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Gian Giacomo Medici
 
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Nato nel 1497, discendente della famiglia dei Medici Nosigia di Milano, detto il Medeghino, morì l'8 novembre 1556. Iniziò la sua carriera come pirata sul lago di Como (il Falco della Rupe) si mise poi al servizio di Carlo V° come generale,combattè per Cosimo I° Medici occupando Siena. Sposò Marzia Orsini, figlia di Luigi Conte di Nola e vedova dal 1537 di Livio Attilio di Bartolommeo d'Alviano. Gian Giacomo Medici occupava paesi, invadeva le valli, percorreva da padrone il lago di Como ed il ramo del lago di Lecco, imponeva tasse, spaventava famiglie e persone, rubava quello che gli era necessario, aveva allestito una flotta assai temibile con un nucleo di soldati pronti a tutto.  A Milano il ducato era stato ridato nelle mani di Francesco Sforza II°, mediante i patti della Pace di Bologna del 23 dicembre 1529 e il Duca si trovò a dover affrontare anche la questione del lago di Como.  I successi di Gian Giacomo si mutarono presto in una serie di disastri: la morte del fratello, Gabriele; la perdita in battaglie di parecchi amici fidati; la progressiva mancanza di soldi; la resistenza delle famiglie potenti del lago; la privazione di nuove armi e munizioni. Ma soprattutto la rinnovellata amicizia del duca con la Spagna e con l’Impero lo metteva in condizioni di estrema inferiorità, e capì che presto sarebbe arrivata la sua rovina totale. A nulla gli poteva valere l’amicizia dell’imperatore Carlo V° e del governatore di Milano Antonio de Leyva il quale gli aveva fatto una concessione regolare di terre attorno al lago di Como, con decreto del 15 aprile 1528.  Gian Giacomo trattò per ottenere una soluzione non svantaggiosa e per liberare i fratelli Giovanni Angelo e Giovanni Battista, che si trovavano ostaggi nel castello di Milano.  Il fiero Gian Giacomo si arrese e per lui furono stabilite queste condizioni: versamento, da parte del duca, di 35.000 scudi; assegnazione di un marchesato che potesse rendere mille scudi ogni anno; collocazione libera dei suoi soldati, armi e bagagli, a spese del duca, mentre gli attrezzi bellici sarebbero stati del duca, tranne il sale e le polveri; concessione dell’amnistia a Gian Giacomo ed ai suoi fratelli e seguaci con la remissione di ogni pena ed il perdono di ogni colpa; abbandono delle fortezze di Lecco e di Musso che erano le sue roccaforti. Queste condizioni furono sottoscritte dal duca, dai commissari degli otto Cantoni svizzeri, dai segretari di Giovanni Angelo Medici, da Marino Caraccioli rappresentante di Carlo V e protonotaio apostolico, da Augusto Ferrerio, vescovo di Vercelli mediatore.  Gli stessi Caraccioli e Ferrerio suggerirono al duca di elevare Melegnano in marchesato e l’11 marzo 1532 il duca Francesco Sforza II° investì Gian Giacomo come marchese di Melegnano.
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