EGLI E GLI ALTRI
Non pensava di dover tanto alla vita. Era stato molto triste in gioventù, soprattutto allorché non riusciva a trovare conforto nella spensieratezza dei coetanei, nella gaia compagnia degli amici e nei cosiddetti piaceri momentanei e contingenti.
Ormai non si aspettava molto dallesistenza, e ciò che essa gli aveva donato non poteva soddisfarlo neppure in minima misura. Dolori e rimpianti lo sconvolgevano di continuo, nevrosi profonde e sempre più radicate diventavano inaccessibili al più dotato degli analisti. Assai di rado si divertiva, immerso a fondo in questioni metafisiche, senza più porre alcuna attenzione agli sguardi condiscendenti dei compagni ed ai loro scherni. Era solo, isolato nella sua contemplazione trascendentale, e non poteva recitare più a lungo la parte che gli avevano assegnato.
Lo chiamavano "il filosofo" per il suo argomentare e per la problematicità che caratterizzava le sue azioni e le sue parole.
Folli! Essi non sapevano, dunque!
Non potevano riconoscere in lui lUomo.
Un giorno gli avevano chiesto cosa mai pensasse di Dio e perché non si mostrasse alle imploranti preghiere dei fedeli.
Egli tacque a lungo, poi sollevò gli occhi al cielo e indicò una stella che splendeva invitta accanto alla luna piena. Abbassò lo sguardo e si volse ad una rozza pietra dellumile selciato. La prese in mano e, con un ampio gesto, la scagliò lontano. "Questo è Dio!", disse. La pietra rotolò sulla strada e colpì, con un tonfo sonoro, le mura cadenti di un vecchio edificio. "E quella è la sua voce!", tuonò. Gli altri si allontanarono in fretta, perplessi.
Il mattino seguente, quando ritornarono e lo videro ancora là, immobile, sullorlo della via, rimasero sorpresi. Lui restava fermo, senza emettere parola, e li guardava fisso. Non un sospiro, non un battito di ciglio, non un alito di vita.
Fu solo allora che gli Altri seppero.