Nicolás Guillén

UN BLUES LLORA

EN LA MAÑANA FINA

 

Nella sua lunga vita Nicolás Guillén (1902-1989) ha percorso tutti i gradi della poesia e della passione civile. Ai suoi esordi di poeta infatti, egli porge ascolto alla nativa vocalità mutuata dalla gente afro-cubana cui egli appartiene per antica e oscura ascendenza: gente di pelle nera che allora (1930) si vergognava dei suoi lineamenti negroidi e "sgranava gli occhi davanti alle auto dei ricconi" meritando così, dal poeta, il feroce insulto di "negri pappagalli servili" ancora ignari di essere "come certi alberi della città che svellono tutto il marciapiede con una sola radice". Discendenti di schiavi, schiavi di quella "ciurma incivile" di dominatori yankee che hanno affollato la notte di prostitute, i bar di marinai ebbri di aguardiente, le strade di spacciatori di cocaina, non custodivano altra cultura che quella, arcaica, dei popoli agrafi; né conoscevano altro svago intellettuale che la pura scansione ritmica del canto, accompagnato dal rullare delle mani sul tamburo o dalla frenesia epilettica di danze rituali. La parola, in quei rari momenti dionisiaci, non aveva altro valore se non come supporto del canto: pura sonorità di sillabe accozzate in misteriose formule magiche, come quel "mayombe-bombe-mayombé" che era uno scongiuro ripetuto con cadenza ossessiva per ammazzare il serpente; come quel "sòngoro cosongo" che esprimeva soltanto un casuale gioco fonetico, una bizzarra litania in funzione ausiliaria rispetto alle modulazioni musicali di una vitalità straripante. Non a caso dunque, la prima raccolta poetica di Nicolás Guillén consiste nei "Motivos de son" (1930) vale a dire in uno strano coagulo di ritmi, giaculatorie e sberleffi che, accompagnati da strumenti a percussione, si risolvono in risate, in balli e talora "in quadri dipinti con due pennellate e in tipi di popolani così come essi si muovono attorno a noi" per usare la stessa definizione che Guillén dà della poesia-son, la più autentica espressione canora di quel sottoproletariato negro o mulatto, giocosamente sensuale e spesso forzatamente ozioso e vagabondo, che per il turista straniero costituiva il richiamo più schiettamente folcloristico tra la pur variopinta vita isolana. Ma se il "son" si risolve musicalmente in cadenze sincopate, la poesia che lo sottende presenta tutte le connotazioni del surrealismo, tendenza espressiva congenita e congeniale alla sensibilità della "negritudine" in genere e di Nicolás Guillén in particolare. Gli esempi si possono raccogliere a piene mani nella produzione del nostro autore. Basti ricordare, nella elegia funebre dedicata a Papà Montero, quella luna che cade di taglio nel patio e che diventa guanciale su cui posa la testa del morto, per comprendere quanto di magico, di visionario, di prelogico, di fluidi automatismi verbali vi sia nelle fantasie, nelle metafore, nelle correlazioni tra il soggetto e la realtà circostante. Una realtà che in un primo momento si presenta al poeta piacevolmente sfaccettata in quadretti di genere, salvo poi affacciarsi con tutta la crudele evidenza della tirannia cui soggiacciono le Indie Occidentali, cioè l’intero arcipelago delle Antille. E allora i bozzetti iniziali diventano poesia selvaggiamente protestataria, intrisa di ribellione contro le compagnie U.S.A., "voraci padrone dello zucchero e di colleriche fruste" che dissanguano la splendida terra cubana, "lunga lucertola verde con occhi di pietra e acqua". Siamo dunque a una svolta, nella vita e nell’arte di Nicolás, finalmente congiunte in un univoco impegno di lotta contro l’oppressione interna e straniera: si iscrive infatti al Partito Comunista Cubano, collabora ad una rivista d’ispirazione marxista e come inviato speciale si reca in Spagna, durante la guerra civile: "Il più grande avvenimento della mia vita (racconterà poi Guillén) fu il viaggio in Spagna, dove divampava la lotta del popolo contro il fascismo. Fu per me una scuola di sangue..." da cui egli trasse materia per il suo "Poema in quattro angosce e una speranza" commisto di motivi elegiaci e di roventi invettive. Subentra poi un periodo d’intensa attività politica, giornalistica e di silenzio poetico che dura fino al 1947, anno della pubblicazione del "Son entero", quasi un’amplificazione del "son" volontario del poeta (1952). Nel suo andare ramingo da un paese all’altro, si allargano gli orizzonti della sua esperienza e svariano i motivi di canto, dedotti da una più estesa visione delle sciagure e delle speranze umane. La vittoriosa rivoluzione castrista(1959) riapre all’esule la via del ritorno a Cuba. Nicolás vi è accolto come il profeta di quella società rinnovata dal socialismo; viene eletto presidente dell’unione scrittori e artisti cubani e proclamato poeta nazionale. Di quel titolo egli si manterrà degno fino alla morte e non certo "suonando il piffero alla rivoluzione" ma piuttosto accompagnando con il suo canto sommesso e pacato la difficile ascesa del popolo cubano verso una convivenza più libera e giusta, per quanto lo consente il soffocante assedio economico degli antichi padroni yankee... Ancora oggi i ragazzi di Cuba recitano a memoria la poesia "Tengo" tutta pervasa dalla gioia di chi ha ritrovato la propria terra madre e non più matrigna: "... Io ho il piacere di andare per il mio paese / padrone di tutto quanto vi si trova... / Zafra posso dire-montagna posso dire / Città posso dire / Dire esercito / e son miei per sempre e tuoi e nostri / e un ampio splendore / di raggio stella e fiore.."

RENZO BARAZZONI


Sudor y látigo

Látigo,

sudor y látigo.

El sol despertó temprano,

y encontró al negro descalzo,

desnudo el cuerpo llagado,

sobre el campo.

Látigo,

sudor y látigo.

El viento pasó gritando:

- ¡Qué flor negra en cada mano!

La sangre le dijo: ¡vamos!

Él dijo a la sangre: ¡vamos!

Partió en su sangre, descalzo.

El cañaveral, temblando,

le abrió paso.

Después, el cielo callado,

y bajo el cielo, el esclavo

tinto en la sangre del amo.

Látigo,

sudor y látigo,

tinto en la sangre del amo;

látigo,

sudor y látigo,

tinto en la sangre del amo,

tinto en la sangre del amo.

Gobernador

Cuando hayas enseñado tu perro

a abalanzarse sobre un negro

y arrancarle el hígado de un bocado,

cuando también tú sepas

por lo menos ladrar y menear el rabo,

alégrate, ya puedes

¡oh blanco!

ser gobernador de tu Estado.

El negro mar

La noche morada sueña

sobre el mar;

la voz de los pescadores

mojada en el mar;

sale la luna chorreando

del mar.

El negro mar.

Por entre la noche un son,

desemboca en la bahía;

por entre la noche un son.

Los barcos lo ven pasar,

por entre la noche un son,

enciendiendo el agua fría.

Por entre la noche un son,

por entre la noche un son,

por entre la noche un son...

El negro mar.

- Ay, mi mulata de oro fino,

ay, mi mulata

de oro y plata,

con su amapola y su azahar,

al pie del mar hambriento y masculino,

al pie del mar.

SUDORE E FRUSTA

Frusta,

sudore e frusta.

Il sole apparve presto,

e incontrò il negro scalzo.

Nudo il corpo piagato,

sopra il campo.

Frusta,

sudore e frusta.

Il vento passò gridando:

- Che nero fiore nelle mani!

Il sangue gli disse: andiamo!

E lui disse al sangue: andiamo!

Partì scalzo nel suo sangue.

Il canneto, tremante,

gli aprì il passo.

Poi, il cielo silenzioso,

e sotto il cielo, lo schiavo

tinto nel sangue del padrone.

Frusta,

sudore e frusta,

tinto nel sangue del padrone;

frusta,

sudore e frusta,

tinto nel sangue del padrone,

tinto nel sangue del padrone.

GOVERNATORE

Quando avrai insegnato al tuo cane

ad avventarsi su di un negro

e a strappargli il fegato con un morso,

quando saprai anche

per lo meno latrare e agitare la coda,

rallegrati: ora puoi

bianco!

diventare governatore del tuo stato.

IL NERO MARE

Livida la notte sogna

sopra il mare;

la voce dei pescatori

bagnata nel mare;

nasce la luna gocciolante

dal mare.

Il nero mare.

Nella notte un son,

si avvicina alla baia,

nella notte un son.

Le barche lo vedono passare,

nella notte un son,

incendiando l’acqua fredda.

Nella notte un son,

nella notte un son,

nella notte un son...

Il nero mare.

- Ay, mulatta d’oro fino,

ay, mia mulatta

d’oro e d’argento,

papaveri e fiori d’arancio,

ai piedi del mare maschio e bramoso,

ai piedi del mare.

 

Versione di

RAMON DELMONTE

 

 

Indice

Internet Copyright
Ivano Miselli
Engineering by
IVM
Ultima modifica 02/08/97