LORIS TONINO PAROLI

 

RICORDI DI PIOMBO

IN UN PRESENTE INGABBIATO

 

IL VETRO DI LORIS TONINO PAROLI.

All’interno del carcere, ove plumbei ricordi portano a una strada chiusa, Loris Tonino Paroli usa la poesia come strumento di indagine e di verifica, in sostituzione di una fredda analisi razionale. Il campo di osservazione è troppo devastato e segnato da eventi tremendi per potersi prestare a una possibilità di comprensione piena, attraverso il normale approccio del ricercatore che si colloca all’esterno della realtà per poterla meglio dominare. Paroli si avvale dell’intuizione, di una conoscenza originaria e immediata, e quindi "poetica", per porsi al centro delle proprie contraddizioni e trovarsi bloccato al loro interno. Questa consapevolezza è un punto conclusivo, che si apre all’esterno ma non si ricollega alla società e alle sue istituzioni, intese nella loro genericità (come accadde all’inizio del suo avventuroso viaggio).

Ulteriori deduzioni sul piano della logica astratta si rivelano strumenti inservibili, incapaci di rimuovere situazioni o anche soltanto di farle evolvere. Paroli ribalta l’originario rapporto verso la realtà intesa nelle sue astratte generalizzazioni, formata di categorie all’interno delle quali gli uomini, nella loro concretezza, si annullano, perdendo peso la loro individualità.

Il suo nuovo referente è il particolare, quale in effetti gli si presenta: il dato concreto, palpabile, misurabile, identificabile. Un universo minimo con sue connotazioni precise, accanto a tanti altri, con esclusione di un rapporto di specularità o di identità. E’ da questa rilevazione che la vita si afferma, cresce, si impone.

Si impone allora l’esigenza del colloquio, del rapporto con la donna che ama, per formare un tessuto di sentimenti sul quale può anche crescere una più vasta aspirazione al sociale che abbia tuttavia un volto, una luce.

Questo nuovo germoglio di vita è tuttavia contrastato, come se si volesse comprimere la personalità del condannato, mantenerla all’interno di una dimensione disumana, prolungando nella pena le ragioni della condanna.

Nel suo primo colloquio l’abbraccio è proibito dal vetro che separa i sentimenti per vietare non solo l’abbraccio ma anche la ripresa di una nuova vita, "viaggiando tra cespugli di parole, in una distanza senza strade".

Il vetro assume il significato simbolico di una separazione che sanziona l’isolamento. E’ la conseguenza di una norma non scritta, dell’autodeterminarsi della coscienza per una scelta dalle motivazioni inconsce, il sintomo del rifiuto di una realtà inaccettabile. Oppure, quando si sciolgono gli impedimenti endogeni, il prodotto di una forza esterna, che comprime la coscienza, ostacolandone involontariamente il recupero ad una normale vita di relazione, all’unico possibile riscatto.

La poesia di Paroli non prefigura quindi scenari apocalittici su cui proiettare una palingenesi individuale o collettiva. Forse era così nel passato. Ora la sua poesia è come una casa, da costruire mattone su mattone, con le proprie mani.

Ogni avanzamento, anche minimo, è il frutto di una personale conquista, che va oltre il recinto della propria individualità, senza spingersi in terre desolate, secondo i canoni di un rituale liturgico, ma alla ricerca di un volto conosciuto, concreto com’è concreta la vita, quella vera.

ALFREDO GIANOLIO


I CAPELLI ACCAREZZARTI VOLEVO

Dal carcere di Palmi

all’obitorio di Milano

il viaggio si presentò lungo

attraverso la luce dei miei occhi

che non vedevano che te

La speranza accompagnava

la non speranza:

ch’eri spirato lo sapevo

eppure speravo speravo...

Ti guardavo dov’eri com’eri

ti accarezzavo

ti sognavo

ti sentivo battere il cuore

ti baciavo sulla fronte

All’arrivo ti avrei voluto

anche i capelli

accarezzare:

quelli non diventano mai

freddi né caldi

Ma una benda vidi

una benda

di sangue tuo fiorita

te li fasciava

facendo apparire

il tuo triste sorriso

coperto da una rosa bianca

e rossa di primavera

Sì, sì

eri bello anche così

ma avrei voluto

i tuoi capelli accarezzare:

quelli non diventano mai

caldi né freddi.

 

S.Vittore, luglio 1981

 

 

NON LO SVUOTANO

Anni anni

anni di galera

con l’intento

di sottrarci

da un mondo

tutto nostro:

sottraggono

solo

secchi d’acqua

da un oceano.

 

Aprile 1981

 

 

PRIMO COLLOQUIO CON TE

Proibito l’abbraccio,

felicità, ansia sospesa,

gareggiavano il solo mio sguardo,

per te, o mia libertà sorridente.

Ma il vetro, proibiva

l’abbraccio:

quel vetro.

 

All’emozione abbandonati i pensieri,

mi specchiavo nel sogno

dei tuoi begli occhi, brillanti

oro e blu

alberi, lavanda e farfalle lilla.

 

Poche le nostre parole,

lunghi i discorsi compresi

in cui ci ispirava la vita, istinti

felici d’amore. Ma il vetro,

quel vetro...

e i tuoi occhi, ridenti... e tu, e tu.

E quante cose rimaste, da dirci!

 

 

SEMPRE DI CORSA

Dove corri

dove corri

in tuta blu

ogni mattina

di buonora

sotto il cielo

d’ogni tempo?

Corri al cartellino?

Accelera

manca un quarto

è il terzo ritardo

ti multano

corri corri

devi timbrare.

Poi, la produzione,

veloce, più veloce

mancano dieci pezzi

e mezz’ora

e il dovere è fatto

sancito dal padrone.

Manca un giorno...

manca un mese...

manca un anno...

ti guadagni

le domeniche e le ferie

e anche Natale

e a volte sei contento.

E’ malconcio

il tuo compagno accanto

va in pensione

tra un anno

e un anno dopo

creperà,

è la media.

E tu

continui

a correre correre...

Voltati perdio!

Non vedi mica

che sei fermo da tempo

da generazioni

all’ultimo gradino?

Altri

sono saliti in alto

sulla tua pelle

sfruttandoti

e rappresentandoti.

Osservati osservati...

e se restare in quella

tomba lì

non riesci vederti

dai boia circondato

osservati

osservati dall’alto

del pensiero.

Scoprirai

che è un delitto

lasciarsi sfruttare

sapendo d’essere sfruttato.

Lotterai

con adeguati strumenti.

E diventerai

pericoloso per i boia

che ti dipingeranno

delle peggiori tinte...

Ma più libero

ti sentirai

di pensare, di parlare,

d’agire...

Corri, corri, corri

adesso

operaio in tuta blu.

 

Palmi, 1980

 

 

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Ultima modifica 02/08/97