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Il Castello Mediceo (5)
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Però il tempo e i suggerimenti pacificatori di amici intimi della famiglia Medici ottennero la riabilitazione di Agosto. Il fratello pontefice, pur rimanendo proprietario del castello fino alla morte avvenuta il 9 dicembre 1565, lo riconobbe marchese di Marignano dal 20 marzo 1556.  Quando Agosto morì il 19ottobre 1570, il suo cadavere fu sepolto nella chiesa dei Cappuccini dove la moglie Barbara gli eresse una tomba, in Melegnano.  Il suo figlio, Gian Giacomo II°, quando nacque fu una grossa sorpresa per tutti. Si disse che non era figlio vero della moglie di Agosto, Barbara del Maino, ma che fosse un parto supposto per eliminare dalla successione dei beni di Melegnano tutti gli altri parenti e in modo specifico gli Altemps.  Tuttavia Gian Giacomo II°, nato il 2 gennaio 1558, era una realtà viva; e le cose si complicarono quando il fanciullo scomparve dal castello di Melegnano fuggendo - non si seppe bene se di sua volontà. - La scomparsa suscitò un polverone di commenti nell’alta società lombarda. “Un fatto grave” si disse.  Carlo Borromeo, nipote di Barbara, si presentò alla zia per confortarla affermando che il fanciullo si trovava al sicuro; ma la madre Barbara urlò contro Carlo Borromeo con forti invettive accusandolo di essere stato la causa della fuga del figlio con l’aiuto del suo maestro privato, 
GLI EVENTI DEL CASTELLO CON LA FAMIGLIA MEDICI
Nel periodo dei 450 anni del possesso della famiglia Medici avvennero alcune situazioni degne di memoria storica.  Gian Giacomo Medici ebbe, come abbiamo detto, il castello nel 1532 per il quale spese oltre 30.000 scudi in opere edilizie. Inoltre ebbe la riconferma dell’autorizzazione per il mercato del giovedì.  Il suo fratello Agosto - che in alcuni documenti è detto anche Agostino prese possesso del castello al principio del 1556. Egli accolse come ospiti d’onore in castello gli arciduchi Ernesto e Rodolfo Asburgo d’Austria, figli di Massimiliano II° imperatore.  Come abbiamo detto il fratello maggiore Gian Giacomo lo eliminò dalla successione testamentaria sul castello, lasciando erede universale il fratello cardinale Giovanni Angelo futuro papa Pio IV°; e ottenendo dall’imperatore la facoltà di far subentrare al possesso del castello, dopo la morte del fratello cardinale, i nipoti Altemps, cioè i figli della sorella Clara andata in sposa a Volfango Altemps d’Austria.
 un gesuita, il quale avrebbe convinto il fanciullo a scappare dal castello per entrare in un convento.  L’opinione pubblica non si calmò dai commenti fino a quando il fanciullo ricomparve nel castello di Melegnano e non si parlò più di mandarlo in convento per distogliere l’eredità da lui.
La successione era assicurata per il nuovo marchese.  Gian Giacomo ottenne dalle autorità superiori il 30 maggio 1596 la sentenza di non essere obbligato a corrispondere all’erario la tassa detta annata, imposta a tutti coloro che tenevano nello Stato di Milano feudi e redditi a titolo gratuito, mentre il feudo legato al castello di Melegnano doveva ritenersi conferito a titolo oneroso, in contraccambio cioè della cessione di Lecco, Musso e altri paesi del Lario e della Brianza. Egli morì il I° settembre 1599.  Il figlio primogenito Ferdinando, detto Ferrante, nacque nel castello di Melegnano il 25 agosto 1581 ed ebbe come padrino del battesimo Ferdinando, arciduca d’Austria (che divenne imperatore nel 1619 col nome di Ferdinando II°).  La sua madre, Livia Castaldi, che per un po’ di tempo tenne tutta l’amministrazione, prese il possesso del feudo in nome del figlio ricevendo il giuramento dei melegnanesi. Si fece rinnovare dalle autorità superiori l’antico privilegio dell’esenzione delle imposte per il mercato di Melegnano e il Senato di Milano le concesse, l’11 febbraio 1605, la facoltà di fare pubblicare a Melegnano la grida delle armi.  Ferrante non ebbe prole legittima, ma gli nacquero due gemelli (Massimiliano e Teresa) da Barbara Rossi, figlia di Dionigi oste di Melegnano all’osteria dell’Angelo.  Egli abitò sempre in Melegnano nel castello, dove morì l’11 marzo 1638. Fu sepolto nella chiesa di san Giovanni.  Ferrante cedette il possesso del feudo al fratello Giovanni Battista nel 1636, che divenne marchese di Melegnano nel 1638. Giovanni Battista ebbe un carattere piuttosto portato alla malinconia e alla depressione. Morì il 10 maggio 1646 e fu sepolto nel duomo di Milano nella tomba medicea.  Il suo figlio maschio primogenito Giovanni Giacomo Gaspero prese possesso di Melegnano il 12 maggio 1646 con atto notarile rogato nel castello di Melegnano dal notaio Guardetto.  Ottenne il 23 febbraio 1656 il rinnovo del decreto che le entrate fiscali dei marchesi di Marignano godessero l’esenzione da ogni aggravio perchè possedute in corrispettivo della cessione di Lecco e di Musso.  Durante un’invasione del duca di Modena con le truppe francesi nella Bassa Lombardia l'anno 1655, si chiuse nel castello di Melegnano mentre i nemici seminavano distruzione in tutta la zona; fortificò il castello e reclutò tutti i contadini atti alle armi per respingere i nemici se si fossero avvicinati al paese. Ottenne dalle autorità superiori in data 21 agosto 1674 il rinnovo della delibera che manteneva al mercato di Melegnano l'esenzione del pedaggio e da altre tasse. Inoltre dal re di Spagna, Carlo II°, poté avere il rescritto da Madrid il 9 novembre 1677 firmato "Jo el Rey" che gli confermava il privilegio del mercato stesso.  Una delle sorelle, Andronica Maria, sposò il tenente generale delle artiglierie del re di Spagna e poi governatore della città e fortezza di Ferrara, Simone Cornacchioli di Ascoli Piceno, e divenne madre di un illustre prelato, Carlo Cornacchioli, generale dell'Ordine dei Carmelitani, poi vescovo di Bobbio. Rimasta vedova ritornò a Melegnano dove acquistò una casa e vi rimase fino alla morte.  Gli successe il fratello Giuseppe Maria che prese il possesso del feudo, delle giurisdizioni annesse e dei dazi il 25 novembre 1686 con una cerimonia in castello dove si radunarono gli amministratori comunali e i dipendenti incaricati di qualche mansione ufficiale per pronunciare il giuramento di fedeltà. Ebbe contrasti con il Comune di Melegnano che si rifiutava di pagare a lui quelle forme di tributo che erano state sempre versate in relazione al mercato.  Nel 1706 il duca di Savoia, Vittorio Amedeo II°, mentre passavano per Melegnano le truppe degli Austro-Sardi condotti dal principe Eugenio, si trattenne per tre giorni - 27, 28, 29 settembre - nel castello.   Il marchese Giuseppe Maria fu largo e grande nell'ospitalità. Il figlio Carlo Antonio prestò giuramento di fedeltà come marchese di Melegnano all'imperatore austriaco Carlo VI° il 22 dicembre 1712, e il 6 maggio 1713 ricevette il giuramento di fedeltà del capitano pretore, dei dipendenti ufficiali dei feudali e degli amministratori comunali, i quali tutti giurarono anche a nome degli abitanti maggiori di anni quattordici.  Fece il testamento il 19 luglio 1737 presso il notaio Giovanni Antonio Hernandez, chiamando erede universale il nipote Carlo Cosimo, figlio del fratello Gaspare Macario. Morì senza prole il 30 luglio 1737 e fu sepolto nel duomo di Milano nella tomba medicea.  A lui si deve l'aver completata la raccolta dei ritratti di famiglia che venne disposta lungo le pareti della grande galleria del castello di Melegnano, una raccolta che andò distrutta nella massima parte dai Francesi nella irruzione che fecero in castello l'anno 1796.  Carlo Cosimo, nipote di Carlo Antonio, ottenne il riconoscimento della successione nel 1737 mentre percorreva la carriera di avvocato.  Rimasto vedovo si avviò al sacerdozio e celebrò la sua prima messa nella chiesa di san Pietro. Dopo alcune vicende buone e anche deludenti per il suo carattere un po’ bizzarro, si ritirò a vita privata rinunciando a tutto in favore del suo figlio secondogenito Carlo Gaspare il 30 settembre 1761.  A Induno Olona, dove si era ritirato, morì il 10 febbraio 1772 e fu sepolto in quella chiesa parrocchiale.  Prima di essere sacerdote aveva sposato la figlia di un tenente maresciallo austriaco governatore di Lodi, Maria Teresa Anna Barbara Ajanx y Vreta, marchesa di Caparosso, citta della Navarra in Spagna. La madre era la baronessa Maria Barbara Arnoldt di Vienna. Maria Teresa morì a 25 anni, e così il marito seguì la strada sacerdotale. Ebbe due figli: Gian Giacomo e Carlo Gaspare.  Carlo Gaspare succedette al padre nel 1761. Occupò alte cariche pubbliche nell’amministrazione austriaca perchè ben visto dalla corte di Vienna e dal Consiglio di Stato austriaco di Milano.  Nel 1780 il governo austriaco della Lombardia decise di togliere i dazi e altre prerogative annesse ai feudi. Carlo Gaspare fece ricorso a Vienna insistendo nel dire di essere esonerato dalla nazionalizzazione dei dazi e di altri privilegi, perchè l’investitura feudale ai Medici era un caso a se stante e unico nella Lombardia austriaca, dal momento che il duca Francesco Sforza II°, stipulando la pace del 13 febbraio 1532 con Gian Giacomo I°, aveva trattato da potenza a potenza: quindi il feudo di Melegnano doveva essere lasciato in pace e non poteva essere incamerato, proprio perchè dato in cambio del feudo di Musso e Lecco cui era annesso il carattere di sovranità.  Il contenzioso andò avanti per un po’ di tempo. Alla fine Carlo Gaspare, nella considerazione che occupava posti importanti nell’amministrazione austriaca e per il fatto di avere numerosa prole, cedette. Il 30 maggio 1788 lasciò allo Stato i dazi sul pane, sul vino e sulla carne; cedette il diritto di autorizzazione del mercato e del tributo che gli veniva versato a questo titolo dal Comune di Melegnano; cedette pure il diritto della riscossione del plateatico che era pagato dai venditori ambulanti che mettevano le loro bancarelle sulla piazza castello.  A Carlo Gaspare rimasero ancora il possesso del castello di Melegnano con un centinaio di pertiche di terra adiacente al castello, alcuni minori privilegi e il diritto di governo sulla pesca sul Lambro nel tratto dallo scaricatore Addetta al mulino della Bernarda.  Quando i Francesi se ne andarono per tredici mesi dalla Lombardia e rientrarono gli Austriaci, Carlo Gaspare ricostituì la sua pretura feudale, assecondando in ciò anche il desiderio dei consiglieri comunali incaricati per le tasse e dei commercianti di Melegnano.  Fece testamento il 5 settembre 1808 e favorì il suo figlio primogenito Gian Giacomo Carlo Benigno. Mori in Milano il 13 settembre 1808.  Gian Giacomo Carlo Benigno visse nel periodo di passaggio dalla dominazione napoleonica a quella austriaca. L’imperatore d’Austria il 21 novembre 1816 gi conferì l’antica nobiltà con il titolo di marchese di Melegnano che la rivoluzione francese aveva annullato. Morì in Milano il 25 febbraio 1843.  Chi ha scritto la sua storia aggiunge questa osservazione: “Visse in epoca affatto priva del culto per gli antichi monumenti. Ciò non giustifica, ma spiega come Gian Giacomo non si curasse di sottrarre al vandalismo la tomba medicea nei Cappuccini di Melegnano, quando, soppresso il convento, e la chiesa demolita andarono dispersi sepolcro e ceneri; né i Melegnanesi sanno oggi ancora perdonargli l’avere nel 1836 fatta demolire la gigantesca e storica torre di Bernabò Visconti, decoro del feudale castello, e sulla quale cinque secoli non avevano lasciata la menoma impronta”.  Dalla moglie Camilla Virgina Bossi di Milano ebbe quattro figli. Il figlio Carlo Giovanni Giacomo Benigno fu il suo successore.  Carlo Giovanni Giacomo Benigno ebbe la successione con decreto della Corte feudale dell’Imperiale Regio Governo austriaco del 4 marzo 1844.  Morì il 24 giugno 1877 senza lasciare discendenza; gli subentrò il cugino Lorenzo Antonio Gian Giacomo Gabriele.  Lorenzo Antonio Gian Giacomo Gabriele, alla morte del cugino Carlo, gli successe nel titolo di marchese di Melegnano. Sposò Bianca Cavalcabò dei marchesi di Viadana ed ebbe tre figli.  Da Lorenzo nacque Giovanni Giacomo che divenne marchese nel 1892. Poi vi fu il marchese Lorenzo, e per ultimo il marchese dottor Giovanni Giacomo, vivente, il quale condusse le trattative per la cessione del castello alla Provincia di Milano.
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