ANTONIO BECCADELLI

Il Panormita

 

ATTENTI!!!

FUORI C'E' CATONE!

E LA SUA GENTE TRISTA...

 

Con l'Hermaphroditus di Antonio Beccadelli detto il Panormita si riaccende, in età moderna, quel genere poetico che è stato definito "priapico" e che ha in Catullo, in Marziale, nei Carmina Priapea pseudo virgiliani, amati dal Boccaccio, i più illustri antecedenti nell’antichità.

Umanista ormai della seconda generazione, Beccadelli (Palermo 1394 - Napoli 1471) fu insegnante di retorica a Pavia e fondatore a Napoli, alla corte di Alfonso d’Aragona, di quella vera scuola di umanesimo che fu l’Accademia detta poi Pontaniana; fu incoronato poeta nel 1432 a Parma dall’imperatore Sigismondo.

A questa profonda conoscenza degli autori latini (fu, tra l’altro, attento studioso di Plauto, il sapore della cui comicità traspare nelle sue opere) il Panormita unisce la sensibilità e lo spirito maturati nella sua permanenza a Siena, la patria sì di Caterina e Bernardino, ma anche la città che poteva vantare, in quella prima metà del Quattrocento, una tradizione letteraria "eterea e giocosa" che andava da Folgore a Cecco e al Poliziano.

E’ la stessa Siena che vede le prime esperienze letterarie, profane e non proprio pervase di intensa spiritualità, di Enea Silvio Piccolomini, il futuro papa Pio II, compagno di studi del Panormita alla scuola di grammatica di Mattia Lupi da S. Gimignano.

Il sesso violento e perverso, la crudezza delle espressioni non riescono, nell’Hermaphroditus, a cancellare il carattere giocoso, "goliardico" dell’opera. Mai si raggiungono livelli di tragedia, di angoscia, di peccato, mai Beccadelli si lascia prendere pienamente sul serio.

E questa leggerezza, questa volontà di non drammatizzare riveste, in fondo, una carica eversiva più intensa che non quella racchiusa nell’oscenità stessa del linguaggio: come sempre lo scherzo, la beffa, il sogghigno colpiscono diritti nel segno; ed è per questo, forse, che Bernardino bruciò, come pare, l’Hermaphroditus sulla piazza di Siena.

L’Hermaphroditus è stato pubblicato a Milano nel 1980 dall’editore Savelli, con traduzione a fronte di Roberto Gagliardi. L’opera era stata pubblicata per la prima volta a Bologna, con ogni probabilità nel 1425.

Una breve ma significativa antologia della produzione in versi di Antonio Beccadelli è contenuta nel volume XV, Poeti Latini del Quattrocento, della collana "La letteratura italiana - Storia e testi" dell’editore Ricciardi.

PAOLO PAGANI


 

DE CORVINO, VINUM ACCURATE CUSTODIEN

Corvinus vegetem custodit clave seraque,

non cohibet cunnum coniugis ille sera.

Zelotypus vegetis, cunni sed prodigus ille est;

haustu nam cunnus non perit, illa perit.

LAUS ALDAE

Aldae oculi legere domum Charitesque Venusque,

ridet et in labiis ipse Cupido suis.

Non mingit, verum si mingit balsama mingit;

non cacat. aut violas si cacat Alda cacat.

CORVINO, ZELANTE CUSTODE DEL VINO E NON DELLA MOGLIE

Corvino la cantina la difende

con serratura e chiave, ma non usa

la stessa serratura per la fica

della consorte. Lui della cantina

è custode geloso,

è generoso invece della fica: infatti

se la botte la bevi, si consuma,

la fica no.

LODE DI ALDA

Venere con le Grazie

hanno scelto per casa gli occhi di Alda,

e Cupido in persona ride nelle sue labbra.

Alda non piscia: oppure, se piscia,

lei piscia profumi.

Alda non caca: oppure, se caca,

lei caca viole.

 

 

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Ultima modifica 02/08/97