Numero 1.1

©1998 Francesco Ponzano

Kal. Januarii . MIM

IL BACCELLO
Libera Rivista Suburbana
Indice - editoriale - attualità - disillusioni - numeri arretrati
IL PIACERE DI PIACERE

Era venerdì 13, una sera piovosa e triste, lungo la strada che portava lontano. Il sottoscritto A.G.B.F. non salutò nessuno che non conoscesse almeno un po’, mentre si librava indipendente nella barca della vita, con la chiave che apre tutte le porte.

Gli sfottitori professionisti lo avevano intimidito perbene, il Pappa, senza lasciargli alcun modo di ribattere alle pressanti ingiurie dei vicini di casa. Entrambi lo volevano morto, ma non si arrendeva per così poco, mentre nessuno faceva la fila per offrigli un sacrosanto caffè. "Stronzo!" lo apostrofò il Gico, vecchia checca di lungo corso, ed io ne fui scosso, il sottoscritto A.G.B.F., intendo dire. Il Pappa, invece, non si raccapezzava più, dopo che il Gico lo aveva arrestato in un turbinio di luci svolazzanti e sirene spiegate, alzandolo a forza dalla tazza del cesso e ricacciandogli in gola il frutto della sua fetida seduta. "Ma almeno fammi pulire il culo!", gli disse al Gico quel maiale, mentre sua moglie, che si pettinava la cute rugosa, annuiva distratta. "Ma quant’è che non ti lavi?" chiese poi la donna al Gico, notando con efficace intuito olfattivo il gentile olezzo che promanava dalla bocca dello sbirro. "Fatti i cazzi tuoi!" ordinò perentorio il vecchio, che manti-

nenti la stuprò con igordigia nella vasca da bagno di maiolica veneziana fine settecento.

"E’ stato meraviglioso" ringhiò poi la femmina accaldata, "ma sappi che non posso pagarti per penuria di fondi."

Il Gico non rispose, offeso dall’offerta di denaro. Poi si fregò l’argenteria e portò il Pappa in gattabuia. Il Pappa non fiatava più. Si diceva in giro che dopo l’arresto avesse problemi gastrici, ma il Medicone gli consigliò un’aspirina effervescente, a stomaco pieno, e la cosa finì lì.

Il sottoscritto A.G.B.F. fece la conoscenza del Gico in Tribunale, un sabato 14 qualsiasi. Il Pappa era stato convocato davanti al Gip per la convalida dell’arresto, ed io, A.G.B.F., ero stato nominato

suo difensore d’ufficio. Il Gico lo accusava di aver spacciato con minaccia e violenza un etto di mortadella al figlio del Procuratore, cagionevole di stomaco e prossimo alla resa. "Com’è?"gli chiese il Giudice D’Istinto, stremato dall’interrogatorio incombente. "Sono colpevole, Vostra Signoria". "Vabbè, facciamola finita", ribattè il compito magistrato, "Che sia giustiziato". "Non sono d’accordo, signor Giudice, e chiedo di procedere secondo il rito" sbuffò il Gico, da vero mattatore. "E sia!" sentenziò D’Istinto, accendendo tre candele vergini e alzandosi la gonna di juta verde.

"Io il Gianni non lo conosco, ma credo che sia un bravo figliolo,per quanto ho sentito dire in giro" dichiarò il testimone Oculare. "Ma chi è questo qui?" ribattè il Giudice indispettito, e il teste Oculare fu condannato per reticenza dolosa e oltraggio alla Corte. "Ma non c’è la Tivvù?", chiese poi con aria innocente il Pappa da dietro le sbarre dell'aula-bunker. A tale inopinata manifestazione di pensiero, il sottoscritto A.G.B.F. non ci vide più dalla fama e iniziò a pavoneggiarsi senza scrupoli. Il Gico abbandonò l’aula sconfitto, e l’udienza venne rinviata per le ferie feriali.

Il Pappa fu rimesso presto in libertà, dato che sua moglie (la fetusa!) aveva pagato la cauzione di 100.000.000 di dollari. Il Gico, che detto tra noi mi sembrava un onest’uomo, la prese male, ed andò a vivere in campagna, a seminare gramigna.

Ho saputo poi che il Giudice D’Istinto, appesa la toga al Chiodo, si era messo a girare la notte per le strade del centro storico, a spaventare le vecchiette travestito da pipistrello. Il sottoscritto A.G.B.F., la seguente domenica 15, andò a vedere la partita e si dimenticò di telefonare a casa. "Potevi almeno avvertire" disse poi mia mamma, quando, andando a lavare i panni lungo la strada che portava lontano, mi trovò riverso in un fosso, completamente nudo, che leggevo La Critica Della Ragion Pura.

TERZA COLONNA

Bagliori di vita, I suppose.

Sorgenti artificiali di luce,

illuminano il diegetico,

una pozzanghera d’acqua immobile,

specchio di nuvole disperse pel cielo.

Un falò acceso lasciato all’abbandonato,

una collana di biglie coi colori dell’arcobaleno,

una lucciola svolacchia, pare un aereo;

il Sole cala, i fari s’accendono,

rimane un blu notte intarsiato di galassie,

costellazioni,

sistemi solari,

lontanissime stelle tutt’ora accese,

nascosti buchi neri.

QUANDO LA LUCE VA VIA occorre pensare anche a chi non è pratico di queste cose.

CERCAVA DI STRAVOLGERE LA PROPRIA VITA ma non si accorgeva che tutto gli passava accanto senza mai sfiorarlo, senza attendere le sue imbelli velleità.

  TERZA COLONNA

Pareva assopito, quel sogno tuo dolce

che il mondo sostiene.

Non è più accesa, la calida fiamma

che tutto travolge,

che ci fa vaghi di ignote risposte

piuttosto che renderci quelle note,

che già serbiamo nel cuore?

Il tuo nome non è veleno, né illusione.

Io ti chiamo amore, e mosso ondeggia

il mio ebbro pensiero.

Tra i tuoi occhi io annego:

non tendermi la mano

per trarmi in salvo,

ché so qual segreto ti spegne.

Ma dovevi dirlo così,

proprio così?

Cazzo!

Non sono mica una bestia!