CLAUDIO BEDOCCHI e GIUSEPPE OMBRINI

INTER · URBANE

 

In un'epoca di individualismo estremo, di ricerca sfrenata di conferme narcisistiche, di competitività che non ammette esclusione di colpi nemmeno nel mondo dell’arte, la pubblicazione di un testo in cui due giovani autori si confrontano e propongono una parte della loro produzione poetica in maniera collaborativa e paritaria, costituisce un avvenimento decisamente interessante. Claudio Bedocchi e Giuseppe Ombrini vivono ed operano a Reggio Emilia. Alle loro spalle esperienze socio-culturali differenziate, ma oggi in comune un forte impegno artistico-culturale nella partecipazione al Centro di Poesia Cultura e Arte e la convinzione dell’alta funzione che riveste la poesia sia nella vita individuale che in quella collettiva. Poesia per arricchire e rendere più autentici uomo e società; poesia come progetto di ricerca di sé e della verità; poesia come strumento di conoscenza e creazione di nuove realtà; poesia come espressione delle angosce e delle attese, delle ossessioni e delle aspirazioni, delle complesse e altrimenti inesprimibili ombre dell’immaginario inconscio più profondo; poesia come atto creativo che nasce dalla consapevolezza della mancanza e dal desiderio-tentativo di superarla; poesia come affinamento e godimento estetico. Poesia dunque come raggiungimento della categoria estetica; e il linguaggio poetico "esige attenzione musicale, sensibilità materica, un ordine interiore, e si produce soprattutto nell’eliminazione del superfluo", come afferma il poeta milanese Franco Loi ed è in questa direzione che si muovono gli autori di INTER · URBANE. Essi infatti pongono un’attenzione particolare alla ricerca di soluzioni formali congeniali a quanto vanno via via comunicando sia seguendo e studiando la lezione dei grandi poeti - del passato e contemporanei - sia sperimentando invenzioni del tutto personali. Così Claudio Bedocchi è sensibilissimo agli effetti fonici e non a caso apre la sua raccolta con "Drums and dreams", felice connubio di significanti-significati, che ci anticipa temi e modi della sua poetica. Allitterazioni, cambi d’accento, scambi di vocali, rime al mezzo, rime baciate, sinestesie, uso sottile dell’ironia, rottura della sintassi tradizionale e metafore ardite caratterizzano l’andamento dei suoi versi con effetti che coinvolgono il lettore e lo inducono, in modo piacevole ed originale, a procedere alla conquista personale della poesia. Il suo non è mai un puro e semplice divertissement, oltre c’è la riflessione, garbata, non intrusiva, che richiede sempre l’intervento e la creatività dell’altro: "sfilacciandoci il viso... ci sarà un’altra faccia... speriamo ci piaccia", oppure l’ironia che conduce quasi inavvertitamente all’interno della posizione polemica dell’Autore nei confronti della società: "Magellando di onda in onda... a studiare / le uova di Colombo / disperse / nel quotidiano / delle nostre / americhe." I temi sociali sono il soggetto preferito di vari componimenti di Bedocchi che affonda la sua critica nelle degenerazioni perverse di quelle che avrebbero potuto essere le grandi e benefiche scoperte del mondo moderno. Si legga per esempio la poesia "Finirà la papa": "e avremo grandi ponti / e avremo grandi ospedali / e avremo grandi malati" che ci riecheggia le "magnifiche sorti e progressive" di leopardiana memoria; e la "E del paese": "E del paese / restarono lacrime / donne mutilate di cuore / stille raccolte / a lavare nel tempo / la statua al dolore". In quest’ultima poesia si avverte da un lato il tema esistenziale dell’amore nella forma espressa da Armanda Guiducci quando dice: "consumato il patto inevitabile fra l’amore e il dolore", e dall’altro l’accusa che il poeta muove agli uomini per le loro scelte distruttive, dis-umane, scelte di dolore. Si vedano anche le due poesie "Progetto handicap", in cui si parla di "accrescimento del prodotto lordo / che tira la catena al nostro collo", e "Senza confondere" dove la critica si fa mordace e l’ironia sarcasmo: "visi da flash / plastiche facciali di realtà / abituarsi alla lasagna / abituarsi all’altrui fame / fame che buca / buca l’addome tronfio / e dà nausea alla testa / con le banane americane / a noi così necessarie / coi tovaglioli di carta / a noi così necessari /... il necessario per sé... (caro Walt)" e più avanti "in un paese libero... dove ognuno fa il necessario / per avere uomini in ginocchio / e donne a gambe aperte." Walt Whitman è il padre letterario di Bedocchi e in quel "caro Walt" noi sentiamo il legame affettuoso e direi quasi riconoscente per quel grande poeta di cui D.H.Lawrence ha detto: "Whitman è stato il primo eroico profeta che abbia avuto il coraggio di prendere l’anima per il collo e di cacciarla in mezzo ai rottami. 'Lì' egli ha detto all’anima, 'stai lì'. Stai lì, nella carne, nelle labbra e nel ventre. Nel petto e nell’utero. Stai lì, anima, nelle cosce dei negri, nel corpo delle prostitute, nella carne marcia del sifilitico, nella palude dove cresce il calamus. "E anima e corpo all’unisono sono presenti nelle poesie d’amore di Bedocchi, poesie intense, ricchissime di simboli, molto dolci: "e m’immergo piano /amando ad uno ad uno / i tuoi difetti / i miei dolori" - "Mostrami la pelle / il colore / la morbidezza / il tessuto / il punto / affinché mi ci possa strofinare / senza farci male" - "Dimmi d’amarmi /... in questo sussurro di notte / d’umide labbra". Amore tra donne e uomini "veri" è quello che il poeta vive e ci propone: donne vere che conoscono i "nostri difetti diffusi / nonostante gli sforzi effusi" e uomini veri che conoscono il sapore di "albero mare terra", che vivono e lasciano spazio alla "fantasia", alla sorgente delle emozioni e delle immagini, alla parte più profonda e primordiale dell’Io, insomma alla Poesia senza la quale l’uomo si riduce a robot, a essere alienato dalla sua stessa essenza.

Con modalità diverse e con altre scelte lessicali e linguistiche si muove invece il secondo autore di INTER · URBANE, Giuseppe Ombrini.

Arriva a Reggio Emilia da Napoli nell’88 "con valigia e senso d’avventura", come egli stesso dichiara, e con l’entusiasmo e la fiducia che caratterizzano coloro che aspirano ai cambiamenti, amano esplorare ambienti nuovi, desiderano sperimentare una gamma più allargata di possibilità comunicative e relazionali. Il suo patrimonio esperienziale è ricco ed intenso sia in campo politico che in quello culturale e già da tempo ha scelto la poesia come strumento privilegiato per ordinare, comprendere, trasmettere, ri-creare o creare ex novo le sue stesse esperienze. In sintesi, Poesia come progettualità, anzi Poesia è "il progetto" nell’accezione proposta da Antonio Porta il quale ha sottolineato con forza questo concetto visto che "noi non abbiamo un centro cui fare riferimento, viviamo in una complessità di tipo centrifugo, non centripeto, e in questa complessità in cui convivono linguaggi diversi non riusciamo a orientarci, o perlomeno abbiamo a volte rinunciato a orientarci, ci siamo arresi, abbandonando il progetto, accettando l’ondata di riflusso che ha portato via con sé quel tanto di progettualità residua. Siamo rimasti naufraghi, come Robinson Crusoe, con i rimasugli di una nave, su un territorio sconosciuto." Da qui "la necessità di un ritorno forte al progetto" per orientarsi in questo mare delle complessità. Ombrini compie dunque la scelta del linguaggio poetico per destreggiarsi nel magma dell’esperienza, per opporsi alla dispersione nei mille meandri della quotidianità, per impedire la dissoluzione delle sensazioni e delle emozioni, e per contrastare il pericolo - paventato da Argan - del "blocco dell’immaginazione" da parte di utenti resi passivi dal gettito continuo e indiscriminato di immagini. Caratterizzate da una vena surrealista e paradossale ora ironica ora tesa alla riflessione metafisica, le poesie di Ombrini, pur nella varietà dei temi, sono dominate quasi ossessivamente dal bisogno profondo di rompere gli schemi, di uscire dal provincialismo soffocante, dall’abitudinarietà schiacciante, dall’omologazione in una società che non tollera l’originalità; e su tutto questo il rimpianto e la frustrazione dei sogni infranti del post-’68 e del post-’77: "Soldati di sigarette / fumare per incidere nell’aria" - "Farei ricorso / al mio passato ... Preferisce qualcos’altro? / Sì / un po’ d’amore / e il mio braccio sinistro" - "Giorni vili nel passaparola". Anche sul piano formale esse esigono una loro autonomia e si presentano con una particolare sistemazione grafico-scalare dei versi, con la rottura sintattica dei connettivi, con il susseguirsi delle parole in associazioni libere o per affinità foniche o per un semplice gioco d’ironia, con reiterati enjambements, uso personalissimo della punteggiatura, metafore originali. Sono poesie di non facile lettura - ci fanno pensare spesso a Dylan Thomas - a volte inquietanti, ma sempre affascinanti: squarci visivi d’inconscio come lo sono i sogni dove si perdono le connessioni logiche, il fluire ordinato delle immagini, le coerenze spaziali e temporali e irrompono in maniera anarchica figure, situazioni, colori, emozioni, sensazioni, etc. Si legga "La bottega dei tacchini": forti metafore di non semplice individuazione rendono drammaticamente l’atmosfera, le angosce, le assurdità dei luoghi creati dalla società per isolare le devianze, come il carcere o il manicomio. Altro tema ossessivo: la ripetitività del lavoro quotidiano "Lavati mangia... esci... vai al lavoro" "Tempo / ancora una giornata lavorativa" e il desiderio struggente di poter vivere con altri ritmi, altri metri, altri colori: "Diario spicciolo / 20 gennaio / giornata lavorativa / tutto sommato è finita presto / bisogna scegliere anche i padroni / Pablo era il pittore / ed il rosso il suo colore". D’altronde è il poeta colui che porta valigie chiuse e di tanto in tanto le apre per far vedere paure, ruggine, abdicazione, libertà, solidarietà, solitudine - tanta solitudine - ("Ospito valigie chiuse") ed è il poeta l’uomo più libero e anche il più disturbante: "Il poeta / Disturbo? / ...alla mente non si chiude il cancello"; ci sembra questa una bellissima dichiarazione di poetica accanto a "Perché scrivo? ... Forse il buio, le piccole luci".

"Le piccole luci..."; c’è un’altra interessante poesia "La scelta", incentrata sulla luce, che sintetizza la tematica, presente in molti componimenti di Ombrini, del rapporto tra luce e ombra ( ci accorgiamo in questo momento del significato del cognome del nostro Autore! ), simboli dell’irrisolvibile dualità di vita e morte, sogno e realtà. Un accenno a quelli che possono sembrare flash di pensieri e che a nostro parere raggiungono vertici di lirismo e d’intensità, quali "Cosa suoni Bob?" o "Il taglio del pane / quotidiano" o "Girare il timone verso il sole". Ed è con questa suggestiva immagine "del mio angolo" "verso il sole" che terminiamo il breve e parziale excursus nel vasto mondo poetico dei due Autori di INTER · URBANE per lasciare libero il lettore di dirigere il suo "timone" nell’affascinante itinerario poetico di questa raccolta.

FRANCA PINNIZZOTTO


 

Drums and dreams

Drums and dreams

abrasioni da idee

 

Drums and dreams

Drums and dreams

vibrazioni di lingue

 

Drums and dreams

Drums and dreams

ballerà la vergine

muovendo le anche

s’innalza l’àncora ancóra

dalle acque intime

 

Dobrodosly

Drums and dreams

Dobrodosly

Drums and dreams

 

sfilacciandoci il viso

nello specchio preciso

mutando mutande

perline e colline

ci sarà un’altra faccia

.........................

speriamo ci piaccia.

 

*

 

UNISONO

UNI SONO

UNI SOLO

UNISONO

UNIVERSO

UNI ONI UNO

ONI UNO

UNI VERSO

VERSO...

IL VERSO...

L’UNIVERSO

UNIVOCO

 

*

 

Non c’è rimborso

in tempra e tempo

non c’è soccorso

nel vuoto che porto

pallido rimorso

prima che parta

di porto in porto

di porto in porta

di porto in whisky

"blended" come gli errori

"blended" come gli allori

"blended" come i rancori

"blended" come gli amori

nel loro inseguirsi irregolare

 

 

 

MAGELLANDO

Di onda in onda

magellando

onda su onda

a studiare

le uova di Colombo

disperse

nel quotidiano

delle nostre

americhe

 

*

 

Abbarbicati ai muri

sciacalli di/per dolore

idolatrano la luce

se li acceca

 

*

 

Ci vuole profondità

per essere mare

ci vuole gioia

per essere terra

ci vuole forza

per essere albero

ci vuole fantasia

per essere uomo

per essere profondità

per essere gioia

per essere forza

chiamare per nome

albero mare terra

e averne il sapore

 

*

 

Se provate a urlare

a urlare forte

note stonate

sarete liberi

in stanze molli

insonorizzate

dove urla libere

sono reclamizzate

detersivi di coscienza

 

*

 

Finirà la papa

finirà la simmenthal

e avremo grandi ponti

e avremo grandi ospedali

e avremo grandi malati

malati senza papa

speriamo in qualche seno

senza radom

senza A.I.D.S.

senza pudore

che animi la spirale

che congiunga il cerchio

sotto l’albero di Guernica

allattando bambini

sotto le sue fronde

costruendo villaggi

dalle sue fronde

seppellendo i morti

in fronde fiorite

 

 

 

REMEMBER "CHE" GUEVARA

Ogni uomo "CHE"

ogni donna "CHE"

risponderanno dalle case

alle grida d’aiuto

e non faranno più feste

a vincitori di sangue intrisi

a carne sporca di fame

a diamanti troppo bianchi

allora VENCEREMOS

solo allora VENCEREMOS

 

*

 

Quanto sangue ancora

o forse diremo

quale sangue ancora

in quell’ombra di mente

che s’allarga e s’allunga

in tentazioni e privazioni

quale sangue allora

non potendo fermare

le nostre ombre dinamiche

nel resistere a esistere

 

*

 

E del paese

restarono lacrime

donne mutilate di cuore

stille raccolte

a lavare nel tempo

la statua al dolore

 

*

 

Amo donne vere

che sono donne

prima del lavoro-casa-chiesa

prima dello studio-tanga-stadio

prima dell’amante-marito-lattante

amo donne vere

che amano uomini

che amano darsi

che amano coricarsi

che amano donne

che amano bambini

che amano ragni

che amano i propri seni

che amano i propri capelli

che amano amarsi

nelle gambe storte

negli occhi guerci

nel naso grosso

nel piede piatto

amo donne vere

che sono donne

e con gioia lo sanno

amandoci per quel che hanno

dai nostri difetti diffusi

nonostante gli sforzi effusi

 

*

 

E’ il tempo che passa

un libeccio invadente

che spazza la foglia

che piega la mente

fra rumor di finestra

cirro che passa

o nembo che offende

 

- Cicuta?! -

- Hem! No, grazie...

bollente!!! -

 

CLUDIO BEDOCCHI

da "INTER · URBANE"

DEA CAGNA EDITRICE, Reggio Emilia, 1992

 

IL POETA

Disturbo?

 

alla mano non ti potranno colpire

alla mente non si chiude il cancello.

 

 

 

PERCHE’ SCRIVO

Forse il buio? Le piccole luci?

 

Forse il buio, le piccole luci.

 

*

 

Cosa suoni Bob?

 

La tua musica

minaccia

una semina di pianto.

 

*

 

Osservate-Mi

Osservate la mia testa

nulla di strano

Osservate la mia lingua

nulla di strano

Osservate i miei occhi

nulla di strano

Osservate e riuscite

a guardare bene

ogni mio particolare

Osservate e scrutate

le mie mani

ogni mio gesto

ogni mio giudizio

/alla mia condotta

/alla mia condanna

Osservate-mi laggiù

nell’inferno di quell'ascensore

unico piano

/delirio

Osservate-mi negli altrui occhi

secchi d’incoercibile lotta

Osservate-mi nelle file

di quella folla ferita

/che acclama giustizia

Osservate-mi sul mio fastoso cappello

vi accorgerete

/nessuna magia

Osservate-mi

protagonisti del cazzo!!

 

*

Mattina:

 

Lavati Mangia... Esci... Vai al Lavoro.

Genetica, per prima colazione...

 

Padrone:

 

(Qui c'è tutto un discorso da fare)

l'ora per precisione, distinta la barba fatta

... per poco non mi tagliavo l'orecchio

benvestito con il rigore dei colori

... meno male che mio fratello era già uscito

- Ombrini, per prima cosa dobbiamo essere

convinti di avere sempre RAGIONE,

si ricordi................................. alla fine

che ci sono sempre IO.

 

Ritorno a casa:

 

Lavati Mangia... Esci... Vai al lavoro

Domani.

 

*

 

DIARIO SPICCIOLO

20 Gennaio

 

Giornata lavorativa.

 

Tutto sommato è finita presto

bisogna scegliere anche i padroni:

Pablo era il pittore

ed il rosso il suo colore.

 

 

 

21 GENNAIO

Ancora una giornata lavorativa.

 

Oggi avrei voluto vedere Anna

|

forse l’ho rivista

o persone che le somigliano

|

qualche amica

:per capire me stesso

|

ho in mente di andarmene

ci riuscirò?

|

TEMPO

|

ancora una giornata lavorativa.

 

*

 

OH, OH!!

Com’è bella la vita.

Che cosa stupenda è la vita.

Una bocca di giustizia sarà aperta.

OH, OH!!

Com’è bella la morte per Voi.

 

 

 

A VOLTE

A volte lascio gli occhi per strada

per non portarli a casa

dove il fumo delle sigarette

si mescola con il dolore

di chi non può fumare.

 

 

 

 

OSPITO

Ospito

valigie chiuse

paura mi capita, spesso

con lo specchio, girarmi alle spalle

e fuggire dalla ruggine nera

 

Ospito

gambe strette

clown mi sveglio, abdicazione

giro intorno, giacca larga nel tempo

libertà con la pelle nera, lontane le donne

 

Ospito

giorno della mia sorte

fiducia, mancano delle persone

con dei pensieri, sarò diverso

futuro, solidarietà alla bocca

proibitivo al sole, figlio

delle sensazioni, ricordati

di essere solo...

 

Ospito

l’ultimo respirovago

e mi perdo nella mia bocca seguendo

gocce d’acqua fresca dove la morte

annuncia la sua strada.

 

 

 

Ad Antonio Porta

Ho soffiato nella cenere

fuoco vivo

mi tiene caldo.

 

 

 

GIORNI

Giorni opachi nel...

grembo usato

di maglie festose

in estate calda

dove la gioia

immersa, placida

scivola nel lago stagnante

 

Giorni che...

mani piccole

faville

scompaiono ridendo

in oggetti preparati

consumati in verderame gesto

di foglie orecchie

di matite umane oramai spuntate

 

Giorni vili...

nel passaparola

e facce nere stampate sulle coste

su pressione

su contesse vergini sposine

 

Giorni sempre...

in numeri pari

mai agli spari

e pazientare sempre

in solite scuse.

 

*

 

girare il timone

verso il sole

è quello il mio angolo.

 

GIUSEPPE OMBRINI

da INTER · URBANE

DEA CAGNA EDITRICE, Reggio Emilia, 1992

 

 

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