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Il monumento Ossario |
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Sul
prolungamento della via Vittorio Veneto, prima dell’incrocio con la via
Emilia, sorge il monumento detto Ossario. Esso racchiude, nella base, i
resti mortali dei caduti francesi e austriaci qui rimasti per la battaglia
avvenuta durante la guerra per l’indipendenza italiana l’8 giugno 1859.
Gli ossari di Magenta, di Solferino, di San Martino e di Custoza, luoghi
di battaglie, già da tempo custodivano gli avanzi umani dei combattenti.
A Melegnano non c’era un ossario, mentre i contadini, lavorando i campi
di Melegnano, di tanto in tanto mettevano in luce molti resti umani e li
disperdevano nei fossi e nelle buche. Fu così che alcuni concittadini,
guidati dall’avvocato Angelo Valvassori - Peroni deputato al parlamento
per il nostro collegio elettorale, promossero l’azione per la costruzione
di un ossario anche in Melegnano. La prima idea però era stata
avanzata dall’Amministrazione Comunale già nel 1860, ma non se ne
fece nulla Un comitato cittadino fu costituito pare verso gli anni 80,
ma tutto rimase sulla cara; finalmente un nuovo comitato costituitosi ai
primi anni dcl 1900 passò decisamente all’azione. Si stamparono
giornali e fogli di propaganda. Si cercò il terreno e lo si trovò
nel vecchio cimitero comunale abbandonato: era quel cimitero costruito
fuori le mure cittadine ed eretto nella seconda meta del 1700 e rifatto
nel 1817 in osservanza alle norme austriache di Giuseppe Il e napoleoniche
sui cimiteri. Il 19 giugno 1904 il monumento venne inaugurato tra
un grande concorso di popolo e di autorità ancora nel clima di esaltazione
trionfalistica del Risorgimento Italiano. Erano, del resto, gli anni in
cui il nostro Risorgimento veniva celebrato entro una dimensione mitica
e gloriosa: ancora non erano approdati sul tavolo degli storici gli studi
critici approfonditi sullo stesso Risorgimento, e questo ci aiuta a comprendere
I’estetica stessa del nostro monumento Ossario, il suo contenuto ideale
e il suo significato. Vi è un’ampia gradinata che dà l’accesso
alla minuscola cappella, sotto cui vi sono le ossa Sulla fronte del basamento
corre un fregio in cui sono rappresentati, in bassorilievo, alcuni episodi
della battaglia: la caduta del colonnello Paulz d’Ivoy e l’entrata dei
francesi in castello. Sui lati spiccano due grandi corone con scene della
battaglia che si intrecciano con palmizi e altri fregi marmorei. In alto
la donna con la fiaccola al vento simboleggia la libertà, mentre
l’altra donna chinata ai suoi piedi e con la corona in testa è l’Italia
che venera la libertà Conquistata. Il monumento e’ opera dello scultore
Donato Barcaglia di Pavia (1849-1930): offre l’esempio della fase romantica
e trionfalistica del nostro Risorgimento. Il Barcaglia visse in Lombardia
proprio negli anni più decisivi della politica italiana verso l’unità
e delle battaglie risorgimentali antiaustriache. Frequentava
circoli culturali della sua citta’ pavese ricca di tradizioni dotte e artistiche,
assai vivace nella politica. Ed ancora non bisogna dimenticare che il Barcaglia
fu allievo dello scultore milanese Abbondio Sangiorgio (1798 - 1879) che
era un artista neoclassico, ma che pure seppe aprirsi alle nuove tendenze
della scultura lombarda storica, oltre che alla scultura decorativa francese.
Anche l’allievo, quindi, cioè il Barcaglia, fuse in maniera chiara
la tensione patriottica con le proposte estetiche del suo maestro e dei
suoi tempi. Due aspetti caratterizzano l’Ossario di Melegnano e sono il
massiccio tronco quadrangolare
ed il gruppo delle due donne. Il massiccio di base, come blocco raccolto e severo di pesante massa sassosa, offre l’idea di un’ara sacrale, quasi enorme altare che si erge con linea ricurva per accentuare il senso di elevazione mistico - sacrale: è un'ara che ha rasformato la tomba e che assicura il valore sacrificatorio delle ossa che custodisce. Il gruppo femmineo delle due figure, con il simbolismo molto chiaro -la fiaccola della libertà e la venerazione dell'Italia ritornata regina incoronata - tende ad un'espressività sensuale per evidenziare i sentimenti che esprimono: il filosofo Guglielmo Federico Hegel (1770-1831) sosteneva che l'arte è la forma sensibile dell'idea, in altre parole, guardando il monumento si ha notizia chiara che la libertà è un grosso valore e che l'Italia non ne è più schiava.. |
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