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La fine dei francesi
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  Melegnano ancora al centro della lotta
La battaglia dei giganti non portò la lunga pace. Soltanto quattro anni dopo, nel 1519, la morte di Massimiliano d’Austria, imperatore del Sacro Romano Impero, riapriva violentemente i campi di battaglia tra Francia e Spagna. Non era soltanto il titolo di imperatore del Sacro Romano Impero ad attrarre le cupide attenzioni dei principi: l’importanza risultava dal potere che l’imperatore aveva di infeudare tante regioni extragermaniche come se fossero sue, e quindi di esercitare un effettivo dominio e un assoluto diritto, con il considerare sudditi i veri regnanti di ogni regione o città.  Alla corona dell’impero miravano principalmente Francesco I, il vincitore di Marignano, e Carlo di Spagna già principe di Germania, forte per l’oro spagnolo e considerato una sicura difesa contro i Turchi che stavano invadendo l’Europa. Il 29 giugno 1519 Carlo fu eletto e riconosciuto nuovo imperatore con il nome di Carlo V. Spagna e Impero erano ormai una stessa cosa. La Francia subì una dura sconfitta diplomatica. Scoppiò di nuovo la guerra e Melegnano fu ancora una volta al centro del tragico dramma tra le due superpotenze.  Carlo V elesse comandante supremo in Italia il condottiero Prospero Colonna il quale marciò su Milano nel novembre 1521, ma le nebbie e le persistenti piogge lo costrinsero a fermarsi a Melegnano.  Il 19 novembre i Francesi con il loro comandante Odet di Foix, conte di Lautrec, abbandonarono Milano. Nella metropoli lombarda, occupata dagli spagnoli, si insediò il comandante Antonio de Leyva, un veterano di guerre ed un abile generale. La sua zona di passaggio era la direttiva Pavia, Vidigulfo, Melegnano, Milano. In Milano era stato rimesso al suo posto Francesco Sforza Il, figlio di Ludovico il Moro.
Passaggi e soste di truppe
Ma i Francesi non si davano per vinti. Sul finire del 1523 un nuovo esercito venne dalla Francia in Italia per rioccupare Milano.  Grossi contingenti passarono da Melegnano, espugnarono il nostro castello ed occuparono Lodi.  L’impresa riuscì e Milano fu nuovamente nelle mani dei Francesi.  La durata del dominio francese fu per poco: gli imperiali e gli spagnoli ripresero parecchie fortezze. Ferdinando d’Avalos, marchese di Pescara e generale di Carlo V, affrontò il presidio francese di Melegnano e lo vinse, riuscendo a portarsi fino a Lodi. Era con lui anche il famoso Giovanni delle Bande nere.  Francesco I, approfittando dell’amicizia del duca di Savoia, attraversò le Alpi con un nuovo grosso esercito ed il 26 ottobre 1524 entrò senza contrasti in Milano. Il duca e gli spagnoli si erano fortificati in Pavia come loro estremo baluardo. Era evidente che lo scontro sarebbe avvenuto sotto le mura di Pavia.  Intanto il 25 gennaio 1525 il marchese di Pescara con le truppe spagnole in numero di ventimila transitava da Melegnano per portarsi sul Pavese. Ugualmente fecero altri capitani spagnoli, come il duca di Borbone, che si avvicinarono al campo di battaglia, fermandosi prima a Melegnano con le loro truppe in numero di 67 mila. A Pavia avvenne lo scontro decisivo: l’esercito francese fu battuto; il re Francesco I che disse “tutto È perduto tranne l’onore e la vita” fu fatto prigioniero e portato in Spagna nelle prigioni. La Francia sentì la grave vergogna della sconfitta: pagò un prezzo altissimo, firmò umilianti patti, ed il re Francesco I fu nuovamente libero.
La Lega di Cognac a Melegnano
Dopo la sua liberazione Francesco I riuscì a creare una Lega per stroncare la potenza spagnola in Italia, detta Lega di Cognac, alla quale aderirono il papa Clemente VII, il re d’Inghilterra Enrico VIII, la Repubblica di Venezia, il duca di Milano Francesco Sforza Il che voltava così le spalle agli spagnoli: il nemico da battere era sempre l’imperatore Carlo V.  Iniziò, quindi, un periodo delicatissimo della lotta, dopo gli anni in cui i due fronti avevano occupato, perso, rioccupato il terreno contestato, tra cui Melegnano.  La guerra, dunque, riarse in Lombardia: Melegnano fu ancora nella morsa bellica. Un primo entusiastico risultato per la Lega di Cognac venne dall’occupazione di Lodi che era difesa da Fabrizio Maramaldo al servizio della Spagna e che con le truppe napoletane usava modi brutali ed arroganti contro i lodigiani sottomessi.  Il popolo di Lodi, inasprito e diventato insofferente contro quel dominatore e contro i soldati napoletani, si rivolse segretamente al lodigiano Ludovico Vistarini, un personaggio influente presso il popolo ma che era, tuttavia, egli pure al servizio della Spagna e con i Napoletani. Il Vistarini, per il bene del suo popolo, tradì il giuramento militare e si rivolse al comandante della Lega di Cognac perchè intervenisse. Aiutò segretamente i soldati della Lega ad entrare in Lodi e ad occupare tutta la città. Maramaldo ed i suoi soldati furono cacciati.  Il tradimento del Vistarini suscitò discussioni pro e contro, anche negli stessi ambienti degli amici del Vistarini, il quale dovette sostenere in Melegnano un duello contro il capitano di ventura Sigismondo Malatesta il 15 agosto 1526, uscendone vittorioso.  Lodi, quindi, divenne un’importante piazzaforte della Lega di Cognac ed un punto di partenza per occupare Melegnano e Milano, dove gli spagnoli tenevano assediato il castello del duca Francesco II.  Mentre a Lodi si radunavano i soldati della Lega, qui a Melegnano il governatore spagnolo Antonio de Leyva aumentava le difese ed i rifornimenti, e vi collocò quattromila soldati, lasciando al conte Ludovico Belgioioso il comando di Milano.  Gli alleati della Lega di Cognac stabilirono di porre un loro campo tattico a Melegnano, in vista delle operazioni militari guidate dal comandante Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino, che era alla testa dei veneziani. Ed alla fine di giugno 1526 la Lega potè trasferire il suo campo a Melegnano con i comandanti Janes Fregoso, Giampaolo Manfrone, Domenico Contarini, diecimila fanti, quattrocento cavalieri e seicento cavalli: Melegnano fu tutto un quartier generale.  L’anno dopo, il 1527, il comandante spagnolo di Milano, Antonio de Leyva, tentò un colpo militare su Melegnano per scacciare la Lega. Con un forte numero di cavalli e con 1600 soldati tra spagnoli ed italiani, giunse a Melegnano e riuscì ad impadronirsi del castello, scacciando i soldati della Lega.  Ma durante l’estate d~ 1528 i Veneziani con i loro alleati, arrivarono al Lambro, lo passarono ed entrarono in Melegnano, sorprendendo gli spagnoli che si misero alla difesa. Dopo molte ore di sparatoria disordinata i due eserciti uscirono all’aperto, schierandosi a battaglia. Ma la fatica del cammino aveva stancato i veneziani era il 22 agosto - ed il calare della sera consigliò tutti a ritirarsi, i veneziani a Riozzo, gli spagnoli in Melegnano. Quando fu notte l’esercito della Lega, composto in massima parte dai veneziani, attaccò le postazioni spagnole e costrinse Antonio de Leyva a ritirarsi da Melegnano verso Milano.  Infine si arrivò alla Pace di Cambrai, perchè tutti erano dissanguati nelle finanze e nell’economia. Inoltre incominciavano le diserzioni in massa dei soldati.  Nell’agosto del 1529 si firmò la pace e nel mese di novembre si radunò a Bologna un convegno tra le parti per stabilire e firmare i patti duraturi: Francesco I fu costretto a rinunciare per sempre alle pretese sul ducato di Milano; il duca Francesco Sforza fu perdonato del voltafaccia e fu investito nuovamente del dominio milanese a partire dal 1530; l’Italia ritrovava un po’ di pace, e finiva anche di essere il centro delle liti tragiche e sanguinose; la Spagna divenne padrona del Milanese, in quanto Carlo V si riteneva quasi un protettore, dove rimaneva un rappresentante suo nella persona di Antonio de Leyva. Carlo V consegnò al duca di Milano una sua nipote come moglie, la bellissima quindicenne Cristiana di Danimarca.  Francesco Sforza Il regnò cinque anni, alleggerendo la pressione fiscale, ridando sicurezza e favorendo l’economia con una giusta politica sui prezzi. Durante il suo governo volle anche sistemare alla radice la questione dei tiranni che erano in periferia: uno di questi fu Gian Giacomo de’ Medici, detto il Medeghino, padrone di Musso sul lago di Como che signoreggiava pro o contro il duca, a seconda del suo tornaconto.  Francesco Sforza II risolse la questione con il Medeghino offrendo il castello di Melegnano, creandolo marchese ed avviandolo all’amicizia di Carlo V. Il suo fratello, Giovanni Angelo, diventava cardinale e poi papa con il nome di Pio IV.  Il duca di Milano, il nono duca della lunga serie, morì all’età di quarant’anni il 1° novembre 1535, dopo lunga malattia e senza lasciare alcun erede. L’imperatore Carlo V comunicò ai milanesi che il nuovo padrone del ducato era il suo generale Antonio de Leyva.  Milano fu allora totalmente spagnola, e nelle stesse condizioni fu il suo territorio compreso Melegnano.
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