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La Posta e le diligenze
tratto da OTTOCENTO MELEGNANESE di G. Gerosa Brichetto
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POSTA A CAVALLO
E' risaputo che le Poste affondano le loro radici assai in profondità: affare di migliaia di anni prima di Cristo, ad opera dei Cinesi che sono stati i precursori di tante manifestazioni della nostra civiltà. Ma da noi, con l'impero di Roma, le invasioni barbariche, attraverso il Medioevo ed il Rinascimento, si sono toccati livelli i più considerevoli sia per le Poste dei privati che per quelle degli Stati. Assistiamo così alla raggiunta supremazia dei nostri cavallari e la graduale integrazione ed il progresso in Europa dei servizi a carri a quattro ruote, e si arriva ad identificare le Poste a cavalli con le diligenze. Si inizia pertanto tutta una letteratura sul meraviglioso funzionamento dei servizi postali, fin da tre o quattro secoli fa, ma anche il rovescio della medaglia di antiche guide stradali che recano indicazioni di questo genere: "Brigantaggio", oppure: "Foresta pericolosa per quattro leghe", o simili. Anche nel secolo scorso - scrive il Bandini Buti - il viaggiare non era scevro di rischi, stando a quanto ha annotato un diarista del 1834, circa le precauzioni prese al passaggio di una certa contrada dell'Italia settentrionale: "Siccome il tratto di strada dal posto a Frassinetto è quasi sempre costeggiato da boschi, inoltre alquanto cattivo per più motivi, si lasciarono le sole signore in legno e noi discesimo a terra per custodirle, e guardarle da ogni qualunque inconveniente potesse mai loro avvenire. Ci disposimo dunque nel seguente ordine di battaglia: Cinzio come avanguardia armato di una pistola precedeva la vettura di venti passi, io armato di una spada civile stavo al paro della vettura, e Gino salito dietro alla vettura in piedi con altra pistola alla mano esplorava da lungi se mai vi fosse qualche imboscata. Si camminò per più di un'ora in simil guisa...  Si usava perfino, per maggior sicurezza, rinunciare alla strada diritta e battuta, perché preferita dai malandrini, e avventurarsi per itinerari tortuosi e malagevoli, con notevole perdita di tempo. Sugli altri inconvenienti che affliggevano i poveri corrieri postali ci dà una pittoresca descrizione Tomaso Garzoni da Bagnacavallo, nella sua bizzarra Piazza universale di tutte le professioni del mondo (Venezia, 1589); egli dice che erano costretti a farsi pagar cari i loro servizi, "durando fatica assai nè viaggi e scorrendo pericoli di banditi, d'assassini, di mariuoli, di fiumare e ponti rotti, di fortune, di fanghi, di caldi, di ghiacci, di nevi, di venti e di mille avversità, che gli impediscono, e turbano molte volte il viaggio...".  A quanto pare però, quei buoni diavoli si prendevano delle atroci vendette, specie contro gli osti alle stazioni di cambio dei cavalli: "dagli hosti ancora sono molte volte beffeggiati perché gli danno certe carogne sotto... magre e disfatte che gli tremano le gambe sotto come ai molinelli; talché sono sforzati lasciarli a mezza strada in un fosso con l'orecchie tagliate e col naso mozzo, come segni rappresentativi di quegli hosti mariuoli, che gli hanno fatto una beffa di cotal sorte...".
DILIGENZE, GIARDINIERE E CARRETTE
« Diligenza si chiama una sorta di carrozza con molti posti, che fa gite regolari fuori dalla città, da un luogo stesso ad un altro, e a prezzo fisso. Gli antichi, quando uno doveva spedirsi in qualche luogo con sollecitudine, dicevano che lo spedivano in diligenza; e i moderni da questa frase hanno preso il nome per tale vettura ». Così il maggior nostro lessico di un secolo fa, quando i trasporti collettivi di passeggeri con cavalli cedevano man mano il passo alle ferrovie e tramvai a vapore; poi vennero quelli elettrici, gli autobus e via dicendo, cosicché di questo tradizionale mezzo di locomozione si è perso oramai il ricordo, o almeno è rimasto solo in pochi, che hanno i capelli bianchi. Sarà da circa settant'anni che è scomparso il vetturale di Paullo; aveva due cavalli il sciur Luisin, sempre in piedi sull'imperiale, in mezzo a fagotti e pacchi, e con le tasche gonfie di memoriali e di ricette da spedire, e li frustava a più non posso; i ragazzacci lo scherzavano e facevano l'atto di calcarsi in testa il cappello, affinché non volasse via per la velocità. D'estate c'era invece una giardiniera ancor più traballante, colle tendine che svolazzavano, e polverone e sudore e moccoli accompagnavano i ronzini stanchi per le ultime tortuose curve della vecchia strada Paullese, finché la sconquassata vettura non si infilava dentro il cortile dello stallazzo di porta Vittoria.  Le diligenze, nel senso che noi siamo usi a vedere sulle vignette, molto diffuse in specie sui cartigli augurali, hanno una data di origine molto incerta, ma sicuramente dal primo Settecento; ben s'intende che allora erano gestite da privati: un progresso di mezzi di trasporto che veniva in soccorso di chi era meno fornito di denaro e non poteva pagarsi la vettura singola, ossia il cosiddetto legno o calesse, nomi moderni delle antiche carrette. Si intuisce facilmente come, in tempi brevi, i nuovi servizi si siano sovrapposti a quelli delle Poste, più vecchi di almeno due secoli, e con questi divenire tutt'uno sotto la gestione diretta dello Stato. Ne è una derivazione diretta il nome di postiglione dato a chi guidava i cavalli delle poste, epperciò anche delle diligenze. Questo delle poste e delle diligenze è un tema storico affascinante, su di cui si sono scritti anche i libri e opuscoli, non tutti bene approfonditi. A ciò sì e dedicato con entusiasmo lo studioso milanese Ezio Dell'Oro il quale, ad onta di quanto riportato in testi che vanno per la maggiore, ha tirato fuori una guida di Milano dalla sua preziosa raccolta, da cui risulta chiaro e tondo che fin dal 1794 c'era per Melegnano e Lodi una diligenza che partiva da Milano dall'Albergo delle Due Spade, sito in borgo di Porta Romana (di cui il nostro caffé è un Omonimo).
L'IMPRESA GENERALE
Si trattava di uno dei tre servizi regolari allora esistenti: per Pavia il secondo, con partenza dall'Albergo del Falcone nella contrada Omonima; e l'altro per Como dall'Albergo dei Tre Re. Da un prospetto degli arrivi e partenze da Milano di Corrieri, Staffette, Diligenze, Pedoni, dell'anno 1811, risulta che c'era una corsa trisettimanale nei due sensi per Melegnano, (il lunedì e mercoledì, più una al venerdì che si spingeva fino a Lodi). Queste diligenze arrivavano e partivano da via Rastrelli, angolo contrada del Pesce (attuale via Paolo da Cannobio a Milano), dove c'era la sede dell'Ufficio Generale delle Poste. L'istituzione di una Impresa Generale delle Diligenze e Messaggerie venne approvata dal Viceré Eugenio di Beauharnais con decreto 27 aprile 1813; già nella guida di Milano dell'anno successivo vi sono regolamenti ed orari, dai quali risulta che due erano le linee allora già in funzione: la prima da Milano a Venezia, e la seconda da Milano a Bologna, quindi con passaggio da Melegnano e Lodi. Proprietaria della nuova azienda, che si gestiva sotto controllo governativo, era la ditta Ballabio, Besana e C., mercanti di seta in contrada del Lauro, e titolari della Banca omonima. Ma il deus ex machina di tutta l'organizzazione che aveva la sua sede in contrada del Monte (ora via Monte Napoleone a Milano) era il signor Giuseppe Maria Franchetti il quale divenne talmente per quel servizio una istituzione, che le vetture presero nell'uso comune il nome di Diligenze Franchetti. Personaggio assai importante, nobile per giunta, con fior di palco di proprietà alla Scala; vicino, gomito a gomito con quello di Donna Sofia Predabissi Alfieri, la fondatrice del nostro Qspedale. Un comunicato, che a quel tempo deve aver avuto del sensazionale è citato dal Comandini, da cui lo riportiamo integralmente: « 1827 – 13 giugno. Da oggi comincia fra Milano e Lodi un servizio giornaliero di Diligenza celere o Velocifero in posta; partenza da Lodi per Milano alle 5 antimeridiane, e da Milano per Lodi alle 5 pomeridiane; durata della corsa due ore e mezza circa, prezzo dell'intera corsa lire austriache 3,50 ».
IL VELOCIFERO
Queste diligenze che sfrecciavano via con la velocità del lampo erano più leggere di quelle comuni; probabilmente avevano la carreggiata più stretta ed il loro uso venne introdotto dall'Inghilterra; dubitiamo che vi fosse la fermata a Melegnano, giacché non la vediamo segnata in orario, tanto dovevano correre in fretta. Se ne istituirono rapidamente diverse linee, per Como, Lecco, Sesto Calende, dove avevano coincidenza con le barche corriere che solcavano i laghi; quindi Bergamo ed altre. Ma qualche disservizio deve essere ben presto capitato, (magari dei ribaltamenti a catena), per cui, poco più di un anno dopo, l'Impresa dei Velociferi che aveva sede in piazza San Giovanni in Era (in fondo a via Durini a Milano) era già in liquidazione. « 1828 - 30 dicembre. In Milano grande asta, in casa Serbelloni, corsia dei Servi (traversa di corso Vittorio Emanuele a Milano), di tutti i legni cosidetti Velociferi esclusi per ordine governativo dal servizio di diligenza (Comandini) ». La estromissione della Impresa dei Velociferi non significa che questo nuova mezzo rapido di trasporto venisse abbandonato, ma si vede che entrò a far parte dei servizi erariali, probabilmente con le dovute cautele e con maggiori controlli di quelli che non facesse un certo signor Carlo Carpani « Controllore presso l'Impresa Franchetti per conto della Imperial Regia Direzione delle Poste. Per Melegnano ve ne è un vero e proprio andirivieni, poiché, oltre al servizio giornaliero locale e quello per Lodi, vi transitano le grandi linee: la Milano-Roma (settimanale), quella per Cremona, Mantova e perfino Verona (sempre via Mantova). Ai servizi erariali si aggiungevano le imprese private, come quelle di Bassano Lanzani di Lodi, detto il Bocchetta, che passava da Melegnano il martedì e venerdì. Da Milano (albergo del Falcone) ripartiva mercoledì e sabato. Dall'Albergo del Cappello vi erano partenze ed arrivi quotidiani di vetturali per Melegnano e Lodi; un tal Giuseppe Bresssani di Casalpusterlengo, detto il Cecconi, passava con la sua vettura da Melegnano ogni giovedì (ritorno il venerdì) con recapito a Milano alla gran Torre alla Palla, in corsia di San Giorgio. Agli Alberghi Tre Re e del Cappello, vetturali ogni giorno per Cremona e Mantova, coi quali i buoni Melegnanesi nostri padri, potevano scarrozzare a loro piacimento. E pensiamo che tanto basti per persuaderci che un secolo e mezzo fa il nostro antico borgo, mutatis mutandis, era ben servito di trasporto passeggeri quanto oggi. Ma come si viaggiava allora su queste innumerevoli romantiche diligenze o privati vetturali? Abbiamo sottomano un interessante volumetto dal titolo « Il Viaggiatore moderno », edito a Bassano sui primi del secolo scorso. L'autore pone in premessa che chi non ha soldi è meglio che stia a casa propria, e per lui non servono consigli di sorta; chi ha la borsa ben fornita, invece, si prepari ad allentarne i cordoni ad ogni piè sospinto. Comunque, «chi brama d'intraprendere viaggi, prima di ogni altro implori il divino aiuto, ed a questo effetto si premunisca con quei rimedi spirituali che insegna la S. Madre Chiesa, confessandosi e comunicandosi divotamente e facendo celebrare anche qualche Messa pro itinerantibus ». Aggiunge poi un paio di Oremus speciali ed una filastrocca di giaculatorie da biascicare intanto che si guarda fuori dal finestrino... Pregare e raccomandar l'anima! Perché oltre che il pericolo di ribaltare ed andar a finire sotto le ruote per l'imprevidenza ed il pelo sullo stomaco di quegli sciamannati di postiglioni, si dà anche il caso di andare a finire nelle mani dei briganti!  Le strade ne erano infestate, anche nei pressi della città; (della cascina Occhiò si parla come di una specie di covo); sulla piazza di San Giovanni in Melegnano, un certo anno, se ne impiccarono un paio, con tanto di Olio Santo e pubbliche preci d'occasione. Quando qualcuno incappava nella giustizia veniva strangolato ed appeso ad un albero lungo lo stradale. Dai finestrini della diligenza i nostri viaggiatori del buon tempo antico, ammirando quel panorama avevano di che meditare e raccomandarsi al Padre Eterno.
I NEMICI DEI VIAGGIATQRI
I fuochi fatui dei Cimiteri? Se tu o viaggiatore indietreggi ti insegue; se vai avanti ti sopravanza; guardatevi dal sfuggirlo e finire fuori strada precipitando in fossi, paludi, valli, fiumi od altri luoghi pericolosi. Ahimè! quanti batticuore si passano su quella benedetta vettura; né c'è possibilità di riposare perché le strade sono orrende e la diligenza dà certi scossoni da rompersi l’assale. Infortunio previsto perché i postiglioni sono consigliati di portarne al seguito una di ricambio. I quali postiglioni poi devono essere stati delle canaglie che se tu non ungevi loro le mani prima di partire, quelli non ungevano le ruote e talora, si dice, passavano nei luoghi più accidentati per punire con dei sobbalzi i viaggiatori tirchi. Occhio poi alle osterie, ai ladri notturni, topi, cimici e pidocchi...; consigli particolari dà il nostro volumetto dispensa, minuziosamente insieme a quelli per difendersi dal freddo; (se hai freddo alla testa, devi mettere le calze di lana ai piedi per evitare che gli umori salgano...); per difendersi dal caldo? mettere sulle orecchie delle fraschette e tenere in bocca una pallina di cristallo che leverà la sete; quindi agitarsi mollemente intorno al viso un ramoscello di sambuco per iscacciare le mosche.  Seguono una infinità di rimedi, per la flussione di naso dei denti, la tosse ed i calli, la stitichezza ed il sudore dei piedi...; masticar genziana se lo stomaco è debole e sughero per la diarrea e contro i premiti dell'intestino e l'infiammazione,ove non è che luca», « fare profumo nella parte dell'ano con fogile secche di Tasso barbasso, replicando ciò più volte, ed usando cibi refrigeranti».  Dopodichè dobbiamo trarre le conclusioni che chi affrontava i viaggi in diligenza, se lo doveva fare per necessità, era un eroe; e se invece si conduceva a diporto, vuol dire che aveva in odio il quieto vivere. Ciò nondimeno, la smania dei viaggi, di conoscere il mondo e genti diverse ha sempre stimolato l'umanità, e le persone di genio in modo particolare; la letteratura dell'Ottocento ha una fioritura di storie, di impressioni, di aneddoti, di poesia, uscite, nei paesi civili dal ricordo di tante burrascose esperienze.
LA STAZIONE DI POSTA DI MELEGNANO
Dato lo stato in cui versano oggi i servizi di posta nel nostro paese, con ritardi che raggiungono vette mai raggiunte neppure in epoca romana, 15 giorni per recapitare una raccomandata spedita da Milano a Melegnano non è poi così raro che succeda. Parrebbe di dover constatare amaramente che la vita moderna; non sia erede del progresso della civiltà o convincersi sempre più che la civiltà inghiotte sé stessa, pensando a degli incredibili disservizi e ritardi di cui andiamo soffrendo, ed a cui i responsabili non sono in grado di porre rimedio o peggio non hanno interesse a farlo.   Confortiamoci pertanto nel considerare storicamente la evoluzione delle Poste, un po' come nel seguire la vita progressiva dell'umanità attraverso uno dei suoi aspetti più importanti e significativi, proprio in questa nostra Italia, « che ha dato alla vita postale il "Cursus publicus" di Roma imperiale, i "messaggeri universitari" di Federico II°, i corrieri sforzeschi e viscontei, la natia intraprendenza dei Tasso riformatori delle poste precursori del francobollo adesivo, i primi esperimenti e la prima emissione di posta aerea, e via dicendo ».  Antico quanto antica la scrittura, il servizio di posta è documentato nelle civiltà preellenistiche, ma per portarci più vicini a noi nel tempo e nello spazio, basterà ricordare come fosse curato nell'impero romano; questo, a causa della sua estensione, aveva bisogno di rapidi e sicuri collegamenti fra le province e Roma. La regolarità del servizio fu affidata alla istituzione lungo le strade principali di stazioni che ospitavano corrieri e cavalli incaricati di trasportare il più rapidamente possibile i messaggi. Tale servizio serviva solo alle esigenze politiche e militari; è fuor di dubbio che Melegnano, località di transito su di una via importante, sul passo obbligato di un fiume, era inserita nel sistema; più di una notizia, confortata da attendibili induzioni, ci fa supporre che alla cascina Rampina vi fosse nella antichità una « hostaria » con stazione di posta e cambio dei cavalli.   Sistema di comunicazione evidentemente assai antico che lo Stato, attraverso i secoli, man mano fece proprio estendendolo a beneficio dei privati, i quali in origine ne erano esclusi, e dovevano provvedere con mezzi propri al mantenimento della corrispondenza epistolare. Per tutto il Medioevo, imperatori e Papato, monasteri ed Università si organizzarono vieppiù nella diffusione e regolarità dei propri servizi; seguirono i Comuni e le corporazioni di arti e mercanti; coloro i quali, invece, non potevano sostenere la spesa di un corriere per proprio conto. dovevano cercare tutte le occasioni utili per recapitare la loro corrispondenza, consegnandola ai viaggiatori in genere, ai mercanti, ai pellegrini e via dicendo. Ciò avviene ancora oggi per località sperdute dove non arriva il servizio postale. Talora si ricorreva all'espediente di fare due o tre copie della stessa lettera, avviandole per via diversa, sperando in una maggior sicurezza che almeno una di esse potesse giungere a destinazione. Un primo passo verso l'istituzione di servizi quasi regolari di cui potessero servirsi anche i privati, pare sia stato fatto nel secolo XIV° con la creazione dei « corrieri dei mercanti ». Risulta evidente l'interesse che questi avevano ad un rapido e regolare scambio di  corrispondenza; più particolarmente si dà importanza a quella che, sorta in Germania ed in Svizzera, era chiamata la « posta dei macellai », poiché questi, girando frequentemente di città in città per i loro acquisti, si prestavano a recapitare i messaggi.  Questo genere di posta, (per macellai si intendono i mercanti di bestiame), deve essere passato precocemente nel tempo anche per Melegnano. Il nostro borgo è sempre stato sede di un mercato importante, la cui origine si perde nei secoli bassi del medioevo. Non solo da molti paesi e città dell'Italia settentrionale, ma dalla Svizzera ed altri centri d'Europa, calavano sui mercati e sulle fiere di Melegnano, Monza, Melzo, Abbiategrasso ed altri, numerosi mercanti di bestiame, che sicuramente si facevano latori di corrispondenza quando non vi erano altri servizi organizzati.
ANTICA TRADIZIONE
Prima ancora che sorgessero i grandi stati monarchici i quali, con l'enorme sviluppo dei traffici, dessero impulso alle iniziative di imprenditori privati nella organizzazione di servizi di corrieri, dobbiamo segnalare il rango considerevole che occupano nella storia delle Poste i duchi di Milano. Un sagace divulgatore dell'antica storia lombarda quale fu Ettore Verga, osa affermare che « la vera patria delle moderne staffette è Milano: tutti i documenti concordano nell'affermarlo. E forse anche questa gloria è dovuta a quel grande principe che fu Gian Galeazzo Visconti...».  Non è ancora ben chiaro quale precisa differenza vi fosse tra « corriere » e « staffetta »; il Mangili, valente storico de « I Tasso e le Poste » afferma che il corriere partiva a giorni fissati e percorreva tutta la linea; la staffetta partiva soltanto in caso di bisogno e percorreva solo il tratto per il quale era di volta in volta incaricata. Melegnano era nel cuore della rete stradale del Ducato; spesso sede della corte e della cancelleria, dimora preferita per soggiorni stagionali e cacce; fuori dalla capitale e vicinissima ad essa. Si ricordino le lunghe presenze di Bernabò come risulta dalla datazione delle sue lettere e la preferenza di Gian Galeazzo che la prescelse come rifugio contro la peste ed invece venne a morirvi. Di qui partiva o passava tutto il servizio dei corrieri viscontei per Lodi, Cremona o Pavia, per i possedimenti dell'oltrepò, la Toscana e Roma. Già in documenti del 1385   è sempre il Verga che scrive - troviamo accenni a cavallari di posta e a messaggeri appiedati, che facevano servizio fra le varie città del Ducato, ed erano tenuti a segnare l'ora di partenza e quella di arrivo, a far si rilasciare ricevute ed attestazioni dai funzionari delle varie stazioni e dai destinatari, e soprattutto a spostarsi con la massima celerità. Nel secolo successivo, sotto il dominio degli Sforza, si ha la certezza che, se non furono proprio i duchi di Milano ad introdurre le poste in Italia, come afferma esagerando il Malvolta, è tuttavia fuor di dubbio che essi hanno mirabilmente sviluppato e perfezionato il servizio. Verso la fine del secolo, dopo il matrimonio di Bianca Maria Sforza con l'imperatore Massimiliano, si stringono talmente i legami fra le due Corti a vantaggio di interessi dinastici, politici e militari, da rendere perfetti i servizi postali fra lo Stato di Milano e tutto il dominio degli Asburgo.
RAPIDITA' E RIGORE
Ciò fa supporre che se si affrontavano gravi problemi per un servizio efficiente attraverso le strade malagevoli delle Alpi, a maggior ragione deve essere stato già molto sviluppato e perfezionato quel servizio attraverso le strade assai più facili, e percorse da intense correnti di commercio e culturali della valle del Po. Se i documenti finora noti parlano solo della linea che metteva capo alla valle dell'Inn, è fuor di dubbio l'esistenza di una rete di linee postali che si riannodavano presso la Corte e la Cancelleria. A Milano, la carica di Direttore Generale dei corrieri era affidata a Tommaso Brasca: « Tutto è nelle mani di lui... » sta scritto; controllava le consegne della corrispondenza ufficiale, e le annotazioni che i cavallari facevano ad ogni stazione. « Questo controllo dei messi, fatto da persone che erano direttamente responsabili di fronte al governo, rendeva possibile una sicurezza d'esercizio dalla quale in altri paesi si era ancora lontani ». « Cito, cito, cito (presto...), volando die ed nocte senza perdere tempo alcuno... » e scritto su un messaggio dell'epoca. Si faceva scrivere sulle corrispondenze l'ora di partenza e quella di arrivo; si vietava ai corrieri di dormire lungo le strade; si imponeva ai cavallari di percorrere almeno cinque miglia all'ora d'estate e quattro d'inverno, e ai corrieri a piedi di fare rispettivamente quattro e tre miglia. Per ogni miglio percorso in meno, essi ricevevano un colpo di bastone. Fulmini e forca, come si vede erano comminate agli agenti del servizio di corriere meno diligenti; e si vede anche che la posta milanese ha preso dalle antiche stazioni pel cambio dei cavalli, più che il nome, l'esempio. Essa si è formata senza esempi stranieri, ed è il modello insuperato delle poste dinastiche sorte poi negli altri Stati (Verga). Melegnano è una delle prime stazioni di posta subito fuori dalle mura della capitale del ducato. E' inserita nella gran rete postale del Cinquecento, collegata con le principali città italiane e coi centri più importanti  dell'estero: Innsbruck, Vienna, Bruxelles, Anversa, Parigi, Lione, Avignone, Medina del Campo, Lisbona, Valladolid, Barcellona e Siviglia. Giacché, col passaggio del Milanese sotto l'orbita dell'Impero, si estese a poco a poco la rete di stazioni per il cambio dei cavalli a tutti i territori dominati dagli Asburgo.
DALLA VAL BREMBANA
Dal 1502 una famiglia lombarda, quella dei Tasso, aveva avuto ufficialmente dall'imperatore Massimiliano la concessione dei servizi postali; a compenso delle prestazioni per il trasporto del corriere di Stato, questa famiglia ebbe il monopolio del servizio postale per conto dei privati; una rete internazionale che continuò ad esistere, sia pure limitata ad alcuni stati tedeschi, fino alla seconda metà del secolo scorso. Nel paese di Cornelio in Val Brembana, non appena oltrepassato di qualche chilometro San Giovanni Bianco, un gruppo di case medioevali aggrappate come nido di falchi su di un poggio che cade da sotto una lunga fila di portici ancora intatti nel loro aspetto suggestivo, una lapide monumentale, dettata da Antonio Tiraboschi nel 1886, ricorda la illustre casata dei Tasso che, originaria di Almenno (in Valle Imagna), qui cercò nel XII° secolo « sicura e tranquilla stanza». Da essa discesero, oltre l'autore della "Gerusalemme liberata" ed il poeta Bernardo suo padre, quell'Omodeo Tasso che, secondo la tradizione, avrebbe fondato, alla fine del XIII° secolo, una società di corrieri che fu il primo germe della famosa grande organizzazione postale, destinata a dominare per secoli su tutte le strade di Europa.  Dei vari componenti la famiglia Tasso, alcuni dei quali divennero veramente famosi quali creatori ed organizzatori della rete internazionale delle poste, e ne furono a capo nei vari Stati, vanno ricordati i nomi di Ruggero e di suo figlio Simone, i quali ebbero la carica di “Corriere Maggiore” nel Ducato di Milano. Un posto certamente d'onore spetta a quel Francesco Tasso, vissuto a cavallo tra i secoli XV° e XVI°, il quale unì le sorti della sua famiglia con quella dei Torriani. La casata dei Torre e Tasso, o meglio alla tedesca « Thurn und Taxis », raggiunte enormi ricchezze ed assurta a titolo principesco, sopravvive ancora ai giorni nostri. Il Corriere Maggiore era colui che in ogni Stato stava a capo del servizio delle Poste. Pare che avesse diritti o privilegi sugli introiti; che si prendesse delle decime da parte degli altri corrieri, infatti, emolumenti sulle lettere; per contro era a suo carico il pagamento dei salari ai Luogotenenti, Cancellieri, Mastri di Posta, Ordinari e Procaccia. A lui competevano le vertenze che sorgevano fra i vari agenti del servizio. I Luogotenenti, come dice il termine, facevano le veci de] Corriere Maggiore o Generale di Posta. I Cancellieri seguivano i Luogotenenti, ed a loro competeva il servizio di ufficio, ed il controllo su lettere, pieghi, valori, dei quali dovevano tenere carico e scarico nella consegna ai corrieri. Per avere un'idea dell'importanza e regolarità del servizio, si può notare che un Cancelliere era sempre presente nell'Ufficio, di guisa che si alternavano ordinariamente giorno e notte. Una funzione assai importante era quella sostenuta dai Mastri di Posta che presiedevano ad ogni stazione.
IL MASTRO DI POSTA
L'incarico veniva concesso di regola a persone che gestivano osterie; fornendo essi i cavalli ai viaggiatori, poteva accadere che questi si fermassero a pernottare alla « Posta ». Ad essi competevano vari privilegi, fra cui quello di portare armi, l'obbligo ai corrieri di smontare alle loro case, l'esclusività delle forniture dei cavalli agli stessi. Inoltre spettava loro di ricevere, smistare e distribuire la posta, ed erano esenti dal carico di alloggiare soldati, per non essere impossibilitati nell'espletamento del loro ufficio. La nomina del Mastro di Posta si doveva al Corriere Maggiore. Il Mastro di Posta aveva alle sue dipendenze dei Postiglioni e naturalmente una dotazione di cavalli; la sua abitazione stava verso la strada; la vigilanza di cui era responsabile, lo obbligava talora a farvi dormire qualche Mastro di stalla o Postiglione perché la notte, sentendo il suono della cornetta, accorressero con sollecitudine a preparare i cavalli per il cambio, in modo da far perdere il minor tempo possibile al viaggiatore od al corriere.  Il transito di corrieri e carrozze private doveva essere assai intenso attraverso Melegnano, se a testimonianza del Porta, nel primo quarto del secolo scorso, c'era da fare una lunga Coda d’attesa all'imbocco del ponte nella direzione di Lodi. E là appunto stava la casa del Mastro di Posta. La cornetta perciò e rimasta l'insegna della posta, perché essa veniva suonata a lungo, all'approssimarsi dei corrieri e delle staflette; oltreché per il già detto avviso a preparare i cavalli del cambio, in alcuni posti, per avvisare i traghettatori dei fiumi di muoversi dall'altra riva per venire incontro. Così pure per avvisare i guardiani delle porte d'ingresso alle città ed ai borghi perché aprissero. Ciò, evidentemente, succedeva a Melegnano di notte, al « Portone » ed al Ponte di Milano. La qualifica di Mastro di Posta erà allora ritenuta assai onorevole, e per i privilegi che conferiva, e per le qualità che dovevano essere riconosciute ai prescelti. Ma come avviene sempre a questo mondo, ogni medaglia ha il suo rovescio; i cavalli non erano sempre buoni; oppure quelli buoni venivano allontanati di proposito all'arrivo del corriere, per obbligarlo ad attendere, cenare o bere vino, e così i viaggiatori. Contro i molteplici abusi esistevano però altrettante leggi severe; il Corriere Maggiore distribuiva spesso delle punizioni fino alla revoca della concessione.
LINEE REGOLARI
Melegnano è stazione di posta importante fino dalla istituzione dei servizi regolari; per servizi regolari intendiamo trovarsi sulla linea percorsa dal «Corriere Ordinario». Costui era quello che partiva da una città per una determinata località a giorno fisso; non poteva per ragione alcuna rimandare la partenza.  Cavalcava di giorno e di notte, non fermandosi mai se non per consegnare o prendere lettere, ovvero se avesse notizia di piene dei fiumi o di qualche bandito che l'aspettasse per assalirlo. Non doveva fermarsi a dormire.  Altro era invece il compito del Corriere comune, il quale andava solo per incarico. L'istituzione dei servizi di « Corriere Ordinario » è sicuramente del periodo della dominazione spagnola nel secolo XVI°, ossia ha origini dinastiche; l'estendersi dei dominI della casa d'Asburgo anche in Italia. La già citata concessione del Generalato delle Poste da parte dell'Imperatore Massimiliano I°. (che ha sposato Bianca Maria Sforza) alla famiglia bergamasca dei Tasso, coincide forse con la nascita della prima linea regolare internazionale: quella dalle Spagne a Roma, che non passava per Milano. Venne poi in ordine cronologico una seconda linea regolare: la Milano - Roma, la quale passava per Melegnano e così di seguito, sempre nell'ordine, il Corriere Ordinario da Milano a Venezia, da Roma a Venezia, da Venezia a Lione. Già dal principio del Seicento abbiamo un catalogo delle stazioni di Posta della Lombardia. Melegnano risulta sulla linea di Mantova e Guastalla: di qui, evidentemente, prosecuzione o raccordo con Roma. Le stazioni segnate su tale linea sono: Melegnano, Lodi, Zorlesco, Pizzighettone, Cremona, Pieve San Giacomo. 
LA FAMIGLLA TENSALI
Inoltrandoci nel periodo della dominazione austriaca verso lo scorso secolo, troviamo la Stazione di Melegnano regolarmente funzionante con Mastro di Posta, ed ufficio retto da un impiegato o Cancelliere. E qui dobbiamo chiarire la posizione della famiglia Tensali, dei cui membri si accenna sempre per la parte che hanno avuto nelle famose giornate del '48. I Tensali sono numerosi; intorno alla metà del secolo si riscontrano sugli annuari due farmacisti di tal nome; un Pietro è deputato della Comunità di Melegnano; un altro, fratello o cugino, di quella di Vizzolo. Sempre dall'annuario del 1848, un Gaspare Tensali risulta Dispensiere Generale dei generi di privativa in Milano nella Corsia del  Giardino, ed a tale concessione riunisce anche quella per Melegnano, dove distribuisce tabacchi. Il tanto nominato Melchiorre Tensali dei tragici giorni del marzo '48, che figurerà come Mastro di Posta in tutte le cronache del tempo, e così egli si autodefinirà in un suo diario, molto probabilmente a Melegnano altri non era che un sub concessionario; poiché titolare della carica senza equivoci di sorta in Melegnano è stato Santo Mola, il quale è il concessionario ufficiale della città di Milano. Questa notizia ha una conferma per il seguito; qualche anno dopo, nel 1856, risultano come Mastri di Posta tanto per Milano che per Melegnano i fratelli Mola quondam Santo: un chiarimento in più circa la posizione in sottordine dei Tensali. L'ufficio della Stazione di Posta nel nostro borgo è retto da un personaggio ormai ben noto per la storia locale: il solerte Stefano Busnè, che compare ovunque negli avvenimenti di metà Ottocento, e che fra l'altro occuperà in seguito la carica di Sindaco. Una grande animazione contraddistingueva pertanto nel secolo andato quella casa sulla destra per Lodi all'imbocco del ponte, allorché dall'un senso e dall'altro si sentiva il suono della cornetta che man mano si avvicinava insieme al rumore del trotto dei cavalli; e stallieri e postiglioni balzavan fuori per non far perdere tempo ai corrieri. Fior di orari non ammettevano ritardi; a fianco del nome della stazione c'erano delle sigle; Melegnano U e Po: ossia Stazione con Ufficio e Posta con cambio dei cavalli. « Posta » era anche il termine generico che distingueva la lunghezza del tragitto ed il tempo per percorrerlo fra una stazione e l'altra; una «posta» e due quarti fra Milano e Melegnano; una «posta» ed un quarto fra Melegnano e Lodi, sulla «strada postale» Milano-Lodi-Crema-Cremona. Questa posta a cavalli che passava per Melegnano era quotidiana e vi si aggiungeva, sempre come servizio « ordinario » il corriere trisettimanale Roma-Firenze-Milano (via Piacenza) e viceversa. Lettere e pieghi, coi suddetti servizi regolari erariali « volavano »; per avere un'idea della serietà del servizio postale nel Lombardo Veneto, sotto l'Austria, basti citare questo particolare: la « Gazzetta di Milano » pubblicava sistematicamente l'elenco delle lettere giacenti per insufficienza di indirizzo o insufficiente affrancatura... Non facciamo confronti, per carità di patria, con quanto avviene oggigiorno!
ASSALTI DI BRIGANTI
Come linea di grande comunicazione postale la nostra strada lodigiana, percorsa dai « corrieri ordinari » faceva passare in secondo piano il servizio dei «procaccia», ossia coloro che viaggiavano con mezzi propri, e combinavano a loro piacimento stazioni ed alloggi lungo la strada. E non viaggiavano di notte, se non eccezionalmente, soprattutto per sottrarsi al pericolo di assalti e rapine. L'argomento, già importante in sé, lo è ancor più se collegato al servizio di posta; le strade non erano sicure, ed i viaggiatori «in posta», le corrispondenze, i valori ed anche le merci che transitavano mercè i servizi ordinari, costituivano un'esca allettante per i malandrini. Perciò in molti tratti delle linee postali, i corrieri o diligenze viaggiavano sotto scorta. E' il caso del nostro stradale fra Milano e Lodi; la fitta boscaglia che si stendeva lungo il corso del Lambro serviva da nascondiglio ad ogni sorta di briganti, di cui solo raramente qualcuno veniva acciuffato, e finiva appeso ad un albero, ben in vista, ai margini della strada. Non sembri strano pertanto che il servizio di gendarmi di scorta alle diligenze e corriere postali fosse regolato da ben chiare disposizioni e guide, come quelle promulgate dal Governo del Regno Lombardo Veneto nel 1829. Era soprattutto stabilito che la gendarmeria operasse in pro del servizio, ma non cagionasse dei ritardi, perché i corrieri avevano il tempo fissato, per percorrere la posta. Non dovevano i gendarmi procedere affiancati, ma in fila, per non incappare tutti in qualche tranello, come una corda tesa attraverso la strada. Prescritto normalmente di precedere la vettura, ma di tanto in tanto seguirla, per sventare la eventualità di un attacco, non appena passata la scorta. Venendo attaccata la vettura, i gendarmi dovevano fare uso delle armi, e battersi, se necessario anche corpo a corpo; nel pericolo di essere soverchiati, dovevano correre all'abitato più vicino ad invocare soccorsi, far suonare le campane a stormo; indi ritornare con rinforzi di gente armata sul luogo del misfatto per salvare il salvabile e rincorrere gli assalitori. I banditi in questo modo avevano avuto tutto il tempo di darsela a gambe, lasciando dietro di sé dei poveri tapini derubati, malmenati, se non addirittura uccisi. Questo il quadro fosco, affatto eccezionale dei viaggi in diligenza o corriera postale, ad onta del quale, del resto, c'era tutta una messinscena che dava al servizio il decoro che contraddistingueva gli appartenenti all'armata e gli altri funzionari di Stato. Fin dal 1767, un editto del Governo della Lombardia austriaca prescriveva che i Mastri di Posta ed i Postiglioni in servizio, vestissero l'uniforme.
ADAGIO NELLE VOLTATE!
I Mastri portavano un abito lungo sino al ginocchio, di panno giallo, con colletto e paramani di velluto nero. I Postiglioni, abito corto dello stesso colore con colletto e paramani neri di panno. Attraverso la dominazione francese, ed ancora dopo, sotto nuovamente quella austriaca, si ripristina l'uso dei distintivi postali, istituiti fin dal secolo precedente. Di queste placche ve ne è una raccolta interessante: (L. Ratti - Corrieri e Poste in Lombardia), come assai curioso è l'andarsi a leggere le numerose varianti alle divise.  Compare il panno scarlatto in quelle di gala, con bottoni bianchi e striscie d'argento; compaiono i calzoni stretti di pelle gialla, il cappello a tre punte, rose d'argento, pennacchi giallo neri, stivali alti con gli speroni; troneggia lo stemma dell'aquila imperiale, ed al posto d'onore, sempre la cornetta gialla di ottone, con cordone e fiocchi da appendersi alla spalla. Diciamo di gala, perché quando «in posta», viaggiavano le Loro Altezze o Maestà, od altri personaggi di gran rango, il Mastro di Posta doveva cavalcare in grande uniforme a fianco della vettura, pronto agli ordini. Si racconta che il Generale Bonaparte, giunto la prima volta a Milano, si recò un giorno a Varese servendosi della vettura della Posta, che era allora affidata per quel tratto, a certi Zerbi di Saronno e Morandi di Gallarate.  Due aitanti giovani ventenni di quelle famiglie vollero montare essi stessi a cavallo per ricondurre il generale a Milano, e per farsi onore, andavano a gran carriera.  Ad un tratto, ad una svolta della strada, la carrozza si ribaltò; accorsero dei contadini che aiutarono a rialzarla, e Napoleone ne uscì illeso. I due cavalieri stavano da una parte, timorosi delle sue ire, ma egli si limitò a redarguirli in questo modo: « Ragazzi senza giudizio! va bene correre quando la strada è diritta, ma bisogna andare adagio nelle voltate... Ed ora tornate a cavallo, e avanti! ».
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