Quella volta Bernandino era sicuro di aver trovato un buon lavoro. Tutto
solo, nello scantinato della NASA, l'ente spaziale americano, Bernie stava
pensando che quel lavoro di guardiano notturno era capitato proprio a pennello.
Erano due mesi che si arrabattava disperatamente per rimediare un impiego
decentemente pagato e soprattutto poco impegnativo, e finalmente lo aveva
trovato. Le lunghe notti alla NASA gli parevano come isole di tranquillità
in mezzo all'insulsa e movimentata vita della città. Nell'oscurità,
rotta solamente dal fascio di luce di una vecchia lampada alogena, bernie
sedeva, riflettendo, ascoltando vecchi LP da un vetusto giradischi che
era riuscito a incastrare in un angolo del piccolo tavolo e bevendo dell'ottima
birra, di cui il frigorifero , in quel suo angolo di paradiso venti metri
sottoterra, era sempre e comunque stracolmo. Passavano i giorni e i mesi,
ma il tempo non aveva mai voluto dire nulla per Bernandino. Accadde tutto
durante una fredda serata novembrina, che il vento dal nord aveva reso
ostile, tagliente e cristallina. Bernandino, per la prima volta da che
aveva iniziato a lavorare, ebbe effettivamente qualcosa da fare: un allarme
aveva incominciato a strillare richiamandolo dai suoi sogni nel palazzo
della NASA. Bernandino si riscosse, scattò in piedi e si mise a
correre verso il piano da cui era provenuta la segnalazione.
Il dott. Kramer non aveva mai brillato, in tutta la sua carriera, se
non per una spiccata propensione a credere nell'impossibile e a rincorrere
chimere più o meno improbabili. All'università questa sua
tendenza gli aveva procurato un certo nome, ma inseritosi nell'ambito lavorativo
aveva presto scoperto quanto buon senso e conto in banca pingue fossero
le vere necessità delle
istituzioni economiche che si era trovato a servire, e di certo non era
la persona giusta per dimostrare molto del primo e procurare il secondo.
Così aveva vagato di società in società, cercando
un ambito in cui esprimere la propria esaltata fantasia scientifica. La
NASA lo aveva assunto quando ancora si trovava in un periodo di espansione
a livello di credibilità e successo, e aveva bisogno proprio di
gente in grado di tirare fuori idee nuove e magari improbabili. Poi i tempi
erano cambiati, ma non il dott. Kramer. Nel tempo si era ritagliato un
angolo di assoluta libertà all'interno degli ormai ammuffiti laboratori
NASA, e senza dare troppo nell'occhio, specie a livello di richieste di
costose forniture, era riuscito a mettere in piedi un piccolo progetto
di ricerca, che sui bilanci NASA risultava sotto la voce "Ricerche sul
risparmio energetico". In realtà il dott. Kramer stava lavorando
su qualcosa di molto, molto più incredibile, al punto che nemmeno
Kramer stesso amava pensare più di tanto al fine ultimo che si era
posto: l'antigravità. Le ricerche lo avevano portato a credere che
irrorando un corpo con un fascio iperdenso di gravitoni si sarebbe potuto
instaurare un campo antigravitazionale intorno al corpo stesso, che lo
avrebbe totalmente isolato e lo avrebbe reso neutro rispetto alle influenze
gravitazionali dell'universo. Per mettere a punto il cannone a gravitoni,
che avrebbe irrorato una semplice mela (in onore alla tradizione Newtoniana),
Kramer aveva impegnato tutti i suoi fondi, il suo tempo e aveva anche venduto
all'asta la casa dei suoi genitori, che ora abitavano con lui nel polveroso
pianterreno a pochi metri dalla stazione che aveva trovato disabitato per
misteriosi arcani catastali. Di fatto, quella notte di novembre Kramer
aveva trovato la soluzione a un paio di equazioni differenziali su cui
stava impazzendo da mesi e finalmente si apprestava a sperimentare per
la prima volta nella storia un cannone a gravitoni su una mela.
Continua....