano occhi

dolenti di giorni

e di perso natale

 

Il calvario dei bimbi

era allegro e banale

tra i soffi e la morte

Ma nessun sacerdote

chiederebbe al suo dio

"Condividine la sorte"

 

... e il mostro natale

per i tanti diversi

ha tentacoli corti

e tutti di ghiaccio

malamente sommersi.

 

 

IN ODIO AL MILITARE 2°

Tra ospedali

e caserme cadenti

si tracciano segnali

si sfaldano occidenti.

 

E alla memoria che più

si attarda sul crinire

assurdo e più si abbruna

nello sguardo fanciullo

alla memoria di sangue

e duro passo è velato

il più cupo degli inganni.

 

Arma la mano al boia

e al quieto riso

degli affanni crudeli

la più innocente e ignara

delle grasse madri.

 

*

 

Esterrefatte immagini di morte

questo anno '90 va cogliendo,

e il segno è colmo.

La terza guerra incombe,

spero lasci l'umile richiamo

dell'amato bambino alla formica.

Così, tanto per dare

fiato ad altra merda.

 

*

 

Le parole sono antica

sicura violenza di bronzo.

I padroni degli strumenti

evirano a migliaia

gli angeli raffinati,

incerti cantori delle strade.

Chi è fuori del giro

non si salva. Se cerca

un incontro diverrà

uno stellato paladino

della bardata onnipotenza

degli schiavi.

Non si salva.

Può solo abbandonarsi

in una azzurrità di cielo.

Tragicamente intatta.

 

*

 

Il mio amante

mi ha montato,

e gli ho succhiato

la sua antichissima

anima,

piano,

mentre contorceva i piedi

e chiudeva lo sguardo

per dominarmi meglio,

per schiacciarmi

la testa

sul suo corpo

vivissimo.

Ma il mio amante

non mi telefona,

non mi cerca,

non mi chiamerà

mai,

perché

il mio amante

ha riaperto lo sguardo

sul feroce verde

dei suoi 17 anni,

si è perso tra gli specchi,

nell'acqua, e nelle voci.

Quanto lieve

è stato il suo giorno,

sospeso

nel mio canto,

provvisorio e per sempre.

 

 

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Ultima modifica 02/08/97