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Teodorico
 
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Teodorico (454-526) nacque in Pannonia (oggi Ungheria Occidentale), figlio di Teodomiro, uno dei re degli Ostrogoti (Goti orientali).  Fu inviato come rappresentante dei goti alla corte bizantina di Costantinopoli dove ha visse per dieci anni.  Non appena rientrato in Pannonia, cominciò la conquista delle terre più vicine compresa la Macedonia.  Egli  guadagnò per questo considerazione e il riconoscimento della qualifica di federato Romano, venne avallato così il suo imperio e possesso di territori dell’impero nella zona Balcanica della quale gli Ostrogoti divennero i garanti.
Questo privilegio Romano aveva lo scopo di contribuire alla civilizzazione di tribù barbare trasformandole in alleate dell’Impero Romano e rafforzando pure il controllo delle zone periferiche dell’impero.  Ma Teodorico, invece di usare il suo potere per consolidare il predominio sulle genti a lui vicine, come doveva essere nei disegni dell’imperatore, preferì attaccare altre terre Romane, pur non ottenendo nessun successo definitivo. Nel 488 l'imperatore Zenone decise di dirigere le energie di Teodorico contro il re germanico Odoacre in Italia che stava dilagando e distruggendo quanto poteva. Teodorico, come patricius di Zenone, condusse gli Ostrogoti con un esercito di 20.000 guerrieri al di là delle alpi. Spezzò la tenace resistenza di Odoacre e lo persuase ad una pace di compromesso; invitò Odoacre e suo figlio ad un banchetto a Ravenna, dove offrì loro cibi succulenti e una volta sazi li uccise di propria mano. La sconfitta di Odoacre volle dire l’inizio del dominio degli Ostrogoti in Italia.  Questo fu un periodo di pace e stabilità per il paese che non sapeva più cosa fosse la pace da lungo tempo.
Teodorico ridusse la corruzione dell’apparato burocratico, eliminò o quasi il brigantaggio e si adoperò per contenere i disagi riconducendoli sotto il controllo della sua autorità.  Riservò ai Goti le funzioni di polizia e dell'esercito, soffocando le loro lamentele con buoni salari, lasciò ai Romani dimostratisi corretti le cariche amministrative e giudiziarie. Due terzi delle terre vennero lasciate ai Romani, un terzo lo distribuì fra i Goti. Riscattò da altri popoli i cittadini romani ridotti in schiavitù li stabilì in Italia e affidò loro delle terre come contadini piccoli proprietari terrieri, bonificò le paludi pontine e le terre così ottenute furono distribuite anch'esse. Teodorico calmierò i prezzi tanto che a Ravenna il costo del cibo calò di un terzo rispetto a prima. Diminuì il personale governativo e ridusse gli stipendi, pose fine ai sussidi statali alla Chiesa e così tenne basse le tasse. L'introito delle tasse bastò comunque a riparare i danni prodotti in Italia dagli invasori, gli rese possibile erigere un modesto palazzo a Ravenna e costruire Sant'Apollinare e San Vitale a Classe di Ravenna. L'economia italiana cominciò a rianimarsi e la vita urbana ricominciò a tornare ad un regime di normalità. L’Italia tornò ad essere, grazie alla pace portata da Teodorico, esportatrice di vettovaglie in tutto l’Impero. Ma, verso la fine del suo regno, alcune sue decisioni politiche poco sagge e degli interventi diplomatici sbagliati cominciarono a minare la sua immagine e a ridurre la sua credibilità presso l’Imperatore.  Pur essendo Ariano era stato generalmente tollerante e tutore del Cristianesimo cattolico degli italiani, ma, quando l’Imperatore d’Oriente Giustiniano iniziò la sua crociata contro l’arianesimo nei territori dell’impero, rivoltandoglisi contro Teodorico per reazione cominciò a osteggiare la Chiesa cattolica nelle sue terre italiane, fino ad arrivare ad una vera e propria persecuzione nei confronti di alcuni. Arrivò negli ultimi anni della sua vita ad azioni quali l’esecuzione di Severino Boezio giustificata comunque dallo stesso Boezio che, per ingenuità, si mise a difendere un amico che aveva cospirato contro il rè arrivando a dire che era così sicuro della sua innocenza da poter dire di essere lui stesso colpevole se lo era l'amico. Teodorico, certo dell'accusa lo fece imprigionare, al processo Boezio e l'amico risultarono coòpevoli e vennero così condannati a morte.
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