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L’OMBRELLO

 

 

Carlo e Gianni salgono sul treno diretto ad Ancona. La stazione è quasi deserta, il freddo pungente. Gli scompartimenti sono per lo più vuoti.

Antonio non li conosceva prima. Né li aveva mai visti. Salì anche lui sullo stesso treno, e si sedettero tutti nel medesimo scompartimento. Carlo, vicino al finestrino, guarda in direzione concorde al moto del treno. Gianni siede di fronte a lui, mentre Antonio si mette al fianco di Carlo, lasciando tuttavia un posto vuoto in mezzo.

Mentre il treno parte, si guardano ripetutamente in viso, ma nessuno accenna a parlare. Infine, Carlo si rivolge a Gianni.

Carlo: — Non pensavo arrivasse così in anticipo — e fissa Gianni, attonito, per due minuti buoni. Gianni evita il suo sguardo insistente, e abbozza un sorriso nella direzione di Antonio, che fa finta di nulla e cala le palpebre come fosse assonnato.

Gianni: — Speriamo di poter arrivare in tempo — e osserva nel frattempo Antonio che sembra dormire profondamente. Carlo intanto scruta il cangiante orizzonte oltre il vetro rigato del finestrino.

Carlo: — In questa stagione gli alberi sono così spogli... — Continua a fissare il vuoto. Gianni si guarda le scarpe ed emette un risolino sforzato.

Gianni: — E pensare che siamo appena partiti! — Il rumore del treno in movimento copre le ultime sillabe della frase. Antonio apre gli occhi e si tocca i capelli.

Antonio: — Sono diretti anche Loro a Lecce? — Carlo ora finge di assopirsi, mentre Gianni non riesce a rispondere per la timidezza. Antonio, seccato, apre il portacenere, poi estrae una sigaretta dal pacchetto preso dalla tasca della giacca e la posa sul sedile alla sua destra, a metà strada tra lui e Carlo.

Antonio: — Ha da accendere? — dice quindi rivolto a Carlo, che continua a fingersi assente. Gianni non fuma.

Antonio: — Non importa. — Raccoglie la sigaretta e la depone cortesemente nell’apposito portacenere, richiudendolo con un sonoro colpo delle dita.

Antonio: — Non fa nulla. — dice riponendo il pacchetto semivuoto nella tasca interna della giacca. Poi estrae un accendino e lo mette sopra il bracciolo destro della sua poltrona. Si rivolge quindi a Gianni

Antonio: — Ha una sigaretta? — Carlo tamburella le dita sui pantaloni. Gianni si pettina i baffi.

Antonio: — Fa lo stesso, grazie. — Riapre il portacenere. Vi infila anche l’accendino, sbuffando sonoramente.

Antonio: — Io fumo solo in compagnia. — Carlo, a questo punto, sembra voler attaccar discorso.

Carlo: — E in campagna? —

Antonio si rivela possibilista, e anche Gianni si risveglia e si propone.

Gianni: — Lei pensa che i Radicali otterranno un seggio alle prossime elezioni? — Antonio impallidisce.

Antonio: — Non m’intendo di sport, mi dispiace. — Carlo fa un cenno con la testa e si toglie una scarpa, iniziando ad annusarla.

Carlo: — Capisco. —

Gianni si accende una sigaretta. Gianni ora fuma.

Gianni: — Questa è la prima volta che fumo — emettendo un profondo respiro. Carlo, dopo essersi rimesso la scarpa, alza gli occhi e fissa lo specchio arrugginito sopra il posto di Gianni.

Antonio: — Anche a me capita spesso, non abbia timore. —

Il treno entra in galleria. Si vedono i mattoni bruniti fuori dal finestrino. Sono molti e irregolari.

Carlo: — Mia zia deve essere preoccupata per me. Non le ho telefonato per Natale. Non l’ho mai fatto, d’altronde. — Gianni annuisce vigorosamente. Poi, con lentezza esasperante, si alza. Carlo si volta verso Antonio, che preferisce fare l’indiano e non fa commenti. Gianni, infine, si risiede.

Antonio: — Sembra che il treno stia rallentando. —

Carlo: — Dovrebbe fermarsi, credo, alla stazione di Rimini. — Gianni, che intanto ha finito la sigaretta, guarda emozionato il panorama.

Gianni: — Sapete, non sono mai stato a Rimini. Se ne dice un gran bene, vero? Soprattutto per le attrazioni estive... — Carlo pensa a sua zia.

Antonio: — Già. Così pare. — Gianni è soddisfatto della risposta, e sorride entusiasta.

Antonio, essendo in posizione privilegiata per vedere le persone che si avvicinano allo scomparto in cui si ritrova, annuncia l’imminente arrivo di una nuova passeggera. Per invitarla ad accomodarsi insieme a loro, s’impettisce visibilmente e assume uno sguardo accattivante.

Giulia: — È libero questo posto? — Antonio annuisce con occhi luminosi. Gianni risponde elegantemente, con un distinto — Sì —, mentre Carlo sembra pensare ancora a sua zia. Giulia si siede di fronte ad Antonio, dopo essersi tolta il pesante cappotto che nascondeva una figura snella e desiderabile.

Antonio: — Certo che oggi il tempo sembra più ingrato di quanto comunemente si potrebbe aspettare dalla presente stagione, vero, signorina? — Giulia ammicca, poi apre la borsa e tira fuori un periodico di cronache rosa.

Antonio: — Proprio ieri si parlava con un mio caro amico dell’inconsueta rigidità di questi giorni. Anche lei lo ha notato? — e sofferma lo sguardo impietrito sulle gambe della donna. Gianni osserva i capelli di Giulia, e li giudica, sottovoce, stopposi. Carlo sembra voler intervenire, e precede la replica di Giulia.

Carlo: — Signorina, sia gentile, mi permetta di dirle che la trovo molto somigliante a mia zia. — Antonio alza gli occhi, e si gira verso Carlo, intimidendolo corrugando minacciosamente la fronte. Gianni fissa ora le orecchie della donna, e le giudica, borbottando in maniera incomprensibile, troppo grandi.

Giulia: — Interessante. —

Antonio: — Sta leggendo un periodico di cronache rosa, vero? — Carlo decide di estraniarsi dalla conversazione, iniziando a pulirsi le unghie con un temperino. Gianni attende concentrato la replica di Giulia.

Giulia: — Sì. L’argomento le interessa? —

Antonio: — Molto. — Giulia gli porge il giornale, e lo invita con un cenno del capo a leggerselo in pace. Poi prende dalla borsa un libro, e si cimenta nella lettura. Antonio, deluso, sfoglia alcune pagine della rivista, poi la depone sul sedile vuoto al suo fianco.

Giulia: — Le piacciono i gialli? —

Antonio: — Sono i libri che preferisco. Ne sono letteralmente ghiotto. Pensi che al mare ne leggo a decine. — Giulia allora si sente in dovere di consegnargli anche il libro. Antonio lo prende delicatamente, cercando di toccare la mano della donna. Gianni spalanca gli occhi, e vuole vedere come andrà a finire. Carlo ha finito di pulirsi le unghie delle mani. Quindi si toglie nuovamente le scarpe e comincia a saggiare la pulizia delle dita dei piedi.

Giulia: — Lo legga intensamente, perché occorre molta predisposizione per seguire le tracce. — Antonio dà un’occhiata alla prima pagina, poi scorre rapidamente con le dita le seguenti sino alla conclusione. Legge quindi a voce alta le ultime righe, tra la sorpresa stizza della donna.

Giulia: — Forse sarà maggiormente invogliato a cimentarsi con il gioco delle carte. — e tira fuori dalla borsa un mazzo ancora sigillato. All’improvviso Carlo interrompe la toeletta e agguanta le carte con vigore.

Carlo: — Buona idea. Che ne dite di fare una partita a briscola? — Antonio acconsente. Giulia è titubante, mentre Gianni è ragionevole.

Gianni: — Sarebbe un’ottimo passatempo. —

Carlo: — Orbene. Iniziamo. — distribuisce poi tre carte a testa, gira poi il re di picche e lo depone in fondo al mazzo coperto. Gianni ha l’aria di un giocatore soddisfatto. Antonio si dispera.

Giulia: — A chi tocca? — Gianni cala un sei di quadri.

Antonio: — Ora tocca a lei, signorina.

Giulia: — Potete scusarmi un attimo, prima? Dovrei andare in bagno. — I tre uomini, nonostante siano indispettiti, acconsentono.

Giulia si alza con grazia, ed esce dallo scompartimento portando con sé la borsa di pelle e le sue carte. Mentre ella è via, Gianni comincia a spazientirsi. Antonio cerca di guardare le carte di Carlo sopra le sue spalle.

Carlo: — Forse dovremmo continuare senza la ragazza. —

Gianni: — Sono d’accordo. Quando ritornerà riprenderemo da dove ci siamo fermati. — Antonio, timoroso di essere scoperto mentre ha lo sguardo alzato in maniera innaturale, si agita e scoppia in lacrime.

Carlo: — Non dovrebbe prendersela così a male. Aspetteremo. — Giulia nel frattempo ritorna, e gioca un asso di cuori.

Gianni: — Signorina, ma lei non sa giocare! — Giulia arrossisce violentemente. Antonio cerca di giustificarla.

Antonio: — Forse non poteva fare altro. Non sia invadente, signore. — Carlo comincia a spazientirsi.

Carlo: — Andiamo avanti, allora. — Antonio cala un sei di picche, soddisfatto. Carlo fa furtivamente scivolare sul pavimento, che viene utilizzato come piano di gioco, un asso di fiori.

Gianni: — Ma anche lei non sa giocare! — e allarga disperato le braccia. Antonio non se la prende più di tanto, mentre Giulia abbozza un divertito sorriso.

Carlo: — E va bene, allora non gioco più. — e getta per terra le altre due carte. Gianni si mostra adirato, ma poi soprassiede, e si mette a leggere un giornale spiegazzato che tira fuori dalla tasca del soprabito. Il treno arriva alla stazione di Ancona. Giulia si alza, e si mette il cappotto.

Giulia: — Io scendo qui. È stato un viaggio piacevole, arrivederci.— Antonio diventa molto triste. Gianni non saluta.

Antonio: — Si copra bene, signorina. Sembra che fuori la temperatura sia molto rigida. —

Carlo: — Prenda anche il mio giubbotto. — e glielo porge disinteressato. Antonio ammicca.

Giulia: — Grazie, ne avrò bisogno. —

Antonio: — Prenda anche il mio cappotto. —

Giulia: — Non si deve disturbare. È molto gentile. — Anche Gianni sembra voler partecipare, e le offre il suo soprabito. Giulia raccoglie tutti i vestiti, poi, mentre sta per uscire dallo scompartimento, Carlo la ferma.

Carlo: — Aspetti. Prenda anche il mio portafoglio. — e lo infila nella borsa di Giulia, che poi scende sorridente dal treno.

Gianni: — Ma lei non sa proprio giocare a nulla! — dice dopo che la donna se n’è andata. Carlo è mortificato.

Antonio: — Siete dei viaggiatori insopportabili — mormora mentre il treno riprende a muoversi. Poi si alza di scatto e corre via indispettito. Nella fretta dimentica di salutare.

Carlo: — Aspetti. Ha dimenticato l’ombrello. — Antonio rientra lentamente.

Gianni: — Pare che abbia iniziato a piovere. —

Carlo: — Quasi un temporale. —

Antonio: — Non ho portato nessun ombrello con me. — e chiude la porta dietro di sé. Poi si getta dal treno attraverso il finestrino abbassato del corridoio. Carlo e Gianni si guardano con aria interrogativa, poi Carlo si affaccia dal finestrino, e urla dietro ad Antonio.

Carlo: — Aspetti! Prenda il mio! — Ma non ottiene risposta. Quindi scaglia fuori il suo ombrello con forza. Poi si risiede, accanto a Gianni.

Gianni: — Che tipo strano. — Carlo si leva ancora una volta una scarpa, e l’annusa con vigore.

Carlo: — Già, che tipo strano... —

Il treno continua il suo viaggio. Il sordo e regolare rumore delle ruote sui binari copre le ultime parole di Carlo.