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Associazioni 
I servizi pubblici
.attuali orari dei mezzi pubblici:

Alla data del 22 aprile 1867
comunità
abitanti
comunità abitanti comunità abitanti
Mezzano
Pedriano
Rocca brivio
Santa Brera
Molinazzo
Rampina
Vettabiolo
Cascina Maiocca
Maiocchetta
196
202
83
95
12
20
7
180
32
Casello Primo
Casello secondo
Riozzo
Cascina Lassi
Fornaci
Gamborelli
Vizzolo Predabissi
Calvenzano
Sarmazzano
5
3
417
88
97
34
276
93
118
Molino 
Griona
Bernarda
Montebuono
Legorina
Colturano
Colombara
Balbiano
3
40
16
8
51
354
15
413
.

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Per avere un'idea più approfondita sull'importanza dei servizi che Melegnano  doveva sostenere per le popolazioni circonvicine, basti osservare il numero degli abitanti delle comunità limitrofe, fuori dai confini comunali melegnanesi.
26 comunità non appartenenti al comune gravitavano in concreto per ogni loro necessità su Melegnano .
Dopo la liberazione della Lombardia dagli Austriaci nel 1859, gruppi di Comuni furono uniti in un organismo detto Mandamento, che era l'ambito territoriale di amministrazione del Pretore.
Al mandamento di Melegnano appartenevano i Comuni:
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Comune abitanti Comune abitanti
Carpiano
Cerro al Lambro
Colturano
Mediglia
1.807
637
722
2.648
Melegnano
Riozzo
Viboldone
Vizzolo Predabissi
4.528
641
3.922
602
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Risalendo a ritroso nel tempo, all'epoca di san Carlo Borromeo (seconda metà del 1500) la diocesi di Milano era divisa in Regioni ecclesiastiche e le regioni si dividevano in Pievi con Capo di Pieve. Melegnano apparteneva alla sesta regione ed era Capo di Pieve come, nella stessa Regione, erano Capo di Pieve: Vicomercatum (Vimercate), Trivilium (Treviglio), Sforzatica, Vaprium (Vaprio d'Adda), Gorgonzola, Meltium ( Melzo), Septala (Settala), Chignolum (Chignolo Po), Sancti Iuliani (San Giuliano), Locatum (Locate), Sancti Donati ( San Donato), Segratum (Segrate).
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El Gamba de legn
La tramvia a vapore Milano - Melegnano - Lodi, entrò in esercizio nell'ottobre del 1880; una interessante pubblicazione dell'epoca, curata dalla Deputazione Provinciale di Milano (ing. G.Bianchi - Ed. Hoepli, 1883), ci fa conoscere molti particolari soprattutto di ordine tecnico. La nostra fu una delle prime linee; la concessione porta la data del 23 febbraio 1879, in favore del cav. Ferdinando Pistorius, il quale agiva per conto di una società, e, nel giro di pochi mesi otteneva licenze analoghe per la Lodi - Treviglio, la Melegnano - Sant'Angelo, ed infine la Treviglio - Cassano - Villa Fornaci. Questo Pistorius risultava essere un commerciante in macchine agricole ed industriali, con sede in Milano – Via Ponte Seveso 21; ma ben presto cedette la sua ferrovia alla Società dei Tramwais Interprovinciali e venne a morte nel 1884. L'impiego del nuovo mezzo di trazione che faceva rapidamente trasformare anche i tram a cavalli esistenti su qualche strada della provincia, e che la nostra generazione guarda alla stregua di un anacronismo, andava quasi rivoluzionando tutta la vita di quel tempo; era un Po' la rivincita sui treni, già molto diffusi, che andavano forte, su sede propria, lontani dalle minori località. Quindi i tramwais a vapore costituivano « la vera ed ultima espressione del trasporto meccanico a buon mercato »: battere la strada ordinaria e... andare piano, per non spaventare al suo passaggio uomini e bestie. Una trentina in tutto risultano essere state allora, nella nostra provincia, le richieste di concessione per linee di tramvie a vapore su strada; interessante per noi quella intestata al signor Gioacchino Curti, sempre per conto di una società, riguardante la linea Milano - Linate – Paullo (20 ottobre 1880), che i nostri padri non ebbero mai la fortuna di vedere realizzata. La prima stazione in Milano della nuova tramvia si trovava sul viale di Circonvallazione fra Porta Vigentina e Porta Lodovica, forse in comune con la linea di Pavia; tutto era pronto ai primi di ottobre del 1880, allorchè tardava a giungere da Roma l'autorizzazione. Finalmente il cav. Pistorius riuscì a far spiccare dal Ministero dei Lavori Pubblici un telegramma al Prefetto di Milano Basile, il quale, il 14 di quel mese, rilasciò una « autorizzazione provvisoria » all'apertura d'esercizio della linea Milano - Melegnano - Lodi, la quale, salvo concessione definitiva, doveva sottostare, fra molte altre, alle seguenti norme: innanzitutto che siano abbattute tutte quelle piante che all'altezza di un metro dalla rotaia ne distino meno di metri 0,90; la composizione dei treni deve essere di non più di tre vetture agganciate alla macchina. Col passare degli anni però i convogli divennero man mano più lunghi. Nessun uso di trombette lungo il corso della strada piacentina per non ingenerare confusione coi segnali che vengono fatti dalla vicina ferrovia; viceversa che i convogli, nell'attraversare gli abitati debbano procedere a passo d'uomo ed essere preceduti da apposito guardiano che abbia a camminare in mezzo al binario. Sul ponte del Lambro dovrà esservi in permanenza un incaricato a vegliare sulla sicurezza del transito, perchè, stante la sua larghezza limitata, non è permesso lo scambio di due carri ordinari quando transita il treno; inoltre che il tram si arresti a Rogoredo in prossimità dell'attraversamento della ferrovia, e che la velocità massima consentita sia di diciotto chilometri. Fenomenale! Tutte le concessioni precedenti a quella della Milano - Lodi portavano il limite a quindici chilometri orari; sicché la durata del percorso da Milano a Melegnano, fermate comprese, era prevista in un'ora esatta. E così il trenino traballante, sbuffante, coi suoi getti di vapore, fumo e polvere di carbone, entrò nella nostra vita quotidiana come cosa familiare, parte indispensabile del lavoro, dei commerci, delle gite, dei movimenti di gente in occasione di feste o sagre. La società concessionaria faceva affari d'oro; si suggerivano sempre nuove e maggiori applicazioni, come quella dei trasporti militari, ”perché essendo le carrozze aperte, riusciva più agevole impartire ordini” (!): ma non si sa che seguito abbia avuto tale proposta, mentre assai più diffuso divenne il trasporto delle merci; si faceva gran conto sui raccordi con importanti industrie nascenti alla periferia di Milano, sull'impulso dato all'economia agricola col trasporto di fertilizzanti e perfino delle « Materie escrementizie »: in sostanza un mezzo per portar fuori dalla città il letame. Ben si sa che le stalle e scuderie costituivano una piaga secolare per l'igiene e la salubrità di Milano, prima che si scoprisse e si diffondesse l'uso dei trasporti a trazione meccanica. Perchè lo chiamavano « gamba de legn »? Alla denominazione curiosa furono date molte spiegazioni; Renzo Codara, in un articolo comparso sulla rivista "Milano" del 31 maggio 1931, proprio quando si chiudeva melanconicamente l'esercizio della tramvia Milano - Melegnano - Lodi, ne dà una verosimile. “Moltissimi anni or sono, un poveraccio di manovratore veniva travolto durante l'agganciamento di un trenino e riportava lo schiacciamento di una gamba che gli dovette essere amputata. A quell'epoca nessun diritto, nessuna garanzia era concessa ai lavoratori infortunati sicché fu buona grazia per lui se la Società esercente le tramvie lo tenne al suo servizio, dandogli, con involontaria e crudele ironia, l'incarico di far la staffetta ai treni nel loro passaggio per le vie della città.  Il popolo, che sa essere ferocemente satirico, notò il fatto di quel poveraccio che barcollando sul moncone di legno correva avanti al convoglio agitando la bandiera e facendo squillare la trombetta d'allarme, e siccome col suo passo regolava anche la marcia del convoglio, egli fu considerato come l'esatta misura, il vivente simbolo della velocità della tramvia e da ciò il nome di "gamba de legn" dal suo araldo annunciatore.  Da molti anni, però, tale sistema d'avviso e d'allarme era stato abbandonato: il fumigante convoglio non spaventava più nessuno, sicchè lo strombettamento era rimasto un sonoro privilegio per gli abitanti di Melegnano, le cui vie zigzaganti richiedevano ancora tale norma precauzionale ».  Le cautele per proteggere la vita umana non sono mai troppe e la legislazione di allora era stata molto dettagliata al riguardo; attesa la grossa novità di un mezzo meccanico che si muoveva su una strada comune, il Ministro dei Lavori Pubblici, con circolare ai Prefetti del 20 giugno 1879, stabiliva espressamente che i convogli dovessero rallentare od anche fermarsi « Quante volte lo avvicinarsi di un treno, spaventando cavalli ed altri animali, potesse cagionare disordini o qualche disgrazia». Il demone della velocità prende l'uomo ancor più fortemente che altre passioni; così avvenne di quel manovratore (non sulla nostra linea Milano-Lodi!), che trovandosi davanti due poveri vecchietti i quali camminavano tranquillamente fra i binari, non solo li travolse lasciandoli morti sul terreno, ma tirò via diritto fino alla prossima stazione. Al processo ebbe il coraggio ed il candore di dichiarare che lo fece di proposito per evitare, con una brusca frenata, un grosso spavento ai passeggeri che erano a bordo!  Sempre per squisita attenzione in favore dei passeggeri un altro manovratore investì un branco di pecore e ne fece un macello, andando a finire con la sua macchina nel Redefossi nelle vicinanze del passaggio a livello di Rogoredo. Ma se ne spiega tecnicamente, almeno in parte, il motivo; le macchine scelte per questa linea furono quelle della casa Henschel e Sohn di Cassel, le quali avevano un difetto congenito di ballonzolare. Gli stantuffi erano situati sotto la caldaia che perciò veniva ad essere posta troppo in alto; sopra di essa ci stava il serbatoio dell'acqua che arrivava fino al tetto: quanto insomma bastava a far sì che dall'irrazionale centro di gravità, la stabilità della macchina fosse compromessa, ma verso il 1910 vennero introdotte altre locomotive, più pesanti e più moderne. Smantellata la linea Melegnano - Sant'Angelo, nel maggio 1931 si diede mano a demolire la Lodi - Melegnano - Milano, incominciando dalla campagna e venendo verso il capoluogo. Si dice che il quindici di quel mese entrassero per la prima volta sotto le grandi tettoie della nuova stazione di Milano i treni di lavoratori provenienti dal Lodigiano; nella ormai deserta e melanconica stazione della nostra tramvia posta in viale Montenero, una piccola locomotiva apriva le valvole ad un ultimo sibilante prolungato fischio per non muoversi più.
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