FRYDA ROTA

Vincitrice ex aequo

del

Primo Premio Nazionale di Poesia

"Cesare Zavattini"

 

PER COGLIERE IN SEGRETO

Oh! Nos os sont revetus

d’un nouveau corps amoureux.

 

Per gli occhi da scriba dei gabbiani

- occhi forti e giocosi che non hanno

nessun inceppo di paura dietro

e affrontano il presente sicuri

sia il mondo groviglio di luce

 

- per la rotta della voce acuta

che ribadisce netta e indifesa

(ma non intravvederne la paura)

il volo equilibrato a tutto sesto

 

- per le volte che spensero il sole

oscurandolo al ritmo di un’ala

e poi si riaccese capovolto

obbediente all’imperio dello strido

 

- per il candido colpo di pugnale

inferto al petto dell’aurora

che rossa scivolava insanguinata

nella fiamma di mille candelabri

 

- per i giardini d’acqua incantati

che colgono la forza del vento

e involvono nella mobile insidia

le occasioni umane mancate

 

per tutto questo il verso reclina

e annoda su fogli le parole:

ma anche dalle pagine trasvolano

gabbiani che l’assedio non distoglie

e sarai tu a ritornare a loro

o per fantasia o per ricordo

o forse per cogliere in segreto

la madreperla intatta del volo.

 

 

OLTRE I SEGNI DELLA ROSA

... des fleurs magiques bourdonnaient...

 

Queste strade ove l’unico prodigio

è l’angoscia che genera alle spalle

alito d’ombre intente a dipanare

date moleste di sconfitta (le volte

in cui l’amore ha avuto in cambio

inganno di parole fraintese - poi

la solitudine insolente - il fiato corto

e con il passo offeso) - queste strade

a filo d’abitudine hanno smarrito la tua anima.

 

Né la ritroverai fino a che torni

un mattino l’attesa ad incantarti:

rinnovate alle labbra le domande

che stavano a principio della storia

vedrai d’un tratto mutato nella mano

il bastone di Sancio con il cuore

dal cavaliere illuso contro il vento.

 

E ti coglierà silenzio interiore

che è conquista dopo la battaglia

quando abbia vinto la speranza:

se curverai la fronte consapevole

a Chi spazia oltre i segni della rosa

sarà tesa la mano che ti salva.

 

 

RAMMENTA LE SERE

Les talus le berçaient.

Des bêtes d’une élégance fabuleuse circulaient...

 

Maturava il tempo sull’ombra

di case-nido: era un cerchio

compatto la campagna che il cuore

giorno a giorno seminava:

noi camminavamo trasparenze

- dita posate ai cancelli della sera -

di pensieri puntati sulle canne

- aironi disegnavano nel vento -.

 

Rammenta le sere delle lucciole:

la stanchezza dei grandi non era

mai confine ad accendere storie

o ad inventare un gioco di mele.

 

E da quella che pare epoca scorsa

più spesso che altri non pensi

ad incantare voci ritornano.

 

 

OROLOGI

Il y a un horloge

qui ne sonne pas...

 

In marea inesausta di orologi

che premono contro le caviglie

tinnire di pendoli cancella

da pentagrammi chiavi di violino.

 

Orologi bianchi come occhi:

sembrano innocui e predano il futuro

- loro incisi da percorsi circolari

- tu in alito di noia che rinnova

le false partenze e i falsi arrivi.

 

Questa landa corrosa d’orologi

quasi per inedia misura

le fughe del sangue e della voce:

speri di concordare con qualcuno

la cabala incerta delle stelle

- ma sarà l’ultimo respiro

a sottrarti dal sale

del tempo misurato.

 

 

NEL LIMPIDO DISTACCO

Qu’on me loue enfin

ce tombeau blanchi à la chaux...

 

Svapora il tempo e già diventa eco

mentre più numerose mi si fanno

delle ombre impalpabili carezze.

 

Il numero piccolo dei nati sfoglia

solchi e filari: intanto siede

a lato del cancello l’uragano

e - gramo ospite - calpesta ultimi fiori.

 

Si avverte sconcerto di stagioni

volte alla fine - tutto il seminato

quasi raccolto: stridono ignorate

le catene ai fianchi di Prometeo

e nei suoi occhi appassiscono sogni.

 

Poi sarà notte - buia senza lumi

senza squilli di frutti dai rami:

con le mani d’avorio scolorite

slegherà dal monte le catene

e nel limpido distacco dalla vita

s’accuccerà - intrusa - la morte.

 

 

MATTINO NUOVO

Pourquoi une apparence de soupirail

blêmirait-elle?

 

Anche quando conclusi i se ed i forse

pare il tempo asciutto come pietra

è l’inerzia una colpa troppo facile:

la sorte non si volge mai di spalle

né spinge per sempre verso il passo

di occasioni mancate e la storia

non è conclusa quando l’allegria

lascia traccia di labbra sul bicchiere.

 

Ed è sempre il momento del pensiero

una volta scalfito - nel ricordo

testardo e forte fino al punto

che insieme a lui non sarai mai solo.

Anche quando pare vuoto il cielo

come nella desolazione di Natale

attendi giunga dal mattino nuovo

gesto d’amico che ti riconosce.

 

 

LE STORIE CHE RACCONTO

Je m’accoude à la table

la lampe éclaire très vivement

ces journaux... ces livres

sans intérêt...

 

Quando troppo si accosta

la vita da rivoli schiusi

per qualche ignota ragione

mi ritraggo sulle radici:

scelgo il mio singolo andare

tra pagine di cera ingiallita

quasi che vi approdasse sempre

un filo di luna. Là mi incontro

e scalza procedo in viottoli

di parole appassite che sfiorano

lievi gli eventi e - smussate -

dicono il vero: sono i libri

dove si spensero le passioni

di cento anni fa. Così l’ora

mi si confonde e rimane quasi

sospesa anche quando a forza

torno nel livore del noto fondale.

Qui è tregua di pagine bianche

(ogni bizzarria sarebbe possibile

- così ogni incontro e ogni domanda):

non è detto abbia vita un poema

- potrebbe anche nascere un niente -

ma l’anemico candore rappresenta

una speranza. E rimango nella mia ombra

che è scelta non voluta - e le storie

che racconto le divido con il vento.

 

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Ultima modifica 03/08/97