ARMANDA GUIDUCCI

 

AMORE MIO PERDUTO

LUNGO LE ROTTE DELLA MEDIOCRITA'

 

Forse più nota per le sue opere critiche e per il lavoro condotto all’interno di alcune riviste della "sinistra critica", Armanda Guiducci (1) pubblica nel ’65 il suo primo volume di poesie.

Le scrive, come lei stessa afferma, per dolorosa necessità: il bisogno di salvare i gesti, i tempi e i momenti dal consumo, dalla dispersione, dalla dissipazione; il bisogno di chi vuole vivere e amare con pienezza e nel contempo vede l’Altro-da vivere-e-da-amare che trasforma la sua vita di donna "nello stillicidio giù da un lavandino" di una goccia perduta (2).

Approdata nel ’74 al femminismo, la Guiducci ha giustamente rifiutato di definire la sua opera "poesia femminile" (3), perchè troppo spesso questa definizione è servita a mascherare una discriminazione e a rinchiudere la poesia delle donne nello spazio angusto di una sottopoesia, considerata incapace di realizzare quel salto "virile" che allarga l’esperienza individuale (l’autobiografia) alla dimensione universale. Al contrario la Guiducci, col suo linguaggio chiaro ma essenziale, con le sue metafore immediate, con i frequenti enjambements tesi a cadenzare il flusso gorgogliante del pensiero, è riuscita a trasformare il suo dialogo interiore in una riflessione che acquista la valenza di una esperienza doppiamente universale, perchè nella sua poesia l’universo femminile e quello maschile si delineano a vicenda, lentamente e dolorosamente, lasciando, nella scoperta dell’impossibilità di una loro comunicazione, un’anima ridotta a un "colpo di sera" (4).

La prima raccolta, "Poesie per un uomo", racchiude il "racconto" di un modo d’amare che è bisogno di totalità, di immediatezza, di forza: "Davvero esisti. Ancora esisti./A me basta, per sfondare il mattino" (5). E’ il prorompere di un amore certo, lontano dal dubbio che, dimentico delle stanche ombre notturne, sa cogliere negli occhi dell’amato la luminosità dell’alba, "ma, ora, sono verdi, verdi, verdi/.../verde bellezza alta del mattino" (6); un amore che tiene come preziosi gli istanti, gli attimi, anche i più brevi, dell’amore: "... Divergano le chine, i gesti,/i fatti. Io, serberò l’immagine di te/l’istante (o la scintilla) di quest’ora/rubata alle cadenze dei destini" (7).

Ma questo "Io + virgola" è già il segno di una rottura all’interno di una identità apparentemente gioiosa: è il disvelamento di una separazione, di una solitudine che si insinua nella consapevolezza dell’impossibilità della totalità: "io giaccio in te, mio spazio d’amore,/e tu giaci in me, con un respiro solo./un corpo completo vibra nell’intreccio:/ma a lui è negato di durare./Perchè non esistono le sirene," (8). Solo l’attimo rompe l’isolamento dell’io fondendolo con l’Altro, ma il tempo, la durata lo riconducono a una smisurata solitudine. E l’io rimane pietrificato di fronte allo scacco, nel momento in cui si fa consapevole del fatto che il sogno androgino è solo e precisamente un sogno, a cui è negato passare all’essere e durare. Questo io aperto, questo io che vorrebbe abbracciare l’ALTRO e fondersi con lui, che si nutre nel desiderio della primigenia indivisione fra l’IO e l’ALTRO, la femmina e il maschio, questo io che ha ricevuto il dono di generare l’altro, si vede inesorabilmente negata la possibilità di ricongiungersi con lui nella pienezza di un amore. Non certo di separazione fisica qui si tratta, perchè l’oggetto amato si erge "contro" colei-che-ama non come differenza positiva, che è

complementarità, ma come totale estraneità: "Altro da me in tutto... maschio, estraneo,/altra carne, altro cuore, altra mente, ..." (9); è una estraneità tormentosa e feroce, piena di "una repressa voglia di ferire/chi, amando, ti augura il buongiorno" (10).

Eppure la constatazione che i due universi (il maschile e il femminile) sono retti da logiche totalmente dissonanti, che arrivano perfino a porre una differenza nelle strutture categoriali di percezione del reale "La femminile immagine del mondo/che mi separa da te (e a te mi attrae)/segue un tempo diverso. ..." (11), non produce nelle "Poesie per un uomo" una vera e propria rottura o negazione dell’altro. Di fronte a tutto ciò, l’io femminile, pur incolmabilmente lacerato, si fa attonito, ma fermo e deciso ad affermare le proprie modalità, il proprio universo d’amore, anche se questo significherà assaggiare l’orrore dell’esclusione: "Ma neppure la lettura più azzardata/ha messo in dubbio te-come fai tu/ogni volta sull’asse di una pagina/che ti sposti un sistema costruito./T’ammiro, così astratto, e provo orrore/della tua incerta furia-forza maschile/e debolezza insieme; mancanza di natura/che mi relega in nota-a piè di pagina." (12).

Ma questa impossibilità di smettere di amare, pena la fine di se stessi e del tempo "tutto il futuro potrebbe fermarsi/se tu mi mancassi. ..." (13), sarà siglata nelle raccolte successive da un inscindibile patto fra amore e dolore, in cui ogni istante di gioia sperato diviene morte presente e la vita stessa appare una "solitaria autonomia".

Le poesie raccolte ne "Le mutazioni" e "Mentre vivevo" segnano infatti la fine di ogni speranza in un rapporto possibile e positivo fra il maschile e il femminile: tutte giocate in un contrasto passato/presente, gettano uno sguardo disilluso sulla realtà attuale che irride il precedente accanimento teso a salvare, anche se in modo univoco, i piccoli attimi d’amore nell’illusione che in essi ci fosse la possibilità di sconfiggere il tempo: perchè l’accentuazione dell’analisi dell’estraneità dell’altro, prima percepito istintivamente, rivela solo ostilità, ferocia e mediocrità. Allora la virilità maschile, un tempo ammirata, diventa asprezza e reticenza (14); e dei caldi abbracci, dell’impetuosa sessualità non resta che una silenziosa risacca (15).

Tutto ciò in cui si era creduto appare ora vuoto e lo stesso amore non è che una "vittoria dell’aridità" (16), dello spreco che disperde ogni cosa: l’amore è tradito e l’altro, ormai ridotto a "... un vecchio adolescente/che si ripaga delle incertezze della crescita/con un gioco di bambole. ..." (17), trasforma la possibile magia degli istanti nella feroce fretta con cui saccheggia il corpo della donna (18).

Così le poesie del gruppo "Sotto una stella impura" registrano la sconfitta del presente: "Ho tentato/di trasformare in durata un incontro,/di abbracciare nell’uomo/la sua diversità./Ma come ora mi torna nemico/ciò che ho abbracciato/e i giorni creati si disfano/e sui bricchi i mattini/e i minuti creduti/e dalla passione è nata l’offesa/l’inimicizia, l’egoismo sessuale/e sulla tentata costruzione/impietosi/i colpi del piccone." (19).

E’ come svegliarsi da un sogno e trovarsi di fronte a una realtà che riduce a brandelli l’io femminile, divorandolo, sventrandolo, distruggendolo anche solo col silenzio (20), una realtà in cui non ha più senso amare, perchè non si può amare quando si viene uccise giorno dopo giorno.

GABRIELLA COVRI

 

 

NOTE

1) Nata a Napoli nel 1923 e laureatasi in filosofia a Milano, è stata direttrice e collaboratrice di numerose riviste: "Ragionamenti", "Passato e presente", "Tempi moderni", "Cultura e realtà".

Molte le sue opere critiche, fra le quali ricordiamo "La domenica della rivoluzione" (Lerici, Milano,1961); "Dallo zdanovismo allo strutturalismo" (Feltrinelli, Milano, 1967); "Il mito pavese" (Vallecchi, Firenze, 1967); "Pavese" (Mursia, Milano,1972); "La mela e il serpente. Autoanalisi di una donna" (Rizzoli, Milano, 1974). La maggior parte della sua produzione poetica è raccolta in due volumi: "Poesie per un uomo" (Mondadori, Milano, 1965) e "A colpi di silenzio" (Lanfranchi, Milano, 1982).

2) Vedi l’introduzione, scritta dalla stessa Guiducci, al volume "A colpi di silenzio". Tutte le poesie citate in questo saggio sono tratte dal succitato volume, che racchiude anche poesie precedenti.

3) "Donne in poesia" (Savelli, Roma, 1976) pag.163-164.

4) "A colpi di silenzio", Lampadina rotta, pag.38, Le mutazioni.

5) "A colpi di silenzio", Poesie per un uomo, pag.19.

6) ibidem, "Gli occhi", pag.24.

7) ibidem, "Un’ora", pag.16.

8) ibidem, "Brevità degli abbracci", pag.15.

9) ibidem, "Uomo", pag.15.

10) ibidem, "Risveglio", pag.17.

11) ibidem, "Due tempi", pag.19.

12) ibidem, "Letture", pag.25.

13) ibidem, "Il dado", pag.26.

14) ibidem, Le mutazioni, "Mutazione 1", pag.35.

15) ibidem, Le mutazioni, "Mutazione 3 e 4", pag.36-37.

16) ibidem, Mentre vivevo, pag. 55.

17) ibidem, Sotto una stella impura, pag.84.

18) ibidem, Mentre vivevo, "Che ora è questa?", pag.62.

19) ibidem, "La canzone del martello", pag.81-82.

20) ibidem, "Sotto una stella impura", pag.77.


IL SONNO DEL MATTINO

Ho dormito. Per metà della mia vita,

ho dormito: sono stata felice.

Finchè, morendo, tu non m’hai svegliata

e detto: "Guardalo, il tuo amore. Guarda

che fregile finzione, quel che credi

duraturo, eterno!". E mi ha colpito

il viso il tuo alito guastato.

"Tanto vale non amare. Tanto, credi,

dar fuoco a tutti i ponti". Dunque anche tu

dormivi quando m’abbracciavi? Forse,

all’amore giovane, è complice

dei sogni - fitti e illesi - la penombra,

come nel breve sonno mattutino?

Eccoci al giorno che distrugge. Svegli,

ci guadiamo in faccia - ed è ben duro

continuare, in questa luce cruda.

 

 

UOMO

Altro da me in tutto... maschio, estraneo,

altra carne, altro cuore, altra mente,

pure, il mio stesso corpo prolungato,

la voce che si sdoppia, e mi continua:

ciò che si oppone, e ciò che mi compone

come un discorso teso, mai concluso,

o l’altro occhio: il raggio che converge

al rilievo, allo scatto delle cose -

mio necessario opposto, crudele meraviglia

è amare te: godere di due vite

in questa sola, avere doppia morte.

 

 

NON ALTRO TEMPO

Poichè la vita stessa ci tradisce,

non ho più tempo per esserti fedele

che questo - che congiura, ogni minuto,

contro l’alleanza che ci ha uniti.

Non ho altro tempo per dirti la lealtà,

altro per confessarti l’amicizia,

altro tempo che questo: stretto, in gola.

 

 

MUTAZIONE 1

Com’eri trepido, chiaro, appassionato.

Di una tenerezza quasi ridente.

E senza riserve nella gioia

di quell’unica cosa che eravamo.

Lentamente, una forza sconosciuta

ha corrotto i tuoi tratti. Ha disegnato

un altro uomo in te: virile, duro;

ma anche aspro, reticente, irato

verso il tuo cuore stesso e me - che ami

controvoglia, di nascosto, come un furto

o un caro errore, un lapsus reiterato.

 

 

ARMANDA GUIDUCCI

A colpi di silenzio

Lanfranchi Editore, Milano, 1982.

 

 

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Ultima modifica 02/08/97