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JODY & MARY

 

Sì, si può dire che fosse una bella giornata. Forse la migliore da quando Jody lo Squalo aveva visto per l’ultima volta Mary la Fossa, quella sera in cui erano andati a mangiare fuori e cento innocenti erano morti. Ma non fu solo colpa loro. Così almeno sentenziò la Corte, che li mise presto in libertà.

Jody si vantava spesso con gli amici di un vecchio cappello di feltro d’oca, consunto dall’uso. Era diventato suo dal momento esatto in cui lo strappò dal capo reciso di Henry lo Spizio, trucidato dai sanguinari sicari di Jeff il Ceffo. Egli ne andava fiero, ripeteva, e lo avrebbe gettato via solo il giorno in cui avrebbe vendicato il buon vecchio Henry. Questi era veramente una brava persona, che soccorreva i poveri e i miseri, e opprimeva gli eletti. Un paladino della democrazia per gli amici, uno sgherro comunista per i nemici.

Quando Jody lo vide disteso a terra, con il braccio sinistro ridotto ad una poltiglia informe dalle lame ostili, senza gambe, schiacciato dal peso abnorme di mille boccette di piombo, con un foro sul petto che lasciava intravedere le poche restanti vertebre dorsali, con quella spastica espressione stampata sul viso devastato dal dolore, gli occhi fuorusciti dalle orbite, legati al cervello ancora pulsante da sottili filamenti gelatinosi, non ci vide più dall’ira. Lo avrebbe preso, prima o poi, quel sadico di Jeff, e gli avrebbe di sicuro fatto fare una brutta fine.

Questi erano i pensieri di Jody lo Squalo, mentr’egli, stremato dall’incontro che aveva avuto con Dick dei Denti, ritornava esausto a casa. Dick si poteva dire un capocricca degli ultimi tempi, un vero arrivista, homo novus della malavita; era riuscito in breve tempo a costruire dal nulla un impero economico, commerciando di frodo l’avorio estratto dai denti delle sue vittime. Un uomo geniale, tuttavia perfido e insensibile. Dick, che era anche una subdola canaglia, e Jody, che conosceva bene il mondo, si erano dati appuntamento al Blind’s Point, un noto locale dalla dubbia fama, per parlare di affari. Si trattava di stabilire le condizioni di trasporto di una grossa partita di avorio, ma la faccenda andò per le lunghe. Dick era solito accollarsi il rischio del perimento delle merci affidate al corriere, ma quella volta non volle saperne. Jody era fermamente intenzionato a far valere le proprie ragioni, e pretese il rispetto delle clausole a suo tempo pattuite: niente garanzia, niente pagamento. L’ora si fece tarda, e il cielo brunito ammiccò al sole nascente in più di un’occasione. Uno scagnozzo di Dick lo aveva avvertito. Non lo volevano più vedere da quelle parti. Perché non mi volete più vedere, chiese Jody, ma un tirapiedi lo buttò fuori dal bar a pedate. Meglio stare alla larga da certi ambienti.

Mary era veramente una bella figliola, con i capelli rosso fuoco ed i vestiti generosamente costipati. Ed era proprio bella. Lui l’aveva amata a lungo, nel tempo in cui la osservava con insistenza prima che lei si decise a rivolgergli la parola. Quella sera l’avrebbe ricordata per sempre. Mary sfoggiava una corta camicia di canapa indiana, arrotolata sul fianco, e null’altro. Lui si sentiva a disagio, e arrossì violentemente quand’ella gli vomitò addosso un’invitante proposta: ti hanno mai detto che sei uno schifo di gnomo, e puzzi come una cisterna di petrolio? Da quel momento divennero inseparabili.

Ma ora non sapeva dove Mary fosse. Si erano lasciati poco dopo, e anche se non riusciva a darsi una valida ragione intuì che qualcosa non aveva funzionato. Forse perché lei non lo amava abbastanza, o forse era lui a non suscitare in lei i più biechi istinti animali, che lei tanto apprezzava nelle tiepide mattine dei dì di festa. Aveva ricevuto sue notizie pochi giorni dopo che andarono a mangiare fuori, quando i cento innocenti morirono. Una soffiata di Jackie Fetente, che gli rivelò che Mary si era messa con Toby Tobia, gli aveva messo una pulce nell’orecchio (L’alito di Jackie aveva la più alta concentrazione di parassiti dell’intero West Side). La notizia gli procurò notti insonni e tormentate, poiché Toby non meritava neppure la metà della fama che i suoi agenti avevano creato sul suo nome. Si diceva ch’egli fosse uno dei boss più temibili di LickTown, e giravano voci sulla sua grande abilità di infame senzacuore. Jody sospettava che Jackie gli avesse mentito, e non ne comprendeva la ragione. Che Jackie fosse gelosa di Mary? D’altra parte, ne avrebbe avuto motivo, dal momento che era uno sgorbio terrificante. Ma era anche leale. E poi, che fine aveva fatto Jackie? Non lo sapeva.

E dov’era andato a parare Jeff il Ceffo, soprattutto, che da tempo non si faceva più sentire? Non sapeva neppure questo.

E Mary? In quale buco si era cacciata, in realtà, quella santa donna? Lo ignorava. Jody non sapeva proprio un bel niente.

Però sapeva cucinare. Aveva frequentato per corrispondenza un corso di culinaria per principianti, e nessuno poteva competere con la sua abilità di far bollire l’acqua per la pasta. E non vi erano limiti alla sua versatilità: era in grado di metter sul fuoco l’acqua indifferentemente per i rigatoni al ragù coi carciofi, le lasagne ai piselli gialli, i bucatini del bucaniere, e, specialmente, i bigoli dello Squalo, sua originale invenzione.

Tuttavia era suo hobby preferito destreggiarsi con le armi da sparo. Era indiscusso maestro nel maneggiare una classica Magnum 45, che possedeva dall’età di nove anni, quando per la prima volta squarciò un ignobile ratto che si era introfulato tra le sue lenzuola, nella piccola stanza in cui viveva solo, ai margini dei Docks.

La sua era stata una vita di vergogne e umiliazioni. Si presentava ora la possibilità di riscattarsi: lo scopo della sua intera esistenza si riduceva al dovere di ritrovare Jeff il Ceffo per massacrarlo a mani nude – Henry aveva fatto così tanto per lui – e Mary la Fossa per impalmarla – non era sicuro di aver perso ogni affetto per lei.

 

* * *

 

L’alba si era ormai trasformata in pieno giorno, e la gente cominciava a riversarsi numerosa sulle strade del centro. Il quartiere dei Far Gone Blacks, così detto per l’estinzione dei cittadini di colore ad opera dall’estro selettivo di Dick dei Denti, si stagliava all’orizzonte lontano al di là del fiume. Dick aveva fatto piazza pulita, non solo perché odiava profondamente i neri, ma anche per via della migliore qualità dell’avorio che poteva ricavare dai loro denti. Eppoi il lavoro lo divertiva molto. Annie la Croce era la sua donna da parecchi anni, ormai, il suo angelo custode, il suo astuto consigliere. Lo aiutava parecchio nelle decisioni importanti, anche perché Dick non sempre si dimostrava all’altezza. Oltre ad essere un nano ributtante, nonostante fosse ricoperto da una folta pelliccia maleodorante dal collo ai piedi, era calvo marcio. Gli mancava inoltre una mano, recisa durante un ineguale confronto con un’affettatrice impazzita, e che aveva fatto saggiamente sostituire da una pala meccanica di straordinaria potenza, con cui poteva soddisfare la sua inesauribile brama di eseguire in prima persona il delicato compito di disfare i volti dei suoi nemici. Annie, invece, era del tutto eguale a lui, fatta eccezione per la mancanza assoluta di un pur rudimentale apparato masticatorio, dovuta ad un risalente scontro con il ruvido pavimento del Blind’s causato dall’irruenza dello stesso Dick, che non vedeva l’ora di abbracciarla. Anche per questo Annie era molto legata al suo uomo, specie per il fatto che lui usava portare una collana formata da quello che rimaneva dei suoi denti, estirpati con forza dalle mattonelle di piombo in cui si erano infilati.

Jody, che non aveva ancora dimenticato il torto subito da Dick, s’infilò sovrappensiero in un buio vicolo nascosto agli occhi dei passanti, incontrando l’evidenza non solo della miseria di quella zona, ma anche della sporcizia e delle sozze abitudini degli abitanti. Mentre si avvicinava a grandi passi ad un alto caseggiato senza finestre, sulle cui pareti bisunte si leggevano a fatica scritte di ogni sorta – tra cui non potè far a meno di notare un enorme invito alla prudenza –, vide di sfuggita una coppia di grossi ratti che si rincorrevano, completamente nudi. Ritornò per un attimo alla sua infelice infanzia, e si toccò candidamente il calcio della pistola sotto la giacca.

Quando i suoi ricordi svanirono all’improvviso, si rese conto di aver attraversato una porta di legno marcito dal tempo. Nell’oscurità tastò la parete appiccicosa alla ricerca di un interruttore, e, quando spinse con il dito medio un pulsante incrostato nel muschio, una ripida serie di gradini alti e senza fine s’illuminò di fronte a lui. S’arrampicò stancamente su quelle lorde scale, e andò incontro ad un’altra porta socchiusa, che dava su di una stanza illuminata del primo piano. La riconobbe come antica dimora del compianto Li-Piyang-Go, un simpatico muso giallo, dedito durante la vita al commercio di tè aromatizzato. Lo stagnate odore dolciastro che impregnava ogni cosa gli richiamò per un attimo alla memoria una scena a lui tanto cara nei primi anni in cui bazzicava, randagio, l’emporio di Li-Piyang. Jody andava spesso a trovarlo, non appena racimolava qualche sputo di dollaro, per gustare un saggio dell’ultima partita di tè al ribes nero, il suo preferito. Ed ogni volta che se ne usciva, allegro, da quella stanza, vomitava per ore, nauseato dalla puzza di marcio che gli rimaneva in gola. Allora non era che un piccolo innocente, ma alcuni anni dopo, dopo anche che Li-Piyang fu trucidato senza pietà da Jeff il Ceffo, cominciò a sospettare che il tè aromatizzato che il cinese vendeva non fosse altro che carta di riso andata a male. Ma non per questo smise di voler bene al vecchio, e non mancò mai di andare a depositare sulla sua tomba bustine di tè vero in onore della sua memoria, sebbene il cadavere fosse sepolto in vari punti della città.

Dopo un istante di smarrimento, entrò nella stanza successiva, passando sotto un arco di pietre pericolanti. La stanza era mal arredata, con una minuscola finestra che dava all’esterno, sul cortile. Si affacciò rapidamente, ma non vide che un impenetrabile muro di mattoni, anneriti dal piombo e dalla nicotina, su cui campeggiava un altro cubitale invito alla prudenza.

La prudenza non è mai troppa, si disse Jody, e si voltò verso il centro della stanza, dove un grazioso lettino di ferro era nascosto da un pesante ammasso di pulciose coperte. Ed era il suo lettino. E quella era la sua casa.

All’improvviso le coperte si mossero, e ne uscì come da una torta Jackie Fetente. Cosa ci fai qui, Jackie?, furono le sue prime parole. E furono anche le ultime, prima che Jackie si spogliasse vogliosa e trascinasse l’uomo in un marasma di sesso sfrenato. Da quando aveva perso le tracce di Mary, Jody non esitava in sporadiche occasioni a trattenersi in luridi locali dei bassifondi con Jackie, una donna che riusciva a far dimenticare qualsiasi pena a chiunque. Ma Jody non poteva dimenticare Mary. Era stata troppo importante per lui, troppo preziosa. E non doveva perderla. L’avrebbe strappata presto dalle fauci di Toby Tobia, o di qualche altra belva sanguinaria. Questo era ciò che pensava, e che fortemente voleva, mentre l’accogliente corpo di Jackie ospitava la sua vereconda passione.

Cosa hai fatto finora, Jody?, esordì la donna coricata sul lettino, mentre si accendeva una mezza sigaretta usata. Jody, in tutta risposta, ruttò sonoramente, poi stette a lungo in silenzio. Doveva innanzitutto carpirle il segreto della sua presenza in quella casa, lei che da tempo non dava più notizie. La squadrò ripetutamente, poi le chiese direttamente che cosa avesse fatto per le intere settimane che non si era fatta viva.

— Ho preferito sparire per un po’, nell’attesa che le acque si calmassero. Poi ho saputo che eri in difficoltà, e così sono venuta a darti una mano.

— Ora non mi serve più la tua mano, Jackie, rispose Jody con veemenza, in questa città non c’è più posto per me. Le dita mi scottano, e devo scoprire la verità. Dick dei Denti mi ha minacciato.

Lei rimase in silenzio, mentre lo guardava supplichevole. Forse era pentita. In fondo le sarebbe potuta tornare utile per qualcosa.

Jody e Jackie concertarono la riscossa dei giusti. Dopo un attimo di sbandamento, decisero di convocare al più presto il Consiglio, per organizzare il da farsi. La vita si faceva sempre più difficile in quegli ambienti, soprattutto ora che Toby Tobia aveva avvertito la Famiglia di stare in campana. Dietro c’era forse la scalpitante interperanza di Jeff il Ceffo? Avrebbe vendicato il buon vecchio Henry, ne era sicuro.

Mandò Jackie a chiamare gli Amici. Jackie si alzò obbediente, e se ne uscì di corsa dalla stretta stanza. Ci vediamo, le sbuffò dietro Jody, mentre lei scompariva nell’ombra, lasciandosi dietro un pungente odore di spazzatura.

Egli non avrebbe mai voluto arrivare a tanto, ma la situazione lo costrinse. L’offensiva sarebbe stata preparata con l’ausilio del Corvo, suo spregiudicato punto di riferimento all’interno della forza pubblica. Uscì rapidamente da casa, scivolando in mezzo alla folla dell’ora di punta, e si diresse con passo sicuro verso il 10 di Gushing Street, residenza ufficiosa del capo del quarto distretto di polizia. All’ingresso si fece annunciare con il nome in codice "Son Atteso", e non ebbe problemi a farsi ricevere.

L’ispettore Levi era sprofondato nella sua poltrona del potere quando Jody entrò scattante. I suoi occhi scaltri e vivaci tradivano la sua sete di dominio, mentre il solare e rubicondo viso che troneggiava sopra un corpo striminzito e insignificante lo accolse con feroce ironia.

— Squalo, ancora qui? Non vorrai mettermi di nuovo nei pasticci, questa volta, vero? Ricordo ancora quando ti rifiutasti di consegnarmi il plico top-secret che avesti preso dalle mani di Will Colastilo, e che comprovava la sua attiva partecipazione al complotto organizzato dall’Agenzia alle spalle del Segretario di Stato Throynson, implicante un giro illecito di denaro sporco collegato all’impero economico della Famiglia degli Zoltaventa, che fra l’altro si assicurarono un forte profitto in nero e poi scomparvero, suscitando un grande scandalo. E lo facesti perché ti fosti invaghito di una sgualdrinella da quattro soldi, e non volesti rinunciare alle sue false promesse di una vita ai Caraibi, tra spiagge dorate e palme incantate. Per fortuna ti ricondussi in tempo alla ragione, rammenti? Mi portasti il plico al cesso del Blind’s, mi pare. Che gran giornata, fu quella!

— Non dire idiozie, Levi. E non mentire. Lo sai che i Caraibi non mi attirano.

— Cosa c’è che non va, Jody?

— Ho mangiato male, ieri sera. Dick dei Denti mi ha fatto ingoiare un brutto rospo.

— E vuoi che sia io a fartelo digerire, vero?

— Ho bisogno del tuo aiuto, Levi.

— Prova con del bicarbonato, Squalo. Non voglio avere più nulla a che fare con te.

Jody si stava seccando. Decise di giocare l’ultima carta a sua disposizione. Il ricatto.

— Levi, io devo stanare a tutti i costi Dick, e anche Jeff il Ceffo, per vendicarmi dello sgarbo che ha fatto al vecchio Henry. E sono disposto a usare pressioni.

— Di cosa stai parlando, Squalo?

— Sto parlando di alcune fotografie, che da tempo non vedevo l’ora di tirar fuori, caso mai mi fossero tornate utili...

Il piccolo ometto impallidiva, e non trovava le parole per esprimere il suo ribrezzo per l’azione che Jody stava minacciando.

— Non preoccuparti più di tanto. Sei carino, in quelle foto. Specie mentri ti fai impalare con un manico di scopa indossando solo quelle graziose calzette a rete...

— Non oserai...

Lo sguardo di Jody non ammetteva repliche. Levi acconsentì, subendo ogni condizione.

— Solo per due giorni, ricorda...

— Saranno fin troppi.

Ottenuto l’appoggio che voleva, Jody uscì soddisfatto dalla porta di servizio, e scomparve in pochi istanti.

 

* * *

 

Era ormai giorno fatto quando alzò le persiane del suo tristo alloggio di un quartiere da tempo abbandonato a se stesso. Il Sole non c’era, fuggito da una spessa coltre uniforme di nebbia grigiastra che impediva la vista in ogni direzione. Ancora lei, maledetta!, inveì, come suo solito, mentre si allacciava i polsini della camicia. Non si lavava mai. D’altronde tutti in quella zona, dove l’acqua scendeva viola dai rugginosi rubinetti, seguivano il suo esempio, per motivi di igiene personale. Il piccolo letto sfatto, e i numerosi oggetti fuori posto davano l’esatta impressione del disordine sociale che ovunque imperversava.

Dopo un istante di esitazione, perso a contemplare il consueto invito alla prudenza graffiato sul muro, Jody abbandonò rapidamente la soffocata stanza, non potendo neppure sbattere la porta, come gli piaceva fare, per via dell’intrusione notturna degli scagnozzi di Dick dei Denti, che gli avevano portato via i cardini in segno di avvertimento. Presto sarebbe tutto finito, pensò sollevato. E si lanciò di corsa giù per le maleodoranti scale, scaraventando di sotto con un gomito alzato la Sozza Jorginka, che veniva a fare le pulizie, come ogni martedì mattina, in solare ritardo. Uscì avvampato in volto nel vicolo, e per fortuna nessuno lo notò, forse per via della nebbia.

Sbucò all’improvviso sulla Sesta, lo capì dal forte odore di senape e hot dog, e si avviò verso il Quaker Center, dove lo attendevano i suoi compari, guidati da Jackie Fetente. Tutti sapevano il da farsi, e quando Jody s’imbattè in loro si prepararono, senza dire una parola all’azione diretta.

Nel contempo, incavato nel suo sorriso sardonico, e con gli occhietti arsi dal gelo, l’ispettore Levi appostava i suoi uomini negli spazi convenuti.

Jody attendeva irrequieto, nascosto dietro ad un ignaro passante. Per ingannare il tempo, lanciò uno sguardo accattivante a Jackie, che però riuscì ad evitarlo con grande mestiere, e non si fece nulla. Johnny Gabinetto se ne accorse, e le sue labbra lucidate si gonfiarono in una smorfia di divertito piacere. Dall’altra parte della strada, Levi osservava con un binocolo a raggi infrarossi il simpatico quadretto, ma presto dovette desistere, quando Jody gli mandò un corriere per informarlo dell’arrivo della macchina.

Una vecchia cadillac gialla del ’39 si stava aprendo un varco nella fitta nebbia. La riconobbero subito, per via dei dieci cilindri in linea che sobbalzavano fragorosamente sotto il cofano laccato, e per le ampie prese d’aria laterali, che la facevano apparire come un grosso canarino con le ali spiegate. Un gioiello della tecnica, pensò Johnny. Una mostruosa ed ignobile ostentazione, sentenziò Jody.

Questi diede all’improvviso il segnale, un acuto rantolio di un cane, e la sparatoria ebbe inizio.

Jackie squarciò con una fucilata la gola dell’autista, tale Bob Smith, e l’auto, senza più controllo, andò a sbattere contro il camion delle arance. Dalla spremuta uscirono con un balzo tre uomini armati, che cominciarono a sparare ai quattro venti, un uomo ferito, di cui non riuscirono a vedere bene il volto, e il corpo dell’autista, seguito dalla propria testa mozzata. Jody lanciò una serie di coltelli a serramanico, che si andarono a conficcare nelle gambe di Tommy Boia, un losco sicario di Dick dei Denti. A sua volta Randy Trepalle, fido consigliere di Jody, senza dar tregua, scoccò tre frecce dal suo arco a tre corde, e colpì i tre piedi del tremante Tracy De Litto, che schiantò al suolo con un tremendo boato.

Ma Jackie venne raggiunta da una mina vagante al polpaccio destro, e crollò a terra senza emettere un sospiro.

— Jackie!, urlò Jody, preoccupato, cosa stai facendo?

— Muoio, Jody — disse lei esalando l’estremo alito di vita, nel momento esatto in cui il cielo si apriva e la nebbia cedeva sconfitta il posto ad un enorme sole raggiante — Tu sai che ti ho sempre amato, nonostante il tuo interesse per Mary la Fossa, e anche queste strade, e questa città, e il mondo intero, e tutti gli universi conosciuti ed ignoti ne sono testimoni. Verrà un giorno in cui gli uomini si vorranno tutti bene, e non ci sarà più spazio per le guerre e le faide, e la corruzione sarà vinta, e forse anche l’evasione fiscale, ed ogni piccola incomprensione non avrà più ragione di essere. Quando vedrai quel tempo, Jody, promettimi che ti ricorderai di me, della tua fedele Jackie Fetente, e della lotta che insieme abbiamo condotto contro l’ingiustizia e la sperequazione sociale. Sarò di nuovo fra voi, allora, e vivrò per sempre in un mondo civile dove la violenza sarà bandita e lo sport sarà solo spettacolo...

Jody ebbe pietà della sua pietosa condizione, e prima ch’ella potesse continuare ad esalare l’ultimo respiro, la finì con un colpo preciso in mezzo alla fronte. Fu seppellita su due piedi sotto un tumulo di piombo, mentre Jody si scostava rapidamente per evitare le precise mire di Tommy Boia, che strisciava imperterrito verso di lui.

Ma Levi sopraggiunse trafelato, e tempestivamente affondò la lama ruggente della sua tanto antica quanto amata ascia tra le spalle del Boia, salvando all’ultimo istante l’impotente Jody. Alzando lo sguardo amichevole per ringraziare l’Ispettore del favore ricevuto, notò di sfuggita il volto del quarto uomo che era uscito dalla cadillac. Era Toby Tobia. Ci avrebbe giurato: si era messo assieme a Dick per spartirsi il controllo del traffico di droga nel West Side, ma non aveva fatto bene i conti. Oltre a non capire che Dick lo buggerava di continuo, rilasciando numerose fatture false per disporre di fondi neri suoi personali, Toby perdeva la propria parte ai dadi. Tuttavia poteva sapere qualcosa su Mary, e per questo doveva essere preso vivo.

Nel frattempo anche Tracy De Litto fu massacrato. Levi sbraitava, perché voleva arrestare i superstiti, ma l’odio e il rancore che gli uomini di Jody serbavano per Dick e i suoi scagnozzi glielo impedivano.

La ferocia di Dick dei Denti si dimostrò in tutta la sua magnificenza, quando estrasse da sotto la palandrana consunta, che dissimulava un regale spezzato di cotone, un piccolo lanciarazzi munito di retrocarica. L’effetto del suo operato fu devastante. In pochi istanti Randy Trepalle scomparve polverizzato, e le sue ceneri baluginanti si riflessero in un caldo raggio di luce. Dopo fu la volta di Mikey La Ruota, e di Cody La Serpe, e del sergente Di Ferro, e di molti altri ancora.

Levi si diede ad una ingloriosa fuga, mentre Jody cercava di aggirare il sadico vendicatore passando per la fogna sottostante.

— Questo è un giorno fausto per i Denti. — tuonò con una grassa risata Dick — La mia vendetta si sta finalmente compiendo. Dove sei finito, Squalo? Ti stai nascondendo, forse? Hai paura di me?

— Non ho paura, Dick. — rispose dal sottosuolo Jody, e all’improvviso balzò fuori da un tombino, afferrando alle spalle il malvivente. Fu una lotta senza quartiere, ma durò pochi istanti, perché quando Dick perse la sua arma subito se la fece sotto e si arrese.

— Perdonami, Squalo. Possiamo ancora accordarci, non credi? Dividiamoci il controllo della Città. Un colpo al cerchio e uno alla botte. Siamo solo noi due, adesso, e possiamo mettere le carte in tavola.

— Certo, Dick. Ecco il mio due di picche. — disse Jody, mentre gli sferrava un diretto alla mascella e lo stendeva senza pietà. Lo legò coi propri vestiti, e lo consegnò a Levi, ritornato in gran fretta non appena le cose si erano messe per il verso giusto.

— Io non so nulla, amico — disse Dick dei Denti al rotondo ispettore — Che volete da me?

Dick avrebbe passato il resto della sua miserabile esistenza dietro le sbarre di una fetida galera, colpevole di stragi e sevizie di innocenti.

Ma Toby era fuggito. I morti di quel giorno non erano serviti a catturarlo, e a farlo confessare quel che sapeva su Mary. E questo era ciò che più premeva a Jody. Un inutile spreco di vite, dunque.

 

* * *

 

Le ombre della stanca stella si stendevano lunghe al morire del cupo giorno, quando Jody salì sul treno che lo avrebbe riportato a casa. La metropolitana era zeppa di gente d’ogni fatta: in ogni volto di donna gli sembrò di scorgere i dolci lineamenti di Mary, e in ogni volto di uomo il satanico sguardo di Toby. Era esausto, stanco del sangue versato senza ragione, desideroso di ritirarsi a vita privata, lontano dagli intrighi e dal dolore. Ma non poteva dimenticare.

Ad un tratto, mentre il treno indugiava ostile alla stazione di Cornwall Park, con un’occhiata ad ampio raggio priva di ogni dubbio vide la sagoma ferina dell’incauto Toby. Tirò fuori dal trench il vecchio cappello spiegazzato di Henry, e se lo mise in testa, in segno apertamente provocatorio. Toby stava leggendo un giornale, e non lo notò subito. Ma quando fu giunto al capolinea di Marmodilly Lane, Jody lo fermò, e fingendo una imperitura amicizia lo portò a casa sua. Fecero una bevuta insieme, poi Toby tirò fuori un coltello.

— Cosa hai intenzione di fare, losco figuro?, gli chiese truce lo Squalo.

— Voglio farti la barba, amico mio. E non lamentarti se sbaglierò mira e ti taglierò di netto la gola. Un piccolo errore può sempre capitare.

Jody non stette al gioco. Gli versò addosso una bottiglia di Bourbon, e gli lanciò una sigaretta accesa. Mentre Toby iniziava a prendere fuoco, il suo carnefice lo incalzava con la medesima pressante domanda.

— Sai dirmi qualcosa di Mary la Fossa?

Toby non rispose. Le sue ceneri presto si alzarono sospinte da una leggera corrente d’aria, e si sparsero per l’intera stanzetta. Un acre odore di incenso si levò lentamente, e penetrò sin nei meandri più reconditi della memoria di Jody, che faceva fatica a restare cosciente, per il grande dolore.

— Sei stato un vigliacco, Toby Tobia!

Ancora ventiquattr’ore, e sarebbe scaduta la tregua con l’Ispettore Levi. Avrebbe dovuto ritrovare in fretta Mary, e condurla con lui nelle isole felici, lontano dalle grinfie delle forze dell’ordine, specie dopo che Levi si sarebbe accorto che le foto che potevano inchiodarlo non erano altro che una miserabile messinscena.

Contattò in pochi minuti tutti i più abili informatori di cui poteva disporre, ma non ebbe che notizie di seconda mano. Tra l’altro, il Merlo gli confidò che Slim il Fausto non si era ancora arreso; al Blind’s, l’Oste era morto da quasi un anno, e il Pianista Tom Duedita non riusciva a suonare più di diciassette tasti contemporaneamente, mentre Joe lo Scarso sedeva al tavolo dietro una colonna, senza una gamba e con un occhio sghembo. Qualcosa non gli tornava: chi era Slim il Fausto?

Jody approfittò comunque della soffiata per andare al vecchio locale, dove, scomparsa Jackie, sperava di incontrare almeno Lily la Berta, sua antica fiamma. E difatti la trovò, ardente come un tempo, che saltava giù dal suo trespolo e gli smoinava di nuovo attorno.

— Ho solo due verdoni, Dirty Baby, ma il mio sangue bollente ha ben altro colore!

Lei, dopo uno sguardo laconico e una grattata di orecchie, si levò una scarpa e ci bevve dentro uno scadente Bloody Mary.

— Allora smamma, pezzente. Ho ben altro da fare. — ringhiò gelata. — Non c’è più aria per te. —

Da un cantuccio nascosto Joe lo Scarso gettò una rapida occhiata. Era senza una gamba, il Merlo non aveva mentito.

— Ho saputo che hai fatto fuori Dick dei Denti, Squalo.

— Non ti riguarda, Scarso.

Una morbida voce femminile si alzò all’improvviso dall’ombra.

— Sento ancora puzza d’orina. Dite alla Lercia Joyce di non usare più la brocca verde quando gli scappa. Poi io ci metto il vino, e i clienti si lamentano!

— Non prendertela troppo, Annie. Lo sai che quella checca di Joyce te la ripulisce a puntino, la tua brocca.

— Umpf! — sbuffò Annie, che alzando lo sguardo in segno di sfida non potè fare a meno di incrociare le fredde pupille di Jody.

— Sei tu, Squalo? Mi han detto che oggi hai fatto ingabbiare Dick. Dove lo trovi, il coraggio di farti vedere da queste parti?

— Non biasimarmi, donna. La Croce che porti al collo ti avrà pur insegnato qualcosa.

Lei si levò la sottana, e soggiunse: — Cosa ne farò di questa, ora? Sai forse dirmelo, Squalo? E tutto per colpa tua!

— Non agitarti, non è il momento di far mercato. Ma è stata una fortuna, trovarti, perché voglio sapere dov’è finita Mary. E tu forse sai qualcosa.

— Mary Chi?

— Mary la Fossa.

— Prova all’inferno, babbeo.

Jody prese atto della collaborazione di Annie, e dopo averla appesa ad una scala antincendio se ne andò estenuato. Il tempo passava, e la sua strada non gli riservava che ostacoli e delusioni.

 

* * *

 

Stava coricato sul suo lettuccio di ferro battuto, al centro della stanza buia, quando sentì qualcuno salire di gran carriera gli erti scalini. Estrasse la fida Magnum da sotto il materasso, e si preparò all’agguato. Una figura indistinta si affacciò alla porta, e chiese con educate maniere se il proprietario fosse in casa.

— Chi lo cerca? — ringhiò Jody dall’angolo lontano.

— Un amico — fu la laconica risposta.

— Tieni la mano destra ben in alto e accendi la luce con la sinistra, lentamente.

L’ospite eseguì l’ordine perentorio, e s’illuminò un lungo volto incavato, solcato da una profonda cicatrice che gli tagliava la fronte in due. Aveva gli occhi di ghiaccio, e portava un ruvido bastone di rovere, ora appoggiato contro il muro, la cui lucida impugnatura aveva l’aspetto di una testa di toro.

— Io non ti conosco, straniero. — disse Jody amareggiato.

— Il mio nome è Jack, e mi manda il Re di Quadri. — replicò con tono didascalico l’intruso — Il Re è rimasto soddisfatto del tuo lavoro, e vuole conoscerti di persona, domani al calare del sole, al Conferences’ Inn. E sii puntuale. Il Re ti aspetterà alla stanza 144 per cinque minuti, poi sarà troppo tardi.

Jody volle prendere tempo, per meglio studiare quell’uomo.

— Non hai altro da aggiungere? — chiese con curiosa ammirazione, ma non ottenne risposta. La testa di Jack si gonfiò all’improvviso con estrema potenza, ed esplose sotto i suoi attoniti occhi. Il Re non aveva scrupoli per controllare le fughe di notizie, pensò Jody, mentre le macerie dell’individuo si scioglievano rapidamente come neve al sole, e filtravano, senza lasciare alcuna traccia, tra le fessure del logoro pavimento.

 

* * *

 

Il sole stava tramontando con apprezzabile puntualità, mentre Jody si avventurava oltre i sicuri confini dei Far Gone Blacks, divenuto ormai tranquillo dominio della Famiglia dopo che Dick e Toby avevano abbandonato il testimone senza congruo preavviso. La serata era molto calda, e dal Quaker Center si sollevava inquieta una vaga scia di sangue marcio. Jody si era preparato all’incontro con il Re in maniera puntigliosa: egli non era uno sprovveduto, ed aveva preso le sue precauzioni.

Lo fecero entrare in un’ampia stanza del tutto priva di arredi, fatta eccezione per uno stretto tavolo bianco ai cui lati si fronteggiavano due poltrone di differente altezza, sulla più piccola delle quali l’enorme sagoma di un uomo in uniforme era sprofondata indolente. Il Re pareva addormentato, ma quando Jody si avvicinò pericolosamente i suoi occhi vigili si spalancarono di scatto. Aveva le pupille squadrate, e gli zigomi alti. Accigliato, iniziò a rivolgersi all’ospite con tono imperioso.

— Ero ansioso di conoscerti, Squalo.

— Tu sai che è un grande privilegio parlare direttamente al Re. — continuò con sufficienza.

Jody taceva, e restava ad osservare con attenzione il goffo figuro.

— Quando te ne andrai, ti avvicinerà un mio uomo, e ti consegnerà un plico. Lì troverai le istruzioni per il tuo prossimo compito.

Jody fece una smorfia, e si sedette pesantemente sulla seconda poltrona.

— Ora puoi andare, Squalo.

Il Re era ansioso di liberarsi di lui, nel modo più elegante, ma Jody non dava segno di essere d’accordo, e osò interromperlo. — Vorrei sapere una cosa, prima. —

— Giacché sei stato tutt’altro che umile, non posso accontentarti. — fu la gelida risposta.

— Se le cose stanno così...

— Stanno così.

— ...allora userò la forza! — sbraitò a quel punto Jody, estraendo la fedele Magnum e appoggiando la fredda canna sotto il naso dell’interlocutore sorpreso.

— Attento, Squalo. Non tirare troppo la corda. Potrebbe spezzarsi... — intimò a quel punto il Re.

— Io non ti temo, vecchio. Ora dimmi dov’è Mary la Fossa.

— Se intendi la Fossa che ho conosciuto anch’io, anni fa, quando veniva spesso a trovarmi nelle notti di luna piena, non so che dirti. L’ultima volta che si è fatta vedere è stato forse tre mesi fa. Ed era completamente nuda...

— Risposta sbagliata. Riservati i particolari per i tuoi luridi sogni. Ti serviranno, viste le condizioni in cui ti trovi...

— Ma io sto benone! — esclamò il Re, dopo di ché Jody scaricò impietosamente l’arma nell’inguine del malcapitato malandrino.

— Non dovevi parlare così di Mary. — disse lo Squalo fra sé mentre lasciava la stanza 144, dove ora giaceva inconscio il tristo impotente.

* * *

 

I minuti passavano con assidua rapidità, e Jody non aveva ancora avuto il tempo di fare un quadro generale della situazione. Ecco come è andata, si disse con chiarezza, e ripercorse un po’ mentalmente e un po’ a voce alta gli eventi della giornata. Si accorse nel frattempo di essere pedinato. Un tipo secco e sbarbato lo stava seguendo da quando era uscito con esasperata calma dal Conferences’ Inn: Jody capì dalla coda dell’occhio che non poteva che trattarsi di Antoine Le Borgne. Questi agli inizi era stato un giovanotto di origine belga, emigrato a Licktown per causa d’amore, e successivamente infiltrato nel giro delle bische dell’East Side. Aveva perso un occhio in un combattimento clandestino con un pollo, giù nella Tana del Barbacorta, e da quel giorno alcuni nemici, irridendolo, lo chiamavano Antoine Le Borgne "cecatodanchiken". Jody non aveva idea del perché lo stesse inseguendo, ma la sua innata curiosità lo spinse a scoprirne il motivo.

Si fermò all’improvviso, e si voltò di scatto. Il guercio rimase immobile, colto sul fatto. Non poteva permettersi di negare l’evidenza, e dovette vuotare il sacco. Jody vi trovò elementi inconfutabili che poteva usare in tribunale contro di lui, ma ebbe buon cuore, e gli promise il silenzio in cambio di notizie fresche.

Le Borgne acconsentì di sua sponte, sebbene non potesse evitare di guardare con sospetto – si fa per dire – la canna della grossa Magnum puntata sull’occhio sano.

— Non ci crederai, Squalo, ma ti seguo da diversi giorni. Ho assistito al tuo scontro con Dick dei Denti e Toby Tobia, e ho fedelmente riferito quello che avevo visto alla persona che mi ha mandato.

— Chiunque sia, saprà poco.

— Non essere troppo sicuro. Si tratta di Jeff il Ceffo.

Il volto di Jody assunse repentinamente un’espressione inusuale, quasi grottesca nella sua pateticità. Il ruvido cappello di feltro, ereditato dal vecchio Henry, gli si calò sulla fronte in segno di repulsa, mentre dai suoi occhi traspariva immota l’arguzia di un cavedano. La sorpresa lo avviluppò nelle sue ferre ginfie, e non trovò le forze per opporsi alla tempestiva fuga del malandrino, che in quel frangente fu più furbo di lui.

Antoine era già scomparso all’orizzonte dei Docks, quando Jody si riprese. Dunque Jeff seguiva le sue mosse, e aveva avuto occasione di liberarsi di lui. Ma non lo aveva fatto. Che si fosse redento, sentendosi la coscienza appesantita dagli innumerevoli delitti perpetrati?

Non poteva credere ad una simile fandonia. Sentiva la sottile sensazione della vendetta salire al cuore attraverso le pulsanti vene, e il sordo richiamo del vecchio Henry agitarsi incontrollato nei meandri della memoria.

I suoi tristi ed insieme euforici pensieri lo condussero infine a casa.

 

* * *

 

Quella notte Jody dovette prendere alcune pastiglie per addormentarsi, e il suo sonno fu pesante. Non riuscì tuttavia a scacciare neppure per un momento le inquietanti immagini che prendevano forma all’interno del suo stanco cervello. Vide la logorata figura di Jeff il Ceffo che rincorreva una donna bellissima, ed entrambi erano ora distesi all’ombra di un faggio. Vide il bruto allungare la mano sporca di sangue sul volto dell’angelo, che sembrava ritrarsi pudicamente, ed allargare le labbra unte in una smorfia ferina. Ma il destino volle che il delicato viso della donna fosse all’improvviso illuminato da un solitario raggio di sole: ed era il volto di Mary la Fossa, debole preda tra le braccia del blasfemo.

La forza della visione notturna scosse Jody dal torpore in cui il suo corpo inerme era caduto, e lo scaraventò contro la lettiera di ferro battuto con tale violenza, che non potè far altro che aprire gli occhi e versare lacrime di sudata sofferenza.

Non poteva più aspettare. Raccolse con un estremo atto di coraggio le forze che gli restavano, ed uscì di corsa verso la strada silenziosa.

Per prima cosa andò al Blind’s, nella speranza di trovare qualche elemento utile per porre fine alle sue infelici ricerche. Là vi trovò solo poche anime, riunite attorno ad un tavolo verde. Riconobbe tra i giocatori l’inconfondibile sagoma di Joe lo Scarso, intento a manipolare il mazzo di carte che nascondeva dentro ad una finta gamba di legno. Dall’altro lato del tavolo sedeva con noncuranza la Lercia Joyce, che guardava fisso il soffitto mentre sporcava sotto lo sgabello. Annie la Croce ramazzava con vigore il sudicio pavimento, imprecando ad alta voce contro gli altri due giocatori, che Jody non aveva mai visto. Una densa foschia si alzava lenta dai lunghi cigarillos che i quattro masticavano con veemenza, rendendo l’aria irrespirabile.

— Ehi, Squalo, vieni a tenerci compagnia.

— Dai, Squalo, lo sappiamo che hai bisogno di giocare ogni tanto.

— Su, Squalo, unisciti a noi.

Il coro era unanime, a parte Annie la Croce che pareva ancora risentita per via di quello che Jody aveva fatto a Dick dei Denti.

— Sarò felice di far due chiacchere, amici. Ma prima dovete presentarmi i signori che non conosco.

Joe si premurò di soddisfare il desiderio del nuovo venuto, e gli indicò uno ad uno i nomi dei due non appena egli si mise a sedere.

— Questo è Babò Baboon, il nuovo ganzo di Lily. — disse Joe, sussurrando poi nell’orecchio di Jody alcune parole incomprensibili, ma che suonavano come un pesante apprezzamento sulle sue qualità di pessimo giocatore.

— E questo è Slim il Fausto — continuò lo Scarso, avvampato in volto — Slim non si è ancora arreso alla polizia, Squalo, e questo gli rende merito.

A quel nome, Jody lasciò trasparire un debole senso di disagio. Si rese conto in quel momento che non era la prima volta che aveva a che fare con quel tipo: poco tempo addietro era stato il Merlo a confidargli alcune notizie, e già allora si era chiesto chi mai fosse questo Slim. Ora se lo trovava davanti in carne e ossa, e non sapeva come comportarsi.

— Incantato. — disse all’improvviso il Fausto, facendo trasalire Jody. Questi non ebbe modo di replicare con arguzia, com’era suo costume, poiché quando sollevò sulla fronte il cappello del vecchio Henry, che non si sarebbe più tolto senza ragione, il suo sguardo s’infranse contro gli occhi cerchiati dello sconosciuto, e l’imbarazzo aumentò.

Slim non era vestito in maniera elegante, e il suo volto era del tutto ricoperto da grinzose cicatrici. Il suo atteggiamento era arrogante, il naso incavato tra le gote segnate da un precoce declino. E gli ricordava qualcuno.

— Forza, Squalo, dai tu le carte. — incalzò lo Scarso, nel vano tentativo di dissipare la tesa atmosfera che si era venuta inopinatamente a creare.

— Io credo che lo Squalo non abbia intenzione di assumersi tale responsabilità — insinuò pesantemente Slim.

— Io non sono dello stesso parere, straniero. — replicò con vigore Jody, afferrando con uno scatto il mazzo portogli da Joe. — Piuttosto, vediamo di che pasta sei fatto!

— Attento, Squalo. Potresti trovare qualcosa che non ti piace.

— Correrò il rischio. — sentenziò solennemente Jody, mentre Annie sgattaiolava nel retrobottega, intimorita dal tono della discussione.

I due incominciarono a guardarsi fissi negli occhi, per lunghi minuti. A Joe lo Scarso scappò inavvertitamente uno sbadiglio, e si narra che questo gli fu fatale. Altri ancora dicono che decise all’improvviso di abbandonare la città, nauseato dal rilassamento dei costumi. Fatto sta che nessuno lo vide più, nel suo caratteristico penzolare sulla gamba di legno, e molte voci si sollevarono indignate sul suo conto.

Babò Baboon, il nuovo ganzo di Lily, si mise in salvo senza proferire alcunché, raggiungendo Annie nel retro. Non si sarebbe detto un tipo coraggioso, secondo il comune pensare, ma d’altronde aveva una gloriosa vita davanti a sé, tra le corte braccia della Berta, e non voleva perdere l’occasione.

Immersi in un attento silenzio, Jody e il Fausto sedevano uno di fronte all’altro, e sorseggiavano rapide boccate di bourboun da una grossa grolla di legno piazzata al centro del tavolo. Alla fine, annoiato della piega che stava prendendo la discussione, e già abbondantemente brillo, Jody propose una tregua.

— Io non sono venuto qui per caso. — disse l’altro accigliato.

— Chi ti manda?

— Nessuno mi ha mandato, ma c’è una cosa che devi sapere.

Jody iniziava a spazientirsi — Cos’è che devo sapere?

— Prima devi esser sicuro di poter mantenere la calma, perché quello che dirò potrà infastidirti. Ma devi ascoltare tutto, per giudicare serenamente. — disse lui scandendo con attenzione le parole.

A quel punto Jody, estenuato, abbassò la testa in segno di assenso, e borbottò qualcosa di incomprensibile. Poi svuotò la grolla con un unico sorso, e si coricò sopra il tavolo inerme. Ritenendolo un segno positivo, il Fausto riprese a parlare.

— Non sempre ciò che appare corrisponde alla realtà, Squalo. E io ne ho passate tante... So che tu stai cercando una persona, forse due. — Jody non dava segni di vita, ma il Fausto continuò caparbio — E non stupirti, se ora ti dico che ti trovi davanti a quella persona.

Attese qualche istante perché il suo interlocutore recepisse il senso delle sue parole, ma egli alzò le spalle e ruttò sonoramente. Decise quindi di ripetere il concetto, in termini più semplici.

— Ti sto dicendo che io sono Jeff Osbourne Capodisella, altrimenti conosciuto come... Jeff il Ceffo!

Finalmente Jody alzò lo sguardo, ...e scosse la testa. Biascicò qualche parola, che Slim fece fatica a comprendere: — Ma va!

— Tu non mi credi, dunque? Forse non mi riconosci per via della nuova faccia che mi sono fatto impiantare, per eliminare i deturpanti segni che Mary la Fossa mi ha procurato gettandomi addosso una boccetta d’acido, quando scappò via col malloppo...

A quel nome, Jody si svegliò all’improvviso, e mise sopra il tavolo il cappello del vecchio Henry, stringendolo con forza.

— Sei Jeff il Ceffo? E cosa sai di Mary?

Jeff annuì lentamente, in risposta alla prima domanda. Poi raccontò di Mary, di come lei lo avesse costretto a passare dall’altra parte, al soldo dei servizi segreti iracheni, e di come insieme avessero progettato un grande colpo a danno delle riserve auree dello Stato, allo scopo di indebolirne la presenza militare nei Paesi arabi; disse che nel frattempo Mary aveva fatto il doppio gioco, tenendo i contatti con un informatore dell’Agenzia, e sottraendo i preziosi segreti serbati nelle casseforti del generale Al’Ibn Estevar; che infine mise in scena una colossale truffa ai danni di entrambi i suoi padroni, e, d’accordo con me – non l’avessi mai seguita!–, volle fuggire alle isole Tonga lasciandosi dietro soltanto un impenetrabile alone di nebbia... — E poi, mi ha scaricato, lasciandomi il danno oltre che la beffa.

Jody prestò volentieri un orecchio a Jeff durante il suo racconto, ma quando questi parve aver terminato, lo rivolle indietro, con gli interessi: — Adesso ascoltami, Ceffo. Le cose a LickTown non vanno troppo male: Dick dei Denti e Toby Tobia, con tutti i loro sgherri, sono morti o sono in gattabuia. Io non ho più molto da fare, qui.

Jody stava avendo un’intuizione rara. Intravedeva la possibilità di ritrovare Mary, che ancora ardentemente voleva, nonostante si fosse comportata in quel modo, e di liquidare per sempre l’odiato Jeff, che tuttavia poteva ancora usare per raggiungere i suoi obiettivi. Tentando di mascherare le sue reali intenzioni, stava per proporre a Slim il Fausto, alias Jeff il Ceffo, di unirsi a lui per catturare Mary, quand’egli abbozzò un sorriso e lo interruppe.

— So a cosa pensi, Squalo. Tu non ti fidi di me per quella storia di Henry lo Spizio.

Jody rimase spiazzato, e finse di non capire.

— Perché, che è successo al vecchio Henry? — chiese spudoratamente.

— Non m’incanti, Squalo. Ma non devi essere crudele con me, per non aver impedito a Mary di ridurlo in quello stato.

Jody cadde dalle nuvole. Era stata dunque Mary a straziare Henry? Non poteva crederci.

— Tu stai abilmente mentendo, Ceffo. Io so che sei stato tu a... — La sua frase restò sospesa nel vuoto, perché Jeff proruppe in una fragorosa risata, che richiamò anche l’attenzione di Annie e Babò, che fecero capolino, non visti, dalla porta di servizio.

— Credi che sia stato io, Squalo? Non ti sto menando per il naso: il vecchio Henry è stato davvero trucidato da Mary! E dovevi vederla, quella assatanata di sangue, quando gli strappò il cuore dal petto e se lo cacciò in gola. Uno spettacolo indecoroso...

Jody era ammutolito.

— Credimi. Non ti ho mai mentito prima. Né avrei motivo per farlo adesso.

Ed era vero! Jeff non gli aveva mai mentito.

 

* * *

 

Si ritrovarono a cavalcare le turbolente onde del pacifico sul ponte di un mercantile diretto a Singapore. Il capitano Nicky Sergio mandò un mozzo ad avvisare Jody che stavano per approdare a Nukualofa, principale centro delle Isole degli Amici. Una violenta tempesta aveva poco prima scaraventato nelle profondità degli abissi Annie la Croce, che si era offerta di partecipare alla missione "perché tanto non mi resta altro da fare a LickTown, dopo il ritiro forzato di Dick", aveva detto. E ora Jody osservava dal castello di prua, in muto silenzio, le sconfinate distese dell’orizzonte oceanico, solenne tomba dell’infelice donna.

— Questa è la dura legge del mare, Squalo — gli sussurrò in un orecchio il mozzo, e lui finse di non sentire. Ma il pensiero della morte, in senso generale, lo turbava. Non aveva mai dato troppo peso alle violente stragi di cui era stato testimone od artefice: ma ora, giunto alla piena maturità, desiderava sempre più sistemarsi, e procreare. Avrebbe avuto molti figli da Mary la Fossa, questo fu ciò che si ripromise in quella mattina d’autunno, al largo di Tongatapu.

I suoi pensieri vennero interrotti dalla squillante voce di Jeff, salito sul ponte per assistere alle manovre di sbarco.

— Che fai tutto solo, Squalo? Stai ammirando il panorama?

— Non ti rispondo, Ceffo. Hai già cercato di distruggere l’unica cosa cui tenevo al mondo, e non ti permetto di fare del sarcasmo.

— Il capitano Sergio ti ha informato che tra non più di un’ora saremo in porto? — continuò Jeff, sorvolando con noncuranza sull’acida risposta del compagno.

— Ha mandato il mozzo. — disse Jody laconico.

— Tipo simpatico, vero?

— Il mozzo o il capitano?

— Tutt’e due. Hanno qualcosa di speciale...

— Sarà la puzza di fogna.

Considerato che non sarebbe riuscito a dare un senso a quella conversazione, il Ceffo si arrese: — Vabbè, ti aspetto giù.

Il vascello stava ormai entrando nella baia, e l’equipaggio stava in guardia. Il capitano Sergio impartiva ordini fulminei, e le propaggini della città già si distinguevano con buona precisione, tra le palme e i bananeti.

 

* * *

 

Il Gran Ciambellano aveva la pelle color ebano, e gli mancava la palpebra dell’occhio sinistro, il che gli dava un aria lievemente innaturale.

— Ho detto che dovrete aspettare. Il Re Toupou IV non ama essere disturbato durante la sua passeggiata quotidiana. Ma al suo ritorno, previsto per le dodici in punto, Egli vi riceverà, come usa fare per ogni Amico che venga a chiedere udienza.

Il suo accento era goffo, e scandiva con esasperante lentezza ogni sillaba. Jody si accorse che aveva anche un singolare difetto, poiché accompagnava di tanto in tanto le parole con un sibilante farfuglio. Ma non diede molto peso a quella singolarità, essendo la sua attenzione del tutto rivolta all’insolito arredamento del palazzo reale.

Questo era costituito da una vasta casa coloniale, cui accedevano pochi altri minuscoli edifici in mattoni abitati dalla servitù. Il piccolo giardino, ben curato, ricordava il parco interno del Quaker Center a LickTown; una sottile striscia di acqua ferruginosa attraversava il prato rasato a filo, dove alcuni ragazzi in calzoncini corti, figli della gente comune, stavano giocando a cricket.

Il raccolto atrio del Palazzo era sobrio e pulito, e dalle pareti bianche pendevano curiose maschere forgiate nel legno dalle sapienti mani degli artigiani locali. Una enorme cariatide di bronzo di evidente origine europea, unico manufatto degno di rilievo forse in tutta l’isola, campeggiava indisturbata davanti al portale d’ingresso. Attraverso le porte socchiuse che davano alle stanze interne si intravedevano lente figure di donne intente al lavoro domestico.

L’atmosfera che si respirava ai Far Gone Blacks, a migliaia di miglia di distanza, era solo un lontano ricordo, si ritrovò a pensare Jody, e il consueto fetore della Sesta Strada non occupava che un insignificante angolo della sua confusa memoria.

Jeff era accanto a lui, e il suo volto disegnato dalla scienza medica non mostrava alcuna emozione. Tuttavia Jody poteva percepire nel pesante animo del compagno di viaggio una nuova luce di speranza, che i suoi occhi vitrei tradivano, legata al forte desiderio di vendetta che stava per consumarsi.

Il Gran Ciambellano li aveva lasciati soli per alcuni minuti, e Jody ne approfittò per sbirciare attraverso le porte più vicine.

La prima stanza era vuota: sopra un divano ottomano era stata posata una sedia rotta, sopra cui giaceva inerte un vecchio grammofono.

Nella seconda, ampia sala, Jody vide due giovani donne vestite solo di una sottile tunica di lino che si apprestavano a preparare la toeletta del Re, versando acqua calda in una tozza ed immensa tinozza di legno.

Ma fu nella successiva stanza che vide qualcosa di veramente insolito: una lunga scala a pioli si immergeva in una cavità posta al centro del pavimento, e un paio di mani fecero improvvisamente capolino dall’oscurità, seguite appresso da una folta chioma di capelli rossi, ondulati, morbidi, familiari.

— Forse non ci sarà bisogno di parlare col Re... — mormorò a Jeff, intento a esaminare con scrupolosa ammirazione le nudità della cariatide.

— Come dici? — rispose quello, che non pareva aver compreso l’importanza della cosa.

— Avvicinati e taci. Abbiamo trovato ciò che cercavamo. Ed è qui dentro.

Un silenzio sacrale avvolse i due guardoni, mentre i loro sguardi attoniti si fissavano sulla donna che era uscita dal nulla.

Una folta chioma color fuoco nascondeva in parte il suo viso, ma indossava solamente una corta camicia di canapa indiana, arrotolata su di un fianco: quando ella si voltò verso la porta, tirandosi indietro i capelli con le mani, apparvero come da un incubo fatale i dolci lineamenti di Mary la Fossa, risparmiati dal tempo e dalla perfidia che recava con sé.

Jody si precipitò dentro la stanza e l’afferrò prontamente, non senza una punta di lussuria. Jeff gli diede manforte, e le coprì la bocca – carnosa e sensuale – con un pezzo di sudicia stoffa.

— Finalmente ti abbiamo preso, Mary. Ora dovrai pagare! — sbottò Jeff, accecato dall’ira.

Lei si dimenava con tutte le sue forze, scalciando e graffiando. E sembrava sorpresa dell’intrusione più di quanto Jody si aspettasse.

All’improvviso si affacciò il Gran Ciambellano, annunciando l’imminente arrivo del Re Toupou IV. Parve, con grande sollievo dei due complici, non prestare molta attenzione alla scena che aveva visto. Anzi, ebbe modo di commentare con favore la simpatica iniziativa degli stranieri.

— Vedo con piacere che avete già familiarizzato con la Eccellente nipote di Sua Maestà. Egli ne sarà lieto. Vi attenderà nel suo studio tra trenta minuti.

Il Ciambellano si eclissò con la stessa rapidità con cui era apparso, ma le sue parole rimasero sospese nella tesa aria della stanza ancora per parecchi minuti, gravide di una imminente tempesta di emozioni.

 

* * *

 

Un omone alto e grasso si estendeva umido di fresco sudore sulla poltrona reale. Al suo fianco stava in piedi la ragazza che Jody e Jeff avevano scambiato per Mary, a questa del tutto simile se non per il distinto portamento e le maniere garbate.

Toupou IV fece accomodare i suoi ospiti, e poi li invitò a gustare alcuni tipici prodotti locali, prima di esporre le loro richieste.

Jody guardò con malcelato disgusto il tortino di tapioca che una inserviente gli aveva porto, mentre fingeva di sorseggiare una scura bevanda a base di copra.

— Il Gran Ciambellano mi ha riferito che avete già fatto la conoscenza della mia nipotina Smeralda. — esordì il Re, con voce pacata e misurata.

— È così, altezza. — rispose Jeff, deluso per la triste figuraccia che avevano fatto. — Ed è una donna molto bella e ricca di spirito. — aggiunse, volgendo distrattamente lo sguardo verso di lei, che ammiccava di nascosto dallo zio.

Il Re sorrise divertito — Sono d’accordo con lei, caro amico. Ma veniamo a noi, ora. Qual è dunque il motivo della vostra visita?

Jeff scambiò un’occhiata con Jody, in evidente imbarazzo, poi prese coraggio e mentì spudoratamente.

— Possiamo dire che si tratta di un viaggio di piacere. Eravamo bensì diretti in Malaysia, ma avendo udito dal capitano Sergio, comandante della nave, di straordinarie e inenarrabili vicende della vostra splendida Nazione, non abbiamo esitato un solo attimo a fermarci qualche giorno...

— Allora siate i benvenuti! Dirò al Ciambellano di procurarvi un completo elenco dei luoghi da visitare. Egli vi darà anche una precisa mappa dell’arcipelago, e vi metterà a disposizione un veloce catamarano per spostarvi agevolmente tra le isole. Naturalmente vorrete anche rifocillarvi a dovere, dopo un sì lungo viaggio. Per questo vi invito formalmente al banchetto di nozze di mia nipote, che si terrà stasera.

Disse quindi, rivolgendosi alla donna: — Sempre che la nostra futura sposa nulla eccepisca!

Smeralda abbozzò un vago sorriso, in segno di assenso, ricambiò distrattamente lo sguardo insistente di Jeff, e uscì rapidamente dalla sala del trono, lasciando dietro di sè una sottile scia di profumo di rose.

Tuttavia il Re non si premurò di giustificare il comportamento scortese della donna, e congedò repentinamente i due ospiti, intenti a seguire con affanno i loro confusi pensieri.

 

* * *

— Io penso che dovremo ritornare in America, Squalo — disse Jeff sconsolato.

— Non sai quello che dici, amico! — lo aggredì con veemenza Jody — Ne abbiamo ormai passate troppe, in questo lungo viaggio, per dover rinunciare così vicini alla meta!

Jeff non rispose. Lo degnò appena di uno sguardo, e si avviò verso la spiaggia, con il capo affossato tra le spalle.

Il crepuscolo giunge repentino, in questa zona dell’emisfero australe, e non lascia neppure il tempo di rendersi conto che il giorno è già finito.

Jeff, i pensieri immersi nella candida penombra lunare, vaga senza meta tra le soffici orme della tiepida sabbia.

Jody lo segue, a distanza, e non osa parlare, per timore di infastidire il compagno.

Si ode solo un romito e sordo e strisciante segno di vita, al di là del mare, tra le onde piatte della Baia Nera. Forse un vecchio pescatore, arso dal sole e dalla fatica. O forse una triste illusione.

All’improvviso emerse dall’aere silente una voce sottile e penetrante.

— Ehilà, stranieri!

Smeralda non ottenne risposta.

— Dico a voi! — insistette — Forse posso aiutarvi.

Jody alfine si voltò, e guardò il suo volto dorato, le sue labbra invitanti, il suo seno scolpito, i suoi capelli purpurei; guardò anche attraverso i suoi occhi celesti, e vi trovò riflesso il ricordo di Mary.

— Io non credo che potrete esserci d’aiuto.

Lei lo fissò per alcuni istanti, con aria interrogativa e sorpresa, poi si dileguò nell’ombra.

Jody, deluso e stremato, si sedette sulla sabbia, ed attese, a capo chino, l’avvento della notte.

 

* * *

 

Non si può dire che fosse una bella giornata. Fu forse la peggiore da quando Mary la Fossa era scomparsa senza lasciare alcuna traccia della sua gioiosa esistenza, quella sera in cui cento innocenti vennero trucidati senza pietà. Certo, non fu colpa loro, disse la Corte. Tuttavia Mary ebbe la sua parte, pensò Jody consunto dall’ira.

Jeff non era più con lui. Aveva deciso di rimanere a Tongatapu, lui che tanto avrebbe voluto ritrovare Mary e sistemare la faccenda, consumando una vorace vendetta. Ma il suo animo ferito, la sua mente ormai stanca, il suo corpo non più agile e pronto, avevano scelto per lui. Non si sarebbe poi pentito, quando il grigio e compito Ciambellano gli avrebbe imposto di trovarsi un’occupazione stabile e produttiva, un duro e faticoso lavoro? Forse Jeff non ci aveva pensato.

Il vascello del capitano Sergio solcava spedito le piatte onde del mare di mezzo, più nero dell’oscurità che avvolgeva il cuore di Jody, e in breve le coste insanguinate della Baia di S.Francisco apparvero all’orizzonte.

Un gabbiano curioso si è ora appollaiato sulla sua spalla, e Jody cerca di allontanarlo con un rapido gesto della mano, ma il movimento è lento, e il gabbiano, indomito, ritorna.

Le luci della Città intanto salutavano fioche l’arrivo della nave, mentre il porto pareva abbandonato nella più singolare quiete, presagio di prossima sventura.

— Questo non è di buon auspicio, Squalo. — bisbigliò il mozzo.

Allo sguardo interrogativo di Jody, egli non diede segno di rispondere, e si allontanò repentinamente, chiamato ad altre funzioni dal capitano Sergio, lasciando dietro di sè un pungente olezzo di fogna.

— C’è qualcosa di strano, nell’aria. — sentenziò questi, con pacatezza, simulando il tono di un vecchio lupo di mare — Non abbiamo ancora ricevuto alcuna comunicazione dalla capitaneria, e il traffico è più scarso del solito. Credo proprio che ci sia qualcosa di strano.

— Capitano! — urlò il secondo Jones — Una Lancia della "Costiera ci sta abbordando!

— Questo è più che strano! — mormorò Sergio.

— Questo è assurdo! — replicò Jody.

— Questa è un’azione di polizia costiera. — balenò una voce metallica da un megafono della Lancia — La nave è sotto sequestro e l’equipaggio è in istato di fermo. Avete il diritto di stare zitti. Non avete invece il diritto di conferire con alcuno o nominare avvocati, in forza del Decreto di Urgenza numero 2545 dell’Eccellentissimo Reggente della Contea di LickTown. Rimanete dove siete e non opponete resistenza. Sarete presto interrogati.

— E questo cos’è? — biascicò lo Squalo, prima che una ventina di uomini in tuta da sub proruppero sul ponte dello scafo e lo tramortirono.

 

* * *

 

Al risveglio improvvisamente gli si parò innanzi il beffardo ghigno di Dick dei Denti, il cui volto, stravolto dall’ira, tradiva una tensione non comune. Era d’altronde evidente che il briccone si era preso la libertà di uscire in fretta dalla galera, e non aveva perso tempo nel riorganizzare la propria vendetta.

Quello che sorprese Jody non fu tanto il fatto di rivederlo così presto a piede libero, quanto l’apprendere che in sua assenza egli aveva del tutto ridisegnato la mappa del potere dell’intera regione: ora si faceva chiamare, non senza una vena di delirio megalomane, Eccellentissimo Reggente, e i suoi folli ordini potevano avere più efficacia prescrittiva delle stesse leggi di natura. Faceva il bello e cattivo tempo, e disponeva della vita di tutti gli ignari sudditi.

Incominciò borioso a raccontare al prigioniero le vicende di quei giorni, spiegando le varie mosse che lo avevano poi condotto al dominio assoluto del Paese: il bonario Ispettore Levi era stato sopraffatto da un commando di suoi fedelissimi compari, durante la traduzione al carcere Municipale; l’agguato fu violento e clandestino, e il povero Levi ci rimise la pelle. Tuttavia Dick lo lasciò in vita, abbandonandolo senza pietà né naturale rivestimento alla periferia del West Side, vantandosi poi con gli amici del nuovo abito tagliato su misura con il trofeo strappato dalle sue ossa.

In seguito corrompere o eliminare i maggiori funzionari fu, a suo dire, un "gioco da poppanti". In breve la malavita era stata ristrutturata su basi ben più solide e funzionali, e l’intera vita quotidiana aveva registrato un "mutamento di qualità".

Ma ciò che più infastidiva lo Squalo, in quei tristi momenti della storia dell’umanità, era il modo in cui quel piccolo essere peloso e ributtante lo stava guardando, noncurante delle nefandezze che la sua torbida mente concepiva.

E quando Dick gli si avvicinò, sporgendo pericolosamente verso di lui il volto deforme, egli, sospinto da un incontrollabile emozione, non ci vide più, e lo morsicò violentemente sul minuscolo naso.

Accadde tutto in un attimo.

Mentre Joe Balilla, la nuova guardia del corpo di Dick, gli si avvicinava ringhiando con estrema lentezza, Jody riuscì a liberarsi dalla morsa delle corde legate attorno ai suoi polsi, dietro lo schienale della sedia su cui era stato costretto. Dick intanto gemeva come un ragazzino viziato, e si teneva le mani sul viso.

Lo Squalo sferrò un rapido calcio alla pesante guardia, che stramazzò al suolo senza protestare. Poi allontanò Dick con una gomitata, fratturandogli lo zigomo destro. Infine si avventò con un misurato balzo verso la porta dello stanzino, e in breve si ritrovò all’esterno, a respirare nuovamente l’aria leggera della libertà.

Il suo rinnovato coraggio lo condusse ad affrontare e vincere la resistenza delle numerose pattuglie disposte da Dick a presidio della città, e, quando ciò non parve possibile, a sfuggire astutamente da esse. Vagò per le strade dei Far Gone Blacks, suo antico dominio incontrastato, e, all’improvviso, si ritrovò immerso nelle mai dimenticate tempeste di intenso fetore, nell’olezzo di polvere da sparo e sudore, e riconobbe la Sesta strada.

Varcò con animo agitato la soglia della sua vecchia abitazione, dopo aver attraversato, non senza una punta di emozione, la piccola stanza del buon Li-Piyang-Go. Il forte odore di tè aromatizzato lo inebriò a tal punto che parve obliare d’un tratto le ragioni di vendetta e giustizia che lo avevano lì condotto: solo per un breve attimo, ritornò con la mente ai vecchi tempi della sua precoce maturità, quando Li-Piyang gli vendeva la carta di riso truccata da tè al ribes nero per qualche spicciolo, faticosamente strappato dalle mani insanguinate di un qualunque ladro di polli. D’altronde aveva in cuor suo già perdonato lo sgarbo fattogli da Jeff il Ceffo, costretto a eliminare il cinese per motivi di racket; Jeff era rimasto solo alla corte di Re Toupou, e si era dimostrato un buon amicone per lo Squalo. Nessun rancore, dunque.

Entrò di soppiatto nella stanza buia, dove campeggiava silente il letto di ferro battuto, ancora in disordine.

Non appena i suoi occhi si abituarono alla penombra, gli sembrò di scorgere qualcosa muoversi sotto le coperte raggomitolate; cercò la sua fida Magnum nella fondina interna, sotto la giacca, ma non trovò né l’una, né l’altra. Poi si ricordò di essere scappato troppo in fretta dalla cella in cui Dick lo aveva gettato, e non ci pensò più.

Si lanciò a peso morto sopra il letto, nel tentativo di bloccare l’intruso che certo doveva nascondersi tra le coltri. Senti sotto di sé uno squittìo lacerante, e tirò fuori un paio di ratti spaventati e tramortiti.

Si mise il cuore in pace. Nessuno era più stato in casa sua da quando se ne era andato nel Pacifico con Jeff, e nulla era cambiato.

— Bentornato, Squalo. È un pezzo che ti cerco. — disse una voce di donna alle sue spalle.

Si voltò trafelato e si mise sulla difensiva, ma non vi fu bisogno di venire alle mani, poiché avanti a lui si stagliava la sagoma irresistibile di Lily la Berta.

— Sono felice di vederti, Lily. — le rispose — Che fine ha fatto Babò, e da che parte stai, ora?

Lei accese la luce e lo guardò intensamente negli occhi. Gli si avvicinò con passo sensuale e lo baciò in un orecchio. Non occorreva dire altro.

Fecero l’amore, poi si addormentarono.

Jody sognò Mary, o forse Smeralda, e Lily sognò di mangiare una torta allo zenzero.

— Molto è cambiato, qui a Lick Town. — osservò Jody — Bisogna agire in fretta.

La Berta gli rivelò che Babò Baboon (quel lurido viscidume) ora lavorava per Dick, che fra l’altro aveva preso residenza ufficiale al centesimo piano del Conferences’ Inn, e si era circondato di scagnozzi imbellettati da piedipiatti. Non v’era modo visibile di penetrare all’interno dell’edificio senza dare nell’occhio, e molti vecchi amici era passati ormai dalla parte di Dick.

L’unico posto sicuro, dopo la morte di Annie la Croce, restava il Blind’s. E fu lì che si avviarono, sospinti dalla smania di organizzare una crudele offensiva.

 

* * *

 

Jody aveva convocato tutti gli uomini rimasti fedeli alla propria causa. A quell’ora il Blind’s era chiuso al pubblico, e l’ultimo ubriacone stava per essere scaraventato fuori in mezzo alla strada. Tom Duedita stava suonando con la sola mano sinistra un vecchio pezzo di Gershwin sul piano a muro, quando Jody e Lily fecero il loro ingresso trionfale.

La Lercia Joyce a suo modo salutò Jody, trangugiando un calice arrugginito colmo di orina, e poi ruttando sonoramente. Joe lo Scarso fece alcune piroette sull’unica gamba, e nel tentativo di abbracciarlo gli crollò addosso a peso morto.

Seduti ad un tavolino, in un angolo del salone, sedevano poi nella penombra tre persone, che Jody faticò a riconoscere subito.

— Squalo, non dirmi che hai dimenticato i tuoi vecchi amici? — disse un tipo secco e curvo, con una voce infantile.

— Johhny! Johhny Gabinetto!

— Sembra una vita da quando abbiamo combattuto assieme, al fianco degli uomini di Levi, nella battaglia del Quaker.

— Non è poi molto, Johhny. Sono contento che tu sia ancora tra di noi.

— Ti ricordi di Antoine le Borgne, Squalo? — disse l’uomo indicando il tizio seduto alla sua destra.

— Certamente. Come potrei dimenticare dapprima un valido avversario, e poi un onesto collaboratore?

— Ho sentito Jeff il Ceffo, Squalo — disse Le Borgne — Non se la passa troppo male, in quell’isola. Sembra che si stia per sposare con la figlia del capo.

Dunque Smeralda aveva mandato a monte il matrimonio, per mettersi con Jeff! Che cose incredibili avvengono ai tropici!

Il terzo uomo non aveva ancora parlato, e restava col viso nascosto nell’ombra. Lily si rivolse a lui, e gli fece un cenno. Quegli si alzò, e senza proferir verbo si allontanò per alcuni istanti, andando sul retro.

Jody guardò con aria interrogativa la donna, per chiedergli spiegazioni, ma lei lo pregò di pazientare. Tra poco sarebbero stati pronti per dar corso al piano di recupero della Città, in barba a Dick dei Denti!

Nell’attesa che il misterioso ospite ritornasse, Jody si divertì a strimpellare un pezzo di Bach a tre mani con Tom, e a giocare una mano secca a tressette con il morto.

Stava per calare un sette, quando una voce in falsetto lo richiamò all’ordine, diffidandolo a porre attenzione.

— Il Re di Quadri! — disse.

— Sette di picche! — ribattè Jody.

Io sono il Re di Quadri. — replicò la voce.

Al che Jody si voltò, e riconobbe il Padrino che aveva evirato dopo lo scontro al Quaker. Ne fu scosso, e la sua prima reazione fu di stizza.

— Qual buon vento ti porta, Re? — ironizzò.

— Non sono in collera con te — rispose il poveruomo — ma mi auguro che tu faccia ammenda del tuo gesto dissennato. Ora lavoriamo di nuovo assieme, e non voglio che quel piccolo incidente possa influenzare la nostra collaborazione.

— Non c’è problema, Queen. Ora rilassati e ascolta. Questo è il mio piano...

— Prima che tu esponga le tue idee, Squalo, c’è una cosa che tu devi sapere. — lo interruppe l’uomo misterioso, tornato insieme al Re di Quadri — Tu mi conosci come Il Merlo, e ti sempre fatto buone soffiate. Ora puoi vedermi in volto. Non perdere l’occasione.

Jody restò interdetto, questa volta. Non si aspettava che Il Merlo, suo confidente da sempre, potesse essere un uomo in carne ed ossa. E ora lo stava fissando dritto negli occhi, e riconosceva qualcosa di familiare. Continuava a fissarlo, non riuscendo a distogliere lo sguardo dalla sua testa oblunga e pelata, dalle sue folte sopracciglia, dal suo naso scarno e prominente, dalle sue innumerevoli rughe, e riconosceva la sua età avanzata.

— Chi sei realmente, Merlo? Mi pare di scorgere in te qualcosa di strano, che però non riesco ad afferrare...

Il silenzio generale si era impadronito di tutti i presenti, consci della formidabile verità che si nascondeva dietro a quella discussione, e ansimanti in attesa della rivelazione finale.

— Ora io te lo dirò, ma promettimi di non adirarti.

— E perché mai dovrei, Merlo? Sei sempre stato più che affidabile...

— Ma io sono tuo padre.

— Ragione in più per non mentire.

— Hai ben inteso, figliolo?

Suo padre! E lui che era fermamente convinto che i suoi genitori fossero stati trucidati in uno scontro a fuoco con la polizia durante il periodo nero della Famiglia, quando il giovane Toby Tobia cominciava a muovere i primi passi nella malavita, e già era arrivato a tradire il Consiglio Supremo.

Suo padre! E lui che per tutta la vita non aveva pensato neppure per un istante che un giorno simile potesse arrivare, che era sempre stato convinto che mai più avrebbe potuto trovare il conforto di una famiglia mai esistita se non nei suoi lontani ricordi!

Suo padre! Era lì davanti a lui, scolpito dagli anni, come un’immortale presenza che lo aveva accompagnato di nascosto durante le varie fasi della sua crescita morale e materiale, che in realtà non lo aveva mai abbandonato, sotto le finte spoglie del Merlo.

Che cosa avrebbe dovuto fare?

Rimproverarlo, forse, per essere stato così lontano da lui, senza mai essere venuto allo scoperto, e per avergli fatto credere di essere un miserrimo orfano solo in mezzo ad un oceano di predatori?

Ma corse verso di lui, e lo abbracciò forte, e tutto fu dimenticato.

La vita continua, si dissero, e non vale la pena rimpiangere gli errori commessi.

— Il tuo vero nome è Giotto Berretta, figlio mio, e sei di origine italiana. Tuo nonno è stato uno dei primi immigrati in questo grande Paese, e ha fondato un impero economico. Quando se ne andò da questo mondo, mi fece giurare che il suo unico nipote, cioè tu, avrebbe dovuto conoscere le umiliazioni e le infamie che conobbe lui, per crescere come un uomo, e se mai si fosse trovato in pericolo, per cavarsela da solo, per dimostrare di essere un vero Berretta! Non biasimare il nonno, per averti costretto a questo tipo di esistenza, ma considera il suo grande amore per te. Ora ti ho dovuto rivelare tutta la storia, giacché la necessità ha superato ogni ragionevole promessa. E il rischio che corriamo d’ora innanzi è troppo grande per poter essere affrontato serenamente, con le proprie forze. Ci sorreggeranno da questo momento le anime della nostra famiglia, e il Potere tornerà a scoerrere nelle vene del più giovane dei Berretta!

Io sento di dover credere a quest’uomo, e sento ch’egli non parla a vanvera, pensò Jody, ma se così è, il nonno era proprio uno stronzo, e mio padre è un folle.

— Sono orgoglioso, padre mio. — disse alfine, dopo aver guardato i suoi compagni, sollevati dalle sue parole confortanti — Tuttavia non indugiamo, ché un grande avvenire ci attende!

 

* * *

 

Tom Duedita ebbe il compito di impersonare un cieco suonatore di organetto, accompagnato da una scimmietta, appostato ai piedi del Conferences’. Lily avrebbe smoinato attorno a Jimmy Linguetta, tirapiedi di Dick dei Denti e suo fido consigliere. Lo avrebbe trovato come al solito abbarbicato al bancone della Taverna di Cody, aggrappato ad un infinito bourbon.

La Regina di Quadri sventolava una borsetta ai margini dei Docks, mentre Joe lo Scarso zoppicava.

Il Merlo, alias il Babbo, era stato rinchiuso in un manicomio aggettante sulla terrazza del centounesimo piano, ossia l’ultimo, del Conferences’; Le Borgne era tranquillo a pochi isolati di distanza, chiuso all’interno di un carrozzone stracolmo di scimpanzè, e Jody attendeva a bordo di una Trabant del 1906, camuffato da coppietta in calore.

Tutto era pronto per la grande manovra.

Dick era nel suo ufficio, al centesimo piano. Stava litigando con il suo sgherro Tommy Boia, perché questi non era stato di parola, e lo aveva tradito. Qualcuno giurò poi di aver visto cadere dal cielo un’insolita pioggia di meteore, dall’aspetto vagamente umano; ma Jody sapeva che il cinismo e la crudeltà di Dick non aveva confini.

All’improvviso si fermò davanti all’ingresso della torre una Pontiac verde, e ne uscirono Jimmy Linguetta e Lily la Berta, il primo ubriaco, la seconda col colpo in canna. Jimmy ondeggiava instabile sulle scale, e Lily cercava di fare buon viso a cattivo gioco, sorreggendolo con un braccio e toccandolo con l’altro.

Il sole si era nascosto dietro una fitta coltre di nebbia, improvvisamente salita dai recessi del terrore collettivo, e l’atmosfera si era fatta pungente. Il Babbo dall’interno della sua stanzetta blindata, vestito di bianco, non mancò di interpretare correttamente il segnale, e si lanciò contro il muro urlante.

La scimmietta di Duedita iniziò a guaire accaldata, e decine di scimmie fuggirono dal carrozzone di Antoine e si diedero convegno innanzi al portale del Conferences’ a scopo riproduttivo, tenendo a bada le guardie imbestialite.

La Regina nel frattempo adescava un vecchio barbone, che risultò poi essere il redivivo ispettore Levi, restituito alla vita di tutti i giorni grazie ad un trapianto di pelle operato da un chirurgo giapponese, a mo’ di esperimento (riuscito solo in parte, poiché la pelle era stata recuperata dalle carogne delle vittime africane ed asiatiche di Dick dei Denti).

All’interno di un ascensore, Lily spogliava Jimmy Linguetta e lo ricopriva di insulti, dopo averlo tramortito con una botta di vita.

La Trabant di Jody si mise in moto, e salì a folle velocità la scalinata del Conferences’, continuò la sua corsa indisturbata fino alla sommità dell’edificio, e si precipitò nell’ufficio di Dick, proprio mentre il Babbo si catapultava nel vuoto dal palazzo di fronte e andava a parare sopra la scrivania del Reggente usurpatore.

Tutto funzionò come un orologio svizzero, e nulla fu lasciato al caso. Dick non ebbe neppure il tempo di rendersi conto di quanto gli stava capitando, e riprese conoscenza solo quando non poteva fare a meno di constatare che si trovava sospeso nella nebbia, senza una minima superficie di appoggio. Seppe poi di essere stato sconfitto, e di non avere più speranze, quando si accorse di esser precipitato nel mezzo di una mischia furibonda di uomini e di animali pelosi, tra grida e latrati di panico e di piacere. Non si accorse di altro, in seguito a quella triste esperienza, poiché mai più riprese conoscenza.

La Lercia Joyce, infine, passata lì per caso, non disdegnò di orinare addosso al suo cadavere straziato, scrivendo così la parola fine nel destino del disgraziato.

 

* * *

 

La notte era quieta, ai margini dei Far Gone, e le stelle tornarono a brillare di una luce intensa e radiosa. Il Blind’s era colmo di gente in festa, pronta a salutare l’inizio di una nuova era.

Ma nonostante l’ilarità generale Jody lo Squalo sedeva in solitudine, con la mente lontana dal successo della giornata appena trascorsa, e stancamente si portava alla bocca un bicchiere di scotch, mezzo vuoto.

Essere considerato un eroe non mi gioverà, pensò, se sarò condannato ad una vita tranquilla, e per giunta senza Mary.

— Non fare il muso lungo, Squalo — gli sussurrò in un orecchio l’Ispettore Levi, il quale, conscio del proprio nuovo aspetto multicolore, si era rassegnato a passare il resto dei suoi giorni, in maniera peraltro dignitosa, nell’ombra di un’esistenza segregata, lavorando come sguattero al Blind’s alle dipendenze di Lily la Berta, che aveva preso il comando del rinnovato locale.

— Non puoi capire, Levi, quanto l’inattività sia frustrante per me. — replicò Jody, senza voltarsi — Il mondo sembra girare per conto suo, e io non ho più nulla da fare. Potessi almeno invecchiare serenamente, con la donna che amo al mio fianco! Ma io amo Mary la Fossa, ne sono ora più che mai convinto, e non posso ritrovarla. Quale futuro mi attende?

Il tenero Ispettore gli appoggiò una mano sulla spalla, in segno di conforto, e si allontanò dimesso. A quel punto il Merlo, che si era tenuto nei paraggi, decise di sedersi al fianco del figliolo intristito.

— Non puoi pensare queste cose, Giotto. — gli disse con sincera commozione — Tua madre, che era un gran donna, non ne sarebbe stata felice.

Al che Jody lo guardò in faccia, e, tratto dalla tasca interna della giacca il consunto cappello di feltro di Henry lo Spizio, se lo mise in testa. — Che mi sai dire della mamma?

— Si chiamava Lorraine, e se ne andò da LickTown quando tu avevi quattro anni. Mi lasciò per un ricco principe straniero, in visita nel nostro Paese, e finì i suoi giorni in qualche isola in mezzo all’oceano, non seppi mai dove.

Jody sentì qualcosa che cercava di emergere dalla sua mente confusa, e gli apparvero per un solo istante le immagini di Smeralda, nella sua singolare somiglianza con Mary. Le parole del Babbo lo avevano scosso.

Tom Duedita stava strimpellando un ignoto brano di Jazz, e le note indisturbate penetravano con forza in ogni angolo; un senso di mistica attesa sembrò impadronirsi del locale, e ad un tratto tutti ammutolirono. Le luci si fecero fioche, e una sottile scia di profumo di rose sembrò avvolgere lentamente ogni cosa.

— Il mondo è bello perché è vario, Squalo. — si levò impetuosa dalla porta del retro la voce di Jeff il Ceffo — Sono rimasto a Tongatapu per ritrovare me stesso, dopo le disillusioni che mi hanno convinto di esser vissuto invano, e ritorno in patria con delle certezze insperate.

Ciò detto, fece il suo ingresso al Blind’s una donna bellissima, vestita in maniera regale, con un lungo abito da sera che lasciava trasparire le generose forme del suo corpo abbronzato, e i cui lunghi capelli rossi donavano intenso calore ai dolci lineamenti del viso.

Tutti osservarono Smeralda attraversare la sala con passo deciso, senza dire una parola. Lei si sedette al tavolo di Jody, e volse lo sguardo ai due uomini, padre e figlio, che la stavano fissando a bocca aperta. Poi sorrise divertita, e si commosse.

— Non avrei mai saputo la verità se voi non foste venuti dallo Zio, nel nostro Paese. — disse rivolta a Jody — Ma ora le cose sono cambiate, e io so che un tempo, parecchi anni fa, mia madre viveva qui. — si girò verso il Babbo, che stava iniziando a lacrimare vistosamente — Lorraine vi lasciò per venire ad abitare a Tongatapu, insieme al Principe Iris, fratello del Re Toupou, con il quale convolò a giuste nozze secondo la nostra legge — Il Merlo era ormai un fiume di lacrime.

— Poco tempo dopo, nacqui io, — continuò — In seguito mia madre e il Principe furono colti nel sonno da una tempesta di sabbia, e morirono senza svegliarsi. Fui quindi allevata da mio zio il Re, che mi tenne all’oscuro di tutto fino a questo momento.

— E Mary cosa c’entra in questa vicenda? — domandò Jody, non pago di aver scoperto di avere una sorellastra all’altro capo del mondo.

— A questo posso rispondere io — sentenziò alle sue spalle l’immenso Re, entrato di soppiatto dalla porta principale. — Mia nipote non sapeva che suo padre, mio fratello il Principe Iris, aveva avuto in precedenza una relazione con una donna nata dallo stesso letto da cui fu concepita sua madre Lorraine, e da quella unione, illegittima secondo la nostra legge, nacque una dolce fanciulla, che io non ebbi il coraggio di annunciare al popolo di Tonga, e che fui costretto ad affidare inconsapevole ad una lontana parente, qui a LickTown.

— Dunque Mary è la cugina di Jody! — esclamò Lily la Berta, rompendo il silenzio generale.

— Sì, ma dove si trova, adesso? — incalzò Jody.

— Ti accompagnerò da lei, Squalo. — rispose Jeff, fino a quel momento rimasto in disparte.

Il Babbo si era asciugato le gote, e seguiva attento l’evolversi della situazione. In fondo quella ragazza non era altro che la figlia di Lorraine, che lui aveva amato come null’altro al mondo, eccetto forse il figlioletto Giotto. La avrebbe accolta quindi con entusiasmo, e avrebbe perdonato la scappatella della compagna: solo così avrebbe ritrovato il gusto di una vita ormai in declino.

Jody si alzò in piedi, visibilmente eccitato, e non se lo fece dire due volte. Il momento che tanto aveva atteso per anni, dall’eccidio dei Cento, stava per giungere, e non voleva perdere un attimo di più. Tom Duedita riprese a suonare con efferato entusiasmo, e la Lercia Joyce non orinò per l’emozione.

Joe lo Scarso alzò in aria la sua unica gamba in segno di festoso saluto, e cadde fragorosamente al suolo, nell’ilarità dei presenti. Disteso per terra, non perse la propria compostezza, e rivolse a Jody un augurio sincero.

Questi sospirò, colmo di gioia, e si diresse verso l’uscita, preceduto dal Re Toupou, che gli faceva strada, e seguito dal variopinto corteo dei suoi amici e compari, che lo invocavano a gran voce nella notte fremente di vita.

 

* * *

 

Il Re lo condusse in una vecchia pensione fuori mano, a qualche miglio dalle estreme propaggini dell’East Side. L’alba era ormai vicina, e una lieve brezza si stava alzando dalla brulla Valle dei Persi. Smeralda e Jeff erano teneramente abbracciati, e lo guardavano con soddisfazione.

All’improvviso sulla soglia di una piccola stanza del seminterrato apparve una donna innocente, dalla chioma fiammeggiante, il cui nome esplose nel cuore di Jody come un ordigno da troppo tempo pronto a scoppiare, e il cui viso, non intaccato dalla furia di un’esistenza impetuosa, risvegliò in lui le dolci fantasie che lo avevano ormai abbandonato, allontanate dal colore del sangue e dall’odore della polvere da sparo.

Quello con Mary la Fossa fu un incontro toccante, e non terminò che dopo tre giorni e tre notti. Un turbine di insperate emozioni lo colse di sorpresa, ma non lo avrebbe cambiato per null’altro al mondo.

Jody gettò via l’inseparabile Magnum, e conobbe una seconda nascita.

Di lì innanzi sarebbe stato solo Giotto Berretta, figlio del Babbo e di Lorraine Berretta, e lo Squalo che per troppi anni lo aveva soggiogato, costringendolo a diffidare di ogni cosa e a vivere di espedienti e di aggressioni, sarebbe stato per sempre cacciato via.

 

* * *

 

— Promettimi che mi farai da testimone al matrimonio con Smeralda, la prossima settimana — gli disse poi Jeff.

— Purtroppo mancherò, amico mio. — rispose Giotto, smorzando i suoi entusiasmi — Ma voglio anticiparti il mio regalo.

Jeff alzò le spalle, incuriosito, e lo guardò con singolare profondità.

— Dici che mi vuoi veramente fare un regalo di nozze, Squalo?

— Lo Squalo è morto, Jeff. — lo corresse l’amico, tirando fuori da una bislacca borsa di cuoio un pacchetto chiuso con un vistoso nastro rosa.

— Di che si tratta? — chiese Jeff.

— Aprilo e lo saprai.

Jeff prese il pacco e lo scartò con interesse. Tra le sue mani apparve un bisunto cappello di feltro, a tesa larga, consumato dagli anni e dagli eventi. Anche un poco impolverato.

— Ma è il cappello di Henry lo Spizio! — esclamò il promesso sposo — Ti ringrazio, so che non deve essere stato facile per te separarti da questo ricordo. Ma non vorrei che tu ce l’avessi ancora con me per quella faccenda. Lo sai che non fu colpa mia...

Giotto allargò le labbra in un radioso sorriso, e questo bastò a rassicurare Jeff. Poi si stirò i capelli con le mani ripulite dallo sporco del passato, e si avviò, con passo fermo e sicuro, verso la Trabant del 1906, parcheggiata col motore acceso al margine del Quaker Center, dove lo attendeva trepidante Mary.

Si voltò una volta sola, prima di salire in macchina e partire per l’ignoto, e lo fece per dare un’ultima occhiata alla Città. LickTown gli appariva ora come un bambino appena risorto dalle macerie di un ingombrante passato, desideroso di apprendere e di svilupparsi memore degli errori commessi. L’ispettore Levi era tornato al suo posto, e il Babbo era stato eletto Sindaco. Lentamente la Città stava riprendendo forma, e lui poteva fidarsi. Nessuno avrebbe più avuto bisogno del suo aiuto.

La Trabant si avviò, e Jeff agitò in segno di ultimo addio il cappello del vecchio Henry.

— Ci mancherai, amico mio... — ebbe ancora tempo di mormorare il Ceffo, prima che la macchina scomparve per sempre dalla storia di quella città, di quel Paese, dei suoi uomini e donne.