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A pochi metri dalla via Emilia,
tra il verde dei campi e le nuove abitazioni della periferia, quasi lambita
dalle tranquille acque del Lambro, in una zona che anticamente era invidiata
per la pace e dolce romitaggio, sorge, modesta ed austera, la chiesa del
Carmine. La
sua storia, raccolta faticosamente dai documenti monumentali e letterari
si e snodata, ora umile, ora gloriosa attraverso tutti i secoli, dal periodo
carolingio ad oggi, sempre partecipe delle ore liete e dolorose di Melegnano.
La primitiva costruzione della chiesa, forse una semplice cappelletta,
non è più rintracciabile dalla indagine topografica.
Tuttavia sappiamo che nell'anno 836, durante il Sacro Romano Impero, un
ricco personaggio chiamato Unger, abitante in Milano, volle, nel mese di
febbraio, assegnare molti suoi beni per la istituzione di opere pie: i
suoi beni erano distribuiti nella Bassa Milanese e nel Pavese, ai borghi
di Gnignano, Maiano, Carpiano e Melegnano. Il ricco possidente Unger dona
alcuni campi perché nel "borgo di Meloniano venga istituita una
casa del pellegrino dedicata a San Giuseppe e a Maria". Non si tramanda
nulla della vita di questa benefica istituzione. Tuttavia è probabile
che doveva essere fuori delle mura della città, perchè i
cittadini volevano cautelarsi contro ogni contagio e malattia che veniva
diffusa dai viaggiatori; inoltre, una casa del pellegrino, detta anche
foresteria, era quasi sempre istituita accanto ad una chiesa o cappella,
perché, assieme alle cure materiali e corporali, i pellegrini ricevessero
anche quelle spirituali e morali; ma in Melegnano l'unica chiesa o cappella
esistente fuori le mura, a ricordo d'uomo e di documentazione, era l'attuale
chiesa del Carmine. Più tardi, in un periodo non precisabile, forse
dopo il Mille, la nostra chiesa è chiamata "san Bartolomeo fuori
le mura", ed anche "San Bartolomeo in corte", cioè era una chiesa
fuori dal vero abitato cittadino, fuori dal Borgo di Melegnano chiuso nel
circuito delle antiche mura di difesa entro cui troneggiava il castello.
Ed un santo eremita, nel 1210, Gualtiero da Lodi, vi istituisce un piccolo
ospedale per il ricovero degli ammalati. Ad ogni modo, l'opera benefica
dovette essere fiorente per molti anni, se il ricordo si è tramandato
nei secoli. Ma bisogna pur dire che la piccola chiesa era testimone, talvolta
impotente, delle vicende che nell'alto Medioevo accadevano a Melegnano
e nella Bassa Milanese, Anzitutto gli straripamenti del fiume Lambro che
correva disordinatamente negli avvallamenti dei campi, visibili ancora
attraverso il piano irregolare di sedimentazione ai fianchi della odierna
valle fluviale in zona Cimitero, Carmine, Ricovero Vecchi, Cappuccina,
termine di via Cavour e zona Servi. Nell'anno 871 il cronista Andrea
Presbiter ricorda che nella landa tra il lodigiano e il milanese, quindi
nei campi melegnanesi, si lanciarono nubi di cavallette e di locuste che
per diversi giorni completamente indisturbate, a dense torme, quasi novelli
barbari, consumarono i grani ed i frutti dei campi sotto gli occhi dei
contadini. Dall'anno 899 al 900 gli Ungheresi devastano le nostre
belle distese di prati, tornando nuovamente assetati di rapina ed avidi
di grassi raccolti nel 921. Il cronista Regino, loro contemporaneo, scrive
che "essi violano e saccheggiano le chiese, profanano empiamente le sacre
reliquie, bruciano le messi massacrano i maschi, mutilano i fanciulli:
questi Slavi, gente ferocissima e più crudele delle belve, desiderano
solo rapinare, far bottino, uccidere". L'opera cristiana di San Gualtiero
quindi fu una provvidenza durante e dopo periodi di terrore e di stragi.
Il Magistretti in Liber Notitiae sanctorum Mediolani, databile nel 1304,
stampato a Milano nel 1917, riporta, a pagina 234, una notizia che ci può
interessare da vicino, ma la cui interpretazione è ardua: "Nella
pieve di san Giuliano, all'ospedale di Melegnano vi è la chiesa
di santa Maria Maddalena" (In plebe sancti
Iuliani, ad Hospitale Meregnani, ecclesiae sancte Marie Magdalene).
Forse è la nostra chiesa del Carmine, dal momento che l'ospedale
esistente era quello di San Gualtiero; tuttavia non sappiamo nulla sul
motivo della dedicazione a Maria Maddalena. Che la chiesa di santa
Maria Maddalena sia la chiesa attuale del Carmine può dedursi dal
fatto che il culto a santa Maria Maddalena esistette solo nella chiesa
del Carmine: ma più tardi Santa Maria Maddalena del Vangelo fu forse
scambiata in santa Maria Maddalena de' Pazzi, carmelitana. La notizia
di un ospedale dedicato a santa Maria Maddalena è dell'anno 1304. Ma
non sappiamo con precisione gli avvenimenti che prepararono all'entrata
dei frati Carmelitani nel 1393: essi occuparono quel luogo ritirato e pieno
di pace per fondarvi il loro convento, servendosi dell'antica chiesa per
le sacre funzioni, e la posero sotto l'invocazione della Vergine Annunciata.
Pochi anni dopo, il miracolo accaduto ad una fanciulla, che nella caduta
rompe le uova e, invocando la Madonna, le ritrova intatte, come si legge
negli Annali del Carmelo, avrebbe istillato nel popolo la maggior devozione
alla Madonna, E' di questo periodo la prima donazione ai frati di 40 pertiche
di terra vicino alla chiesa, secondo la testimonianza del priore del convento
Gerolamo Del Monte che, nel 1671, compila il Libro campione delle proprietà
del convento del Carmine di Melegnano; questo priore chiama la chiesa del
Carmine con il nome di "Ospitale di santa Maria risana l'ovo". Dal
1393, anno fondamentale per la nostra storia, lo sviluppo sociale ed economico
di Melegnano, in verità molto lento e modestissimo, coinvolge anche
la chiesa del Carmine. Infatti il 9 luglio 1442 questa chiesa cessa di
essere autonoma e viene aggregata con altre per formare la parrocchia di
San Giovanni in Melegnano: la chiesa, dedicata a santa Maria, con l'ospedale
dedicato a santa Maria Maddalena, è ancora chiamata "San Bartolomeo
in corte". Con il passare del tempo i frati costruirono il convento,
con un triplice porticato, ampliarono la chiesa e conservarono nell'abside
l'antica costruzione. Ed aumenta il beneficio dei beni del convento: nel
1524, il giorno 11 luglio, alla Confraternita della Beata Vergine del Carmine,
la famiglia De Capitani di Landriano lascia, per testamento, una somma
di denaro per assicurare un ufficio funebre annuale ed una messa settimanale
in perpetuo. Già nel 1579 nel convento vi abitavano cinque
frati che celebravano messa ogni mattino e due frati laici per la direzione
della sacristia e del convento: il convento però era stato costruito
perchè potesse ospitare bon quindici frati. Nei 1588 viene
firmata una convenzione tra il Priore del convento e Gabriele De Martini
con la quale si rinuncia ad una lite relativa al possesso di un pezzo di
terra di 16 pertiche al Costigè, con l'obbligo reciproco di stabilire
la divisione per mezzo di un amico comune; ed ancora il giorno 11 maggio
1591 i padri Carmelitani acquistano duo pertiche di terra nel territorio
di Vizzolo. Però la proprietà e l'amministrazione dei beni
non erano senza preoccupazioni e affanni: nel 1592 dove intervenire
perfino il papa Clemente VIII° che dà disposizioni al parroco
di Melegnano per dirimere una lite tra i "padri del convento dell'Annunciazione
della Beata Maria, della terra di' Meregnano, dell'Ordine dei frati della
medesima Maria del Monte Carmelo, della Diocesi di Milano" ed i membri
della famiglia Bondioli. Il patrimonio immobiliare aumenta sempre
più: il 31 luglio 1629 il melegnanese Fernando Bussori lascia per
testamento ai padri del Carmine una casa con orto di 7 pertiche, poste
a fianco della chiesa del Carmine, con peso annuo di un canone da versarsi
al provosto ed ai canonici curati della chiesa di San Giovanni. Ed
in due secoli, i frati del Carmine si videro proprietari di una ricchezza
terriera non indifferente: i campi erano lavorati dai contadini che dipendevano
direttamente dal convento; erano allevati animali da cortile; ed i prodotti
alimentavano il mercato agricolo di Melegnano e Milano; abbiamo però
anche notizia di terreni dati in affitto. La principale occupazione
dei frati era la chiesa e l'amministrazione dei sacramenti nella cura delle
anime con la predicazione anche nei dintorni. Nel 1600 i frati da cinque,
divennero sei e poi sette: essi ottennero dal papa Alessandro VII°,
nel 1660, con lettera su pergamena, il beneficio dell'altare privilegiato,
per sette anni; non risulta se dopo tale periodo il privilegio sia stato
ancora richiesto. Continua sempre la buona condizione economica:
il 3 luglio 1645 viene acquistata una casa in centro a Melegnano, e un
altro terreno di 12 pertiche vicino allo stesso convento; il 1° luglio
1665 si contratta e si compera un terreno di 7 pertiche, chiamato il Vignolo,
a fianco ancora del convento, con l'aiuto dei Fabbricieri della chiesa
di San Giovanni che riscattano il terreno dal canone annuo
di lire otto. E questa proprietà permette ai frati di concedere
un mutuo ad una certa Vittoria Del Monte di mille fiorini. Il peso
amministrativo dunque divenne sensibile ed occorreva una revisione o almeno
una precisa amministrazione: ed essa venne attuata nel 1671 dal priore
Gerolamo Del Monto che compila il "libro campione" di tutti i beni del
convento: il citato priore non immaginava che cento anni dopo la sua fatica
ed i suoi beni sarebbero stati confiscati da mani estranee. E nell'anno
seguente, il 1672, ancora viene acquistato un terreno di 20 pertiche al
Ponte di Milano. Nella lunga permanenza in convento i padri si meritarono
la stima e l'affetto dei melegnanesi che li onoravano con protezione e
benefici. Ed anche molti melegnanesi illustrarono l'Ordine Carmelitano:
Carlo Caraccioli figlio del tenente generale Andrea e di Andronica De Medici,
che fu uomo di vasta cultura e salì per tutti i gradi dell'Ordine
e venne consacrato vescovo di Bobbio, ed il suo ritratto si conserva nella
sacristia parrocchiale; Carlo Cornegliano e Giovanni Spernazzatì,
che furono padri Provinciali dell'Ordine. E nel secolo 1700 le donazioni
continuano: il 3 marzo del 1710 Gerolamo Spernazzati dona al convento un
orto di una pertica vicino alla piazza della chiesa prima in possesso di
Giuseppe Montorfano. I padri del Carmine erano dunque tenuti in alta
considerazione: la chiesa era ufficiata regolarmente; i sacramenti distribuiti
in abbondanza e la partecipazione dei melegnanesi era notevolissima; non
solo da parte dei poveri, ma anche dei benestanti, alcuni dei quali vollero
essere sepolti in chiesa, come fu di un certo Ambrogio Corneliani nel 1722.
Essi erano anche invitati alle funzioni in parrocchia e partecipavano della
vita della chiesa di san Giovanni: una volta, nel 1725, inviano perfino
una protesta allo stesso parroco della chiesa di San Giovanni per differente
trattamento in un funerale. E' in questo secolo, il 1700, in cui
si sviluppano le pratiche di pietà rimaste ancora fino ai nostri
giorni: novene; feste ai santi dell'ordine Carmelitano; tridui di predicazione;
particolari celebrazioni liturgiche. Melegnano era in continuo aumento,
ed i bisogni spirituali erano ancor più richiesti. Messe cantate,
benedizioni eucaristiche, uffici funebri, processioni, recita in coro del
breviario, lavoro e spiegazione del catechismo: queste le benemerenze dei
nostri frati, anche se il solito peso dell'amministrazione dei beni poteva
insinuarsi nel loro impegno spirituale: il 1° aprile 1716 viene preso
in affitto per 35 anni un pezzo di terra di 8 pertiche al Costigé,
l'11 settembre 1744 sono acquistate 68 pertiche di terra detta la vigna
di San Francesco, più altre 60 pertiche di un terreno denominato
La Brasca, e nel 1751 il convento acquista un prato denominato il Prato
del restello, dai Montorfani, di 12 pertiche. Il sano e robusto
patrimonio immobiliare, che ormai diventava ampio, può permettere
al convento di concedere ulteriori prestiti di forti somme. Le continue
lotte, i transiti militari e la permanenza di truppa, portarono un forte
peso al bilancio comunale. I promessi aiuti governativi non arrivavano
mai, ed il Comune si vide costretto a chiedere prestiti per far fronte
alle spese: il convento del Carmine concede, nel 1762 lire 3000 al 3% e
lire 3000 al 4,10%, in prestito chiesto dai Sindaci della Comunità
di Melegnano. E due anni più tardi, nel 1764 il priore dei
frati, Alessandro Granata, può concedere una sovvenzione di 400
zecchini gigliati fiorentini, all'interesse del 4%, alla famiglia Montorfani
che versava in difficoltà economiche. Ed è sempre in
aumento il culto alla Vergine: nel 1771 il 28 giugno, il padre Alberto
Maria Ercolini, procuratore nella Curia Romana e Commissario Generale dei
frati di tutto l'Ordine Carmelitano, concede al parroco don Giovanni Candia,
Prevosto della chiesa di San Giovanni, di imporre l'abitino del Carmelo
e di sottodelegare altri sacerdoti o frati. Ma il fervore religioso
ed il possesso dei beni dei frati vengono a crudo contatto con la realtà
politica nuova. All'inizio del 1700, Vienna si sostituisce alla Spagna
in lombardia, legandola agli interessi austriaci fino al 1796, quando l'esercito
francese entra in Lombardia: avviene in questo periodo la soppressione
del convento e la cacciata dei frati. L'imperatrice austriaca Maria
Teresa, dopo la morte del marito Francesco Stefano di Lorena, assume come
aiutante di reggenza il figlio Giuseppe II°. I provvedimenti
di natura ecclesiastica presi dallo zelo riformatore del figlio e del cancelliere
Kaunitz si spingono oltre i limiti puramente politici. Con il pretesto
di provvedere a molti piccoli conventi o comunità sparsi nelle campagne
e nelle città, mancanti di un numero sufficiente di religiosi le
cui proprietà non bastavano alla loro conservazione, con un Rescritto
del 20 marzo 1769, si manomisero i beni di tanti asili di pace e di beneficenza:
chiese spogliate di molti arredi preziosi; disperse tante opere d'arte;
scacciati gli abitatori dei conventi; distribuiti gli oggetti di culto.
Il convento dei Carmelitani di Melegnano non stentava la vita perchè
era proprietario di terre e possedeva molti legati di beneficenza che costituivano
la Pia Opera di Misericordia per i vivi e per i morti. Si tenta di non
far incamerare i beni immobili e di salvare il patrimonio dei nostri frati
melegnanesi con qualunque mezzo; non bisognava lasciare nulla di intentato,
ma cercare una via per salvare il frutto e la ricchezza accumulata ed amministrata
in tre secoli. Per la sistemazione dei beni del convento del Carmine
il prevosto di Melegnano, don Giovanni Candia, melegnanese di nascita,
ottiene di essere nominato Regio Subeconomo Delegato dal governo austriaco,
e studia, d'accordo con il cardinale arcivescovo di Milano, Pozzobonelli,
un piano per la miglior sistemazione di ogni cosa. Nonostante difficoltà
di ogni genere, i rischi di natura finanziaria, i continui controlli governativi
che per un momento sembravano tutto far crollare, viene approvato il piano
proposto con un editto imperiale austriaco, firmato da Francesco Antonio
Lugano Cancelliere Generale del Regio Ufficio dell'Economato Austriaco
Ed ecco il testo dell'editto: "Essendosi degnata
Sua Maestà con Imperiale Reale Dispaccio del 31 maggio 1770 approvare
ed ordinare l'esecuzione del Piano proposto da questo Eminentissimo e Reverendissimo
Cardinale Arcivescovo per la soppressione del piccolo convento di Santa
Maria dei Carmelitani della Provincia di Lombardia nel Borgo di Melegnano,
ed erezione di un Luogo Pio di Carità nello stesso Borgo, mediante
l'unione dei beni del detto piccolo convento; del Legato istituito dal
fu Pietro Gallina; e dell'ospitale de' Pellegrini del Borgo suddetto cogli
obblighi al detto Luogo Pio, come abbasso. Si avvisa perciò
qualunque persona, che aspira alla compra de' Mobili soltanto profani del
detto convento a comparire il giorno di Mercoledì, che sarà
alli diecinove del futuro mese di giugno, e successivi giorni alle ore
dodici della mattina, e ventuna del dopo pranzo nei detto soppresso convento,
mentre ivi alla presenza del m. r. sig. Giovanni Candia Preposto di Melegnano
e Regio Sostituto all'infrascritto Cancelliere del Regio Economato si apriranno
gli incanti per la vendita di detti mobili descritti nell'inventario firmato
dal suddelegato di questo Eminentissimo e Reverendissimo Signor Cardinale
Arcivescovo, e dal Padre Procuratore di detto soppresso convento.
La sagra supellettile poi, parte si lascerà alla chiesa del detto
soppresso convento per il necessario servizio divino, ed il restante si
distribuirà secondo verrà disposto dall'Eminentissimo Sig.
Cardinale Arcivescovo. Similmente si avvisa qualunque persona laica,
che aspira alla compra degli infrascritti Beni stabili spettanti alli detti
soppressi conventi ed OspitaLe de' Pellegrini da vendersi unitamente, o
separatamente, qualmente dentro il termine di giorni quindici dall'infrascritta
Data debba fare in iscritto la sua oblazione, in tanti gigliati di giusto
peso, e colle opportune cauzioni, o nelle mani del detto Notaro Cancelliere
abitante in P.N.P.S. Andrea alla Pusterla Nuova di Milano, o in quelle
del Sig. Antonio Buttafava abitante nel Borgo di Melegnano: passato il
qual termine s'avvisa qualunque persona come sopra a comparire il giorno
di venerdì, che sarà alli ventuno del detto mese di giugno
alle ore tredici della mattina, e vent'una del dopo pranzo, e successivi
giorni nella Casa Prepositurale del detto Borgo di Melegnano; mentre ivi
in detti giorni ed ore alla presenza e coll'intervento come sopra si aprirà
l'Asta per la deliberazione di detti Fondi a chi avrà fatta miglior
obtazione, se così parerà, e piacerà; cosicchè
il presente affisso a' luoghi soliti servirà d'avviso tanto per
le Obblazioni che per le deliberazioni suddette. Alla vendita de'
suddetti stabili potranno intervenire il predetto Suddelegato della Curia
Arcivescrn,ile, ed un Delegato della detta Confraternita de' Santi Pietro
e Biaggio per tutti quegli utili suggerimenti che si troveranno al caso.
Col prezzo che si ricaverà dalle vendite de' Mobili e Stabili del
detto soppresso convento si pagheranno li debiti al medesimo incombenti
ed il restante s'invertirà su Monte Camerale di Santa Teresa, o
in altro de' modi permessi dalla Reale Prammatica d'Ammortizzazione, e
l'annuo frutto, unitamente alle altre rendite del detto soppresso convento,
si convertirà nelle seguenti cause, e cioè:
Annue lire 1109 per limosina di tante messe, uffici e loro manutenzione, che erano a carico del detto soppresso convento da celebrarsi parte nella chiesa del detto soppresso convento, e parte da trasferirsi nell'Oratorio di Santa Brigida in Brera membro della Prepositura di Melegnano per comodo di quegli abitanti. Annue lire I8 alli Padri Minori Osservanti di S. Francesco di Melegnano in adempimento del Pio Legato Tenca. Annue lire 100 per Livello al Padre Antonio Maria Rosalini figlio del detto soppresso convento vita sua naturale durante, come da obbligazione assunta dal detto soppresso convento per Istromento 21 marzo 1764, rogato dal Notaro di Milano Antonio Bonomi. Finalmente si pagheranno le vitalizie pensioni a' Religiosi, che stanziavano nel detto convento in ragione di lire 300 per cadauno, quando vi sia luogo, in difetto a rata del ricavo col jus accrescendi sino a detta somma. Il frutto poi del capitale, che si ritraerà dalla vendita de' Fondi spettanti al detto soppresso Ospitale de' Pellegrini da investirsi come sopra; le altre annue rendite del medesimo, dedotte annue lire 22 per limosina di Messe incombenti al detto Ospitale; e la somma che, adempiuti li pesi come sopra spettanti al detto soppresso convento, potrà avanzare, si convertiranno in erigere di presente il detto Luogo Pio di Carità in Melegnano, al qual Luogo Pio si accolleranno ancora il Pio lascito del fu Pietro Gallina, e le dette Pensioni vitalizie al cessare che faranno di mano in mano colla morte dei prelati Religiosi. Di più si consegneranno al detto compratore, o compratori tutte le scritture, che si ritroveranno nel detto soppresso convento ed Ospitale, e che potranno servire alla difesa di quanto si venderà come sopra. Dat. in Milano li 29 Maggio 1771". I fondi in vendita, cioè i beni del soppresso convento di santa Maria del Carmine, assommavano a pertiche 259,5 complessivamente. Nei beni da vendersi erano stati compresi il caseggiato del convento e i due giardini annessi circondati con muro; erano stati esclusi la chiesa e le stanze del suo soffitto, le due sagrestie annesse alla medesima, e il piazzale davanti alla chiesa. Attuata la sistemazione delle proprietà a norma del piano approvato, venne steso l'Istromento di erozione del Luogo Pio di Carità, con rogito del 18 febbraio 1775 del notaio Francesco Maria Lugano. Fu nominato il Candia amministratore del Luogo Pio. Alla soppressione del convento vi erano sette frati. Nel 1821 vi erano ancora i padri Carlo Antonio Grancini Giovanni Terzaghi e Francesco Alemanni; quest'ultimo rimasto come assistente della chiesa e della confraternita del Carmine morì nel 1830. La proprietà del convento ed adiacenze fu acquistata dai Conti Annoni di Milano, poi passò alla Casa Cicogna, ed in seguito alla famiglia del ragionier Angelo Castelfranchi. La famiglia Menicatti fu per oltre un secolo custode della chiesa e fiduciaria delle famiglie proprietarie. Nella serie dei sacristi della chiesa, per diversi anni dopo il 1919, ci fu anche la famiglia di Cesare Beccaria, (nonno dell'autore di queste note Don Cesare Amelli). Scacciati i pacifici ed esemplari ministri del Carmine, nonostante le cure dei custodi laici successivi, la chiesa, per le continue profanazioni, divenne cadente e trascurata nei lavori di manutenzione: usata talvolta come deposito di materiale bellico, alloggio per truppe, teatro di mille profanazioni. Cessò l'attività della Confraternita del Carmine che era molto fiorente e che radunava tanti melegnanesi attorno al culto della Vergine. Si tolse dal tabernacolo il Santissimo Sacramento, e di anno in anno gli antichi affreschi del 1400 e del 1500 scomparvero sotto le tinteggiature di calce usata per le disinfezioni: l'antica chiesa, ricca di tradizione, di grazia, di beni, di storia, ora piangeva al cielo la sua desolazione; nel presbiterio non più le solenni cerimonie, nella navata non più masse di popolo orante, nel coro non più il salmodiare dei frati. Ma le radici del bene compiuto e della tradizione cristiana erano profonde al Carmine: si era seminato per tre secoli, e il frutto doveva necessariamente maturare. L'amore per la chiesa del Carmine spinse i melegnanesi ad aggiungere nel 1836 una terza campana come ex voto per lo scampato colera. E pochi anni più tardi, nel 1868, si istituisce l'Associazione della Dottrina Cristiana, con un priore, un cassiere, due revisori, e centinaia di soci, tanto del paese quanto dei dintorni, Rocca, Rampina, Santa Brera, Costigè, Cappuccina. Questa associazione teneva lezioni di catechismo tutte le domeniche, pagava ogni anno le spese necessarie per tenere in piedi almeno i muri della chiesa, offriva le suppellettili necessarie: i quattro busti argentati dei vescovi milanesi Ambrogio, Carlo, Galdino, Barnaba; candelieri e lampade, le intere bussole alla porta, raccolta di fondi per il restauro architettonico. Il canonico Saresani parla a lungo di questa benefica istituzione. Ancora oggi alla quarta domenica del mese di luglio si celebra la festa della Madonna del Carmine, ed anticamente era l'unica processione con quella del Corpus Domini. La festa attirava immensa folla per le funzioni e le messe che furono fino a trenta nel medesimo giorno. La processione risultava un trionfo e tutto il paese con i dintorni e le loro Scuole religiose partecipavano con vivo interesse. La Madonna benedicente passava nelle vie e nei campi a benedire e a consolare: e se la fede a Melegnano ancora non si è spenta, nonostante che sia stata messa a dura prova, dobbiamo essere grati anche alla Madonna del Carmine e alle sue feste. Naturalmente l'accorrere di gente stimolavà i soliti ambulanti, le chiassoso giostre e i baracconi da fiera: ma la preoccupazione religiosa, qui, a differenza della Festa del Perdono, aveva il netto sopravvento. Talvolta non si poteva celebrare con tutta la solennità e lo sfarzo la festa; lo impedivano misure igieniche contro epidemie, come nel 1883; talora l'inclemenza del tempo che infieriva con forti temporali; talora invece gli attriti tra l'intemperanza del popolino ed il clero locale. Sotto il portatile dorato, sostenuto dai portatori del Carmine, passava la Madonna del Carmelo, vestita di raso bianco con corona d'argento, il bambino in braccio, ornata di ori e di argenti. Le vie e le soglie delle case si ornavano a lieta festa; i davanzali rifiorivano di rose e gigli e pulsavano di lumini e candele miniate; le finestre ricamate di verde; lunghe distese di lenzuola candidissime riabbellivano i muri; tappeti sulla strada; archi trionfali e festoni di rami verdeggianti; ed iscrizioni alla Vergine, come la seguente tramandataci dal Saresani: "Esulta, popolo di Melegnano, la Vergine del Carmelo viene a visitarti. Maria, i tuoi occhi pietosi rivolgi a noi, al sommo gerarca Leone XIII°, alla Chiesa tutta, volgili pietosi all'Italia (era l'anno 1886) al Re nostro (era re Umberto I°), dissipa tu le discordie e civili sommosse, i nemici della Chiesa e di Dio, e feconda questa terra di uomini che onorino la Patria terrestre e siano degni della celeste" (in Saresani, op. cit., p. 262). Ma nel 1868 si radunano alcuni volonterosi per studiare il restauro che era impellente: la chiesa cadeva da tutti i lati; e il crollo improvviso del tetto il 21 maggio 1872 diede la decisione ai lavori e la chiesa divenne meno brutta e più accogliente. Però vennero coperti con calce altri affreschi e decorazioni che oggi è impossibile ricuperare. Nel 1895 viene istituita la pratica delle Quarant'Ore durante il periodo natalizio; e nel 1912 si inaugurò la statua. della Madonna eseguita dalla ditta Nardini di Milano. La chiesa possedeva anche un organo del 1500 che non era pregevole per il suono, ma per la forma e il materiale usato nella costruzione; la sua particolarità era quella di avere la tastiera primitiva, senza i bemolle ed i diesis: era cioè un pezzo archeologico molto raro. Già dicemmo che nei tempi passati le spese del culto erano affrontate dalla Confraternita del Carmine, dalla Società della Dottrina Cristiana e da una larga messe di benefattori che qui vogliamo ricordare: Bertuzzi Rosa, Buttafava don Andrea, Buttafava don Antonio, Ciceri don Francesco Antonio prevosto, Cremonesi Baldassare, Fondrini Giacomo, Frassi Isabella, Gallina Pietro, Lapis don Giovanni, Lapis Giuseppe, Maiocchi don Giuseppe e fratello Gerolamo, Martinenghi Sebastiano, Melli Carlo, Messa Giuseppe, Restelli contessa Schiaffinati, Saresani don Ferdinando, Securi canonico Giovanni Battista, Senna dott. Felice, Sesti Giovanni, Spernazzati Antonio, Visconti canonico Alessandro. Fu concesso il privilegio dell'Indulgenza Plenaria nella festa dell'Annunciazione di Maria il 25 marzo. Si celebravano feste particolari: il 15 gennaio san Mauro abate, il 5 febbraio Sant'Agata, il primo mercoledì di marzo in onore a San Giuseppe, il 19 marzo in onore a San Giuseppe, il 25 marzo festa dell'Annunciazione, 30 maggio santa Maria Maddalena de' Pazzi, 13 giugno sant'Antonio da Padova, 16 luglio Madonna del Carmine, 19 luglio inizio novena della festa del Carmine, quarta domenica di luglio festa patronale, lunedì successivo festa di santa Teresina, 15 ottobre santa Teresa carmelitana, 2 novembre inizio ottava dei Morti, 12 novembre san Diego, 25 dicembre esposizione delle 40 ore, 31 dicembre Te Deum solenne. Attualmente la chiesa è sempre linda e pulita, confortante esempio di cura amorosa e decoro degno di un tempio di Dio: l'amministrazione e le riparazioni sono dirette dal parroco mons. Arturo Giovenzana, e il candore della pulizia è tenuto dal sacrista, e con una passione ammirevole ed esemplare dal concittadino signor Antonio Cremonesi. La tranquilla solitudine, il dolce isolamento dell'eremitaggio del Carmine, l'ambiente riposante e risanatore dello spirito e del corpo, ilmistico angolo che la nostra storia aveva creato, ora però sono definitivamente scomparsi. Costruzioni moderne ed imponenti sono sorte e continuano a sorgere: il paese si avanza con la sua vita pulsante di esigenze e di progresso; il rione antico vede accanto a sè altri tre nuovi massicci rioni la zona dell'Ossario, la zona oltre la via Emilia, la zona tra il Ricovero Vecchi e il Lambro: è la vita che continua la sua strada è l'eterna giovinezza che si rinnova nel cammino dei secoli. |
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