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Ritrovamenti Archeologici 2
articolo da Il Cittadino del 16-03-1999
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La Piana dei Giganti nasconde un tesoro di reperti archeologici. Vasi, monete, monili e frammenti dei più svariati materiali, risalenti a un arco plurimillenario di storia, giacciono sepolti sotto il grande spiazzo che separa l'antico borgo di Zivido dall'area dei centri commerciali lungo la via Emilia. Qui, dove le ruspe sono al lavoro per la realizzazione di un ampio piano di lottizzazione residenziale, gli improvvisati archeologi dell'Associazione culturale Zivido hanno effettuato alcune interessanti scoperte, setacciando i cumuli di terra estratti nei cantieri per consentire la posa delle fondamenta. «Ci siamo messi a vagliare il terreno rimosso - spiega Silvano Codega, socio fra i più attivi del sodalizio culturale fondato da Pierino Esposti - e ci siamo imbattuti in alcuni frammenti interessanti di vasi e altri oggetti del genere. Particolarmente interessanti sono i resti, ben conservati, di due patere in terracotta, dei vasétti bassi che venivano collocati nelle sepolture e che probabilmente risalgono a epoca romana. Noi non siamo specialisti e ci piacerebbe che qualcuno valutasse tali reperti, per assegnargli una data più certa e attribuirgli il giusto valore. Siamo inoltre convinti che l'intera zona nasconda questo genere di tesori e contiamo di poter effettuare analoghi setacciamenti sul terreno rimosso dal nuovo cantiere che ha aperto nella vicina frazione di Carpianello». E in effetti precedenti rilievi condotti sul territorio circostante hanno consentito di riportare alla luce oggetti di grande interesse, che coprono un arco storico che va dall'epoca tardoromana al Rinascìmento, passando per tutta la lunga parentesi medioevale. Ricco si è dimostrato soprattutto il terreno sottostante al castello dei Brivio, in via Corridoni, oggi adibito a scuola materna. Nelle cantine, una volta liberate dalla terra con cui erano state chiuse, sono stati rinvenuti reperti di varia natura: monete, un ciondolo in pietra e osso, monili, puntali d'anfora e frammenti di vasi diversi. «Quella terra - spiega Codega - proveniva quasi
certamente da sbancamenti effettuati in alcuni campi della zona e si è rivelata assai prodiga di sorprese. L'ultima di queste è stata il rinvenimento di un frammento a forma triangolare, presumibilmente parte di un'anfora, che reca sulla cornice una scritta in latino, purtroppo leggibile solo in parte e riferita a una non ben specificata 'figlia di Dio. Belli anche gli esemplari di monete, fra cui una trillina di Carlo V° un denaro tornese del XII secolo, un sesino del XVII° secolo e un quattrino settecentesco. Qui basta scavare per trovare qualcosa!». 
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Reperti archeologici della zona di Zivido

Vaso di terracotta in ottimo stato di conservazione.


Frammento di vaso con scritta indecifrabile


Puntale d'anfora da trasporto (marino o fluviale).


Monile di bronzo composto da quattro elementi distinti: una striscia di metallo ripiegata a gancio o molletta; un anello con peduncolo che unisce la parte superiore con quella inferiore; due semisfere fra loro unite che inglobano il peduncolo dell'anello. Una semisfera presenta un globetto da cui si dipartono otto raggi al culmine dei quali altrettanti globi.  Sull'oggetto si trovano varie  incrostazioni e si nota un appiattimento accentuato delle semisfere.  E' stato recuperato nella terra che riempiva una delle cantine del castello di Zivido e che proveniva da uno sbancamento effettuato presumibilmente in un campo sito nei  pressi non è identificabile sia l'epoca che la provenienza oltre all'effettivo utilizzo. Il monile comunque denota finezza di esecuzione.

Busto di donna in terracotta con viso parzialmente danneggiato il che non impedisce di osservare la finezza dei lineamenti. Il capo, leggermente rivolto a sinistra, è coperto da un velo . Il busto è completo, non mancante del corpo, infatti la base e la spalla sinistra sono marcatamente piatte quasi ad indicare la collocazione in un luogo preciso ad angolo retto.  In buono stato di conservazione.  Recuperato nella terra proveniente dallo scavo della semidistrutta "Casa del Bergognone".
Puntale d'anfora Africana d'argilla color arancio chiaro con rari vacuoli ed impasto a strati alterni grigi e arancio, ingiubbiatura beige-rosata. Si tratta di un corto puntale pieno con terminazione ingrossata nella parte mediana e desinente "a bottone".   E' stato recuperato nella terra che riempiva una delle cantine del castello di Zivido e che  proveniva da uno sbancamento effettuato presumibilmente in un campo sito nei pressi.  Il puntale è, presumibilmente, pertinente ad un'anfora dal corpo cilindrico molto allungato denominata "africana grande" o "africana II". Di produzione africana, che veniva utilizzata per il trasporto soprattutto di olio dall'Africa proconsolare e dalla Byzacena e sembra apparire sui mercati italici dalla metà del III sec. d.C. e perdurare fino al IV secolo. Questo tipo di anfora è certo tra le forme più rappresentate della media e tarda età imperiale e ne è attestato l'uso anche in ambito funerario: non si può non sottolineare come anche in questo caso la tipologia del puntale sia in realtà come anche alle anfore cosiddette cilindriche di grandi dimensioni, diffuse dalla metà del V al VI-VII secolo. Si tratta, comunque, di anfore da olio generosamente prodotte nell'Africa settentrionale.
Puntale d'anfora Dressel 6 B (terminazione di contenitore anforario conformata "a bottone)in argilla color arancio chiaro, ad impasto compatto ricomposto da frammenti recuperato nella terra che riempiva una delle cantine del castello di Zivido e che proveniva da uno sbancamento effettuato presumibilmente in un campo sito nei pressi L'esiguità del reperto non consente di accertare in maniera inequivocabile se si tratti, come più probabile, di anfora olearia denominata  Dressel 6B di produzione istriana e diffusissima in Cisalpina, o di anfora    cosiddetta ovoidale-adriatica di produzione picena, simile alla precedente e pressochè contemporanea ad essa, essendo comparsa fra il 50 ed il 30 a.C.
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