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Gli Affreschi del Castello  (9)
FINE
.Saletta di Pio IV°;
E’ detta così perchè su una parete c’è affrescato il ritratto del pontefice Pio IV°; Medici. Gli affreschi che rappresentano le vicende sono la rappresentazione pittorica visiva del testo poetico delle Metamorfosi del poeta latino Publio Ovidio Nasone (43 a.C. - 17/18 d.C.).  Anche la successione dell’esposizione nel testo corrisponde esattamente alla successione degli affreschi sul muro. Gli avvenimenti, nel testo di Ovidio e quelli affrescati stanno in questa successione:
La separazione dal Caos degli elementi di natura
La creazione dell’uomo
L’assalto dei Giganti all’Olimpo
Il banchetto di Licaone
Il diluvio universale
Deucalione e Pirra
L’uccisione del Pitone
La trasformazione di Dafne in alloro
Si guardi la parete che sta di fronte a Pio IV°;. L’affresco di sinistra mostra la separazione dal Caos degli elementi del creato. Prima delle terre, del mare e del cielo, vi era il Caos: “Un dio, chiunque sia stato, così ordinò e distinse la confusa materia, e dopo averla distinta la ridusse a vivo organismo ...”.  Sulla parte destra della parete, dopo un segmento di muro che portava un ritratto ma ora è tutto rovinato, sta l’affresco che rappresenta la creazione dell’uomo: “Nacque l’uomo, sia che quell’artefice della natura, principio di un mondo migliore lo creasse con seme divino, sia che la terra giovane e il figlio di Giapeto, intrisa l’acqua fluviale lo plasmasse secondo l’immagine degli dei ...”.  Nel1’affresco si vede il “figlio di Giapeto”, Prometeo, che sta plasmando il primo uomo, seduto e appoggiato alla pianta.  Passiamo ora all’altra parete, nel senso delle lancette dell’orologio. Ci si presenta l’affresco che narra la lotta dei Giganti che tentarono la scalata all’Olimpo per detronizzare il dio Giove e per regnare loro al suo posto: “I Giganti agognarono il possesso del reame celeste ... Allora l’onnipotente padre squarciò colpendo con fulmine l’Olimpo e sull’Ossa sottoposto fece inabissare il Pelio. E poichè i mostruosi corpi giacquero sepolti dalla loro gigantesca costruzione, tutta la terra grondò sangue ... “.  L’affresco di destra narra il misfatto di Licaone. Era un re dell’Arcadia, crudelissimo ed empio. Un giorno Zeus, travestito da mendicante, chiese asilo alla reggia di Licaone, e questi, d’accordo con i figli, per mettere alla prova l’onnipotenza di Zeus decise di ucciderlo nel sonno.  Prima però offrì al finto mendicante un piatto di carne umana.  Zeus indignato fece scoppiare un incendio e trasformò Licaone in lupo.  Nell’affresco tutto questo racconto è chiaro.  Tra i due affreschi sta il ritratto dell’Imperatore Carlo V° d’Asburgo, contemporaneo di Pio IV°;.  Ora siamo alla parete dove è affrescato il pontefice Pio IV°; Medici, fratello del primo marchese Gian Giacomo.  L’affresco di sinistra mostra il diluvio universale mediante il quale Giove aveva deciso di distruggere il genere umano. Per questo dà piena libertà ai venti piovosi, in modo particolare a Noto il quale: “erompe volando, col volto minaccioso coperto da caligine; di nembi è gonfia la barba, e quando di sua mano compresse i nembi che gravano gonfi per tratta immensa, s’alza fragore, subito si rovesciano le piogge. A terra son gettate le messi se qualche dimora rimase salda, più alta l’onda ne coperse la cima ... sotto i gorghi spariscono le torri ... mare ovunque ... un uomo ripara sopra un’altura ... quello naviga sopra le messi e sopra il tetto della fattoria sommersa ...”.  L’affresco di destra racconta il fatto di Deucalione e Pirra.  Erano marito e moglie, gli unici scampati dal diluvio, e chiesero agli dei che venisse ancora restituita sulla terra la razza umana.  Gli dei risposero che lui e sua moglie dovevano gettare alle loro spalle le “ossa dell’antica madre”, cioè le pietre. E così fecero: “e in breve volger di tempo, per volere dei numi, le pietre scagliate dalle mani del maschio assunsero aspetto maschile, quelle gettate dalla femmina ricostituirono il genere femminile”.  Ora diamo spiegazione della parete che ci rimane da esaminare, continuando secondo le lancette dell’orologio; e siamo davanti ad un giovane che sta uccidendo un drago con le frecce.  Il mostro si chiama Pitone, nato dal fango della palude rimasta dopo il diluvio. Allora “il dio signore dell’arco”, cioè Febo-Apollo, “quasi svuotando la faretra, lo seppellì sotto i dardi e l’uccise entro un lago di nero veleno riversato dalle livide ferite”.  In mezzo alla parete sta l’affresco raffigurante Ferdinando I°  d’Asburgo, contemporaneo di Pio IV°, diventato Imperatore e successore di Carlo V°, quando questi pensò di ritirarsi in convento.  L’ultimo affresco narra il mito di Apollo e Dafne. Il dio amava Dafne, ma ella non corrispondeva al suo amore. Apollo un giorno la rincorse per possederla. Dafne invocò disperatamente la Terra, sua madre, che la trasformò in alloro.  Tra un affresco e l’altro rappresentanti un mito, stanno anche le raffigurazioni delle Arti, ma non tutte si sono conservate. Si possono vedere bene la Retorica, l’Astronomia, l’Aritmetica e la Dialettica.  Assai curiosa è la scritta sotto la Grammatica, perchè così è espressa in senso contrario di lettura, cioè in senso sinistrorso, così ACITAMARG.
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