IL BONILAURO LAMPIDO

 

Gli zungadieri, che sbalandravano socchiotti il fruglio dei bastagi benta soffombiare i lugaresi, rimbarono le zaffurotte nombali e gualsero. Ià girlantaquallero saviori, dal sagottino chiosso, omertavano dal peppo di guaitini lilli come tergiversauri cecati e bunni, pur se labati da eppe schiotti, bolda vetti, bolda sappi nei queridi zugli.

Ma suvido, Cocob barse valese e nuiando i lugaresi si relò i canfi e besse: "Chi banò geghente, laniò che la miravone serne. Le lumbotte ne prostano mezuglia garavotte". Ma Gugneo, che verce negale madureva, sergette: "Gaiù ne botteva da mequoia con sagotto e madulla. Non zumbare coi lugaresi e medola sambiotte". Cocob zabette e benta gelicare cervicò a sebbere dusto che già nomeva sacchiuto.

L’umbia garuola che giannatreva biutta, ma denfo plastio zopirava, barse a guedare savigliotti e giuggetti dai sividocci cucchevoli e rai Gugneo lusse la pomerata fista di Cocob durendo: "Oleo Missaglione non cabordava i giagnistei, ma di sussurelli se ne brontava sagottamente, derna perasto giannicare fombievolmente, dessì zoppidava utrido e lacchio. Sorvia se ne sbalandrò bolda marando e il gunicello ielmò la ferducola veldamente quallerantarue buglie e bau..." . "Giabè doi maraghi non gerebbero grabbi e non fondreranno busci nelle berzolle - destruppe Cocob maugi sabando - ma nui giannichiamo benta mistacchio né peio".

L’amilante suoco dettora sbalò, ma subbe giancando con barno: "De misi la gerba taiota e se lugasse bessauro gli zugandieri mandrebbero banare la gerqua di Azuglio, gesta che bece:

 

Socchiotto il bonilauro

tonfò gastrulli e zaure,

gastui che soffombette

pur gnedo di pisaure.

Se nui li biam rippante

nimmanche le masciure,

delai girlantaquallero

valan le bauce gnure" .

 

Cocob gelicò bessora suvidamente il balatriere e con la baugia lura subò: "Sta gnedo, che si soffotte chi bosconfia".

 

 

IL VOMIDE BERUATTO

 

Le farlottine gorgottavano subirosamente, neviando il bacedonico ciangottìo dei gastrulli. Rimbolderata la trisside al bradaglio cimbidoso, il gaburro storgò la fluda e cladibondo tadineggiò un pachistrato. Il cabordante bulganerio del gruano intrumava imbonachito un nardicello col parillatore barisonico, buschè la iammettiera e il tlaccherdiere basvilgavano la zimmeriade.

Fatuselda bamberò attroiacciando il pallicedulo al suntinino rimbasterchito di mascantiglia, ve il glarione, relando badalasso, benta iuppidevole risaurimento e aldremai garruto, rontò dal batracomio.

"Gudronico chissio, brechecchio coace! - bodrò Demide, fonsallacre dai balfurniosi tulipaveri e sorribonda per la malatriaca pamperedine del luleimandore - Il balmamiore assingeratico fusce scamortino, l’elitronio badusso non gueda il pappantiere, la palpide bacciglia l’ermolochio e Pedivelius bosconfia intruscevolmente l’oreale".

De l’introlloquio non imboscevì la bacedevole ferducola di Fatuselda, che subbe dalla glasonnière benta il gioccredano e ubrimevole darrò un andrumello: "Il coppedesimo inchiallappero intrumerà a Molfredo un’inquascibile pastinacia, denai il piduppicello e il ghidorzio ripperanno il centralcesimo gavariolo e Frusillide, l’ornimantica, pioppellerà dessì:

 

... sbrancigliava giuvidoso

il gaffuto bambatrene

sandopirio muvinoso

gapperevole sgarion ..."

 

 

Bo Demide, con un pordenoso ortagno esclapò la poldiera del garbaggio che, sferdinando, pollenticò vivocchi basuriani e mortimeriaca, gle badusso e badalasso, bisò sagottamente il vaciglio di Sacubbio.

FAUSTO GLIOZZI

 

 

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Ultima modifica 02/08/97