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Agricoltura - industria - commercio
Alla fine della guerra Melegnano riprese la sua vita e le sue attività economiche, sociali e religiose, oltre che politiche come si è detto, su un piano di più complessa prestazione e di maggior sviluppo.  Melegnano non era più un centro agricolo nel senso tradizionale e secolare, se il riferimento è fatto alle attività prevalenti dei melegnanesi. Però rimaneva sempre un centro di interesse agricolo, come stimolo che una classe dirigente e un complesso di organismi potevano esercitare sul settore agricolo del territorio melegnanese come ambito più vasto dei confini comunali. Gli elementi perchè rimanesse un centro di convergenza agricola erano: il mercato del giovedì e l'incontro alla domenica sulle piazze del centro dove si radunavano tutti gli agricoltori ed i coltivatori diretti; il Consorzio agrario; la presenza di tecnici e di fornitori di materiale agricolo; i raduni su scala regionale e nazionale in occasione della Fiera del Perdono ogni anno in primavera.  Però il fenomeno più vistoso fu l'abbandono dei campi in misura notevole da parte dei contadini, per conseguenza della trasformazione tecnologica che forniva all'agricoltura tutte le macchine per ogni necessità. Nel censimento generale del 15 aprile 1961 vi erano 14  aziende a conduzione diretta dal coltivatore su una superficie di ettari 28,65 ed inoltre ancora 14 aziende agricole a conduzione con salariati su una superficie di ettari 353,24. I prodotti principali erano il grano, il granoturco, gli orticoli e soprattutto la coltivazione del foraggio che costituiva la base per l'allevamento del bestiame.  I prati a marcita, dove ancora esistevano, ricevevano buona cura.  La consistenza del patrimonio zootecnico, fino al 1968, dava queste risultanze: 682 bovini di cui 262 vacche. Comunque, nell'opera di rivalutazione del patrimonio zootecnico della nostra zona, buona parte operativa era dovuta alla esperienza e all'intervento costante ed intelligente del veterinario dottor Ettore Legori, pluridecorato per meriti civili in agricoltura e veterinaria: è suo merito se dal settembre del 1967 si è reso obbligatorio il risanamento della tubercolosi bovina.  Nel settore industriale, al contrario, si notava un forte sviluppo.  Nel 1969 le industrie a Melegnano erano 15 con discreta massa lavorativa: Monti e Martini per il materiale dielettrico con 259 dipendenti; Broggi-Izar per la metalmeccanica e le posaterie con 474 dipendenti; Tamini e C. per le costruzioni elettromeccaniche con dip. 185; Pedretti Edoardo per i laterizi e materiale da costruzione con dip. 56; Cami Miglio per la fabbrica di scatole di cartone ed imballaggi in genere con dip. 40; Plastik Press di Molinari e Tansini per la produzione di stampi per plastica con dip. 34; Lincon italiana per i cosmetici e deodoranti con dip. 30; Eredi Riboli Francesco per la lavorazione di plexiglas e lampadari con dip. 40; Bellinzoni Fratelli per la lavorazione delle materie plastiche e costruzione stampi con dip. 88; Camanini Vittore per l'impresa di lavori elettrici in genere con dip. 42; Mazza Pietro per gli apparecchi in acciaio inox con dip. 25; Introini e Figli per officina lavorazioni meccaniche con dip. 35; Mercantile Avicola per la macellazione e la lavorazione del pollame con dip. 20; Cremascoli Iginio e Luciano per la carpenteria in ferro con dip. 10; Bianchi Daniele per l'impresa casearia con dip. 10.  In genere i titolari di queste ditte industriali erano persone tecnicamente preparate, anche se talvolta non avevano nessuna qualifica di studi superiori ben precisati: la volontà e la capacità, unitamente a sacrifici di ogni genere, sono stati i fattori umani della loro espansione.  Un arresto si è avuto nel settore dell'industria chimica.  Esisteva in Melegnano dal 1926 l'Industria Chimica dottor Piero Saronio che da 50 operai raggiunse nel 1933 il numero di 1800 dipendenti.  Produceva coloranti, specialmente per fibre e tessuti, per cuoio, carta, inchiostri ed alimentari. Preparava una serie di prodotti intermedi: acidi e soda caustica. Una prima crisi avvenne nel 1952 come conseguenza della crisi mondiale dei tessili. Il 24 luglio 1963 all'Assemblea della Società Aziende Colori Nazionali Acna a Milano fu proposta la fusione mediante incorporazione dell'Industria Chimica dottor Saronio il cui capitale ammontava a un miliardo di lire; e nel 1966, a causa del mancato rinnovamento degli impianti e delle macchine, si è verificata la chiusura definitiva.  Le imprese artigiane ebbero ancora, dopo la guerra, una notevole importanza perché integravano il lavoro industriale e risentivano beneficamente della vicinanza con Milano, una città metropoli che assorbiva i prodotti complementari per la finitura.  Ma parecchie imprese artigiane non dipendevano da Milano e quindi non erano complementari della grande città, ma svolgevano ed esaurivano il loro movimento in Melegnano e nei dintorni. In totale vi erano circa 330 aziende artigiane in Melegnano, rappresentative di tutto l'arco delle necessità comunitarie: lavorazione del legno; metalmeccanici; pittori e decoratori; installatori di impianti; abbigliamento; lavorazione del cuoio e calzature; orafi ed affini; lavorazione del vetro; tessitura e ricamo; arti grafiche; fotografi; lavorazione del marmo, categorie ausiliarie e sanitarie; arredamenti per giardinaggio; alimentari; parrucchieri da uomo e da donna e misti lavorazione materie plastiche; chimici e farmaceutici, trasporti; edili; radiotecnici; cicli e moto e auto; bronzisti fonderie; sarti da uomo, guanti e pelletterie; categorie rurali. Spesso queste attività impegnavano la genialità creativa del nostro popolo, ed era un continuo tentativo di opporre il prodotto di qualità al prodotto di serie.  La categoria dedita al commercio ed alla vendita all'ingrosso ed al minuto era sensibilmente rappresentata: alimentari e affini circa 200; tessili, abbigliamento ed arredamento circa 100 alla vendita minuta; meccanici ed affini circa 35 alla vendita minuta; prodotti vari circa 40 alla vendita minuta e all'ingrosso.  Lo sviluppo commerciale pero veniva gradatamente messo in pericolo dall'apertura di vicini supermercati o dalla possibilità di raggiungere i supermercati in periferia sud di Milano o a quelli della stessa Milano Però i negozi melegnanesi offrivano una buona resistenza, accanto ai due mercati del giovedì e della domenica, tenuti in modo particolare dagli ambulanti.
Le case
Ultimamente vi sono state modificazioni residenziali che hanno interessato il tessuto urbanistico della città. Nel 1957, quando si faceva sentire la crisi nella città, e al fabbisogno arretrato, già considerevole, si aggiungeva, in forma sempre più preoccupante, quello creato dalle immigrazioni e dallo sviluppo urbano, un gruppo di lavoratori a reddito fisso si associò in cooperative allo scopo di provvedere direttamente alla costruzione di quegli alloggi che la speculazione privata rendeva di difficile accesso e che le iniziative pubbliche non offrivano in sufficiente misura.  Nacquero, allora, le prime cooperative: " Domus mea " e " Concordia ". Nel 1959 tre nuovi quartieri entrarono in fase di costruzione: quartiere De Amicis, quartiere Lambro, quartiere Giardino.  Il quartiere De Amicis è nelle vicinanze del vecchio rione Carmine, ed in tal modo l'antico aggregato urbano si è arricchito di una serie di palazzi con molti piani. Il quartiere Lambro fu impostato dall'Amministrazione comunale nel 1957; nel marzo del 1958 erano appaltati i primi lavori ed entro lo stesso anno si mettevano a disposizione 700 nuovi vani. Dieci anni più tardi, nel gennaio 1968, dopo essere stata appaltata l'ultima costruzione Gescal (16 alloggi) si completava il quartiere Lambro su un area acquistata dalla Ina-Casa per l'interessamento ed il contributo del Comune: in tal modo gli alloggi costruiti furono 18 del Piano Romita, 42 Ina-Casa, 16 Gescal.  Il quartiere Giardino è composto da una gran parte di popolazione non melegnanese di antica data; e la sua costruzione fu oggetto di discussioni per stranezze che sembravano incomprensibili.  Tuttavia occorre guardare la situazione di Melegnano quale era nell'immediato dopoguerra: una grossa borgata che aveva alle sue porte l'eco della espansione edilizia che già toccava San Donato, San Giuliano Milanese ed altre zone. Melegnano ha un territorio comunale tra i più piccoli della provincia, ma nello stesso tempo sentiva crescere l'esigenza di un nuovo assetto residenziale. La ferrovia, il fiume Lambro, le strade statali e provinciali serravano e serrano Melegnano da ogni parte: di qui l'alternativa di reperire nuove aree di espansione edilizia e di enucleare veri e propri quartieri fuori dalla maglia delle infrastrutture, con tutti i problemi di colleganza e di autosufficienza che ne conseguivano.  La direttrice di espansione più naturale che si prospettava era quella verso sud e interessava un territorio relativamente ampio ad immediata aderenza con il vecchio nucleo e non ostacolato da opere naturali o artificiali come accadeva per poche libere aree all'interno dei confini della giurisdizione comunale.  Ma quel territorio che si estendeva alle spalle dell'Ospedale Predabissi era rimasto intatto fino alle soglie degli anni sessanta in virtù di una ben precisa circostanza, senza la quale sarebbe stato intaccato assai prima della espansione edilizia: gran parte di quel territorio, quello più a contatto con il vecchio centro urbano, era da parecchi decenni proprietà dell'ex Linificio e Canapificio Italiano, poi Broggi-Izar, con una ben precisa destinazione, quella cioè di consentire un raccordo ferroviario tra la strada ferrata e lo stabilimento melegnanese, qualora se ne fosse presentata la necessità industriale. Quando però, con lo sviluppo degli autotrasporti, il raccordo ferroviario parve agli interessati di utilità superata, l'area fu sbloccata, e divenne facile indovinare quale fosse l'importanza di questa nuova disponibilità per l'espansione edilizia.  Il 29 settembre 1958 fu inoltrato al Comune di Melegnano, che nel frattempo stava attraversando un periodo politicamente difficile, il piano di lottizzazione per la approvazione. Il programma di fabbricazione, pronto nel 1959, incontrò difficoltà e fu rifiutato; e tre anni dopo ne venne consegnato un altro in Consiglio comunale: fu in questi anni, dal 1959 al 1963, che avvenne l'espansione edilizia nel nuovo quartiere sud, che fu chiamato quartiere Giardino, non per i fiori o gli alberi o la zona panoramica ed estetica, ma per la vicinanza di una antica cascina rurale detta appunto Cascina Giardino.  L'espansione fu irregolare e l'Amministrazione comunale di quegli anni non potè far valere le condizioni per un controllo su tutti gli aspetti del crescente quartiere: dalla densità volumetrica agli allineamenti, alla tipologia, all'estetica. Ma dal 1966 al maggio 1967, in sei mesi disturbati dalle intemperie, al quartiere Giardino fu portato un po' di ordine: strade asfaltate, denominazione delle vie, piccole zone verdi. La zona si aggira sui 4000 abitanti.  Una nuova situazione inaspettata e quindi non preceduta da una puntuale organica programmazione, si è verificata nel 1966. Una vasta proprietà dei conti Cicogna fu venduta dopo insistenti richieste.  Il tessuto urbano della città di nuovo esplodeva attorno alla vecchia Cascina Maiocchetta, senza un orientamento ben preciso e con un intento speculativo: una serie di palazzi e di imponenti edifici sorsero in un area completamente nuova, con rete viaria irrazionale e senza le opere di urbanizzazione secondarie.
L'impianto urbano
Anche il vecchio centro urbano si rinnova: le decrepite abitazioni secolari lasciavano il posto a nuove costruzioni. Dove prima sorgevano casupole a due piani, ora trovano posto imponenti palazzi a sei piani destinati ad abitazione, negozi ed uffici, con razionale sfruttamento dell'area. Buona parte fu riservata alle attività commerciali: una galleria pedonale fiancheggiata da negozi collega via Roma con la via Felice Senna. Pure la via Castellini, l'antica via Longa, ha subito un notevole cambiamento: una serie consistente di appartamenti di alcuni palazzi di dieci piani ha cambiato la fisionomia all’antica strada.  Il vecchio centro storico rappresenta ancora qualche caratteristica di un tempo: il castello mediceo con i segni di un vero luogo di difesa ancora imponente nella sua austerità; la piazza Risorgimento dove è ben visibile qualche edificio caratteristico: la Chiesa di San Giovanni; il Palazzo Comunale dove oggi sono gli uffici e dove avvengono le deliberazioni democratiche; il palazzo stile Venezia, ricostruito con pezzi di un vecchio palazzo non melegnanese. Ma il centro storico ancora emana la sua influenza ed esercita la sua importanza, perché è luogo di convergenza per incontri, per interessi economici. La piazza del centro storico è il punto delle vie radiali che si dipartono per la periferia, ed è qui dove si agita la vita associativa cittadina del Melegnanese dove raccoglie la vivacità del mercato settimanale; e questa vitalità è sconosciuta ad altri agglomerati urbani, come San Giuliano e San Donato. Il cittadino che viene al mercato si trova quasi tra le pareti di una vasta casa, quasi un enorme famiglia che brulica tra le bancarelle e il chiasso di tutte le merci; questo è ancora il senso umano e civico del centro storico di Melegnano come polo di attrazione sulla fascia dei Comuni vicini.  Considerando più da vicino la tipologia urbana possiamo osservare che la maglia viaria è complessa. Le strade dì interesse sono parecchie e si dipartono dall'abitato in varie direzioni verso i paesi sui quali il centro di Melegnano esercita un’influenza. I centri a tipologia urbana, come Melegnano, manifestano visibilmente la loro lontana origine storica dovuta all'impianto delle strade. Infatti l'importanza di Melegnano, ancora oggi dovuta alla esigenza viabilistica, già nell'epoca romana, nell'anno 333 dopo Cristo, risultava dall'entità della funzione tecnica del servizio per il cambio dei cavalli sulla via romana Piacenza-Milano.  Il tessuto urbano di Melegnano ha come orditura viaria principale una serie di strade che confluiscono verso un centro, con orientamento geografico vario, come varia è la diramazione delle strade stesse verso la periferia.  L'impianto urbano di Melegnano è diviso in due dal fiume Lambro e un ponte collega le due parti storiche del paese: su questo asse si svolge l'intenso traffico interno, ed è nelle vicinanze di questo ponte che sorge il centro storico della città. A Melegnano il tipo di organizzazione socioeconomica ove la popolazione, anche in un recente passato, si è dedicata ad attività commerciali ed artigianali, ha richiesto una appropriata strutturazione anche delle residenze, dovute ad esigenze diverse da quelle che si richiedevano da altri tempi Melegnano, per i suoi precedenti storici e per caratteristiche particolari come sede di importanti uffici ed enti pubblici, come centro di notevole attività industriale e commerciale, con una attrezzatura idonea e moderna di servizi pubblici, per decreto del presidente del Consiglio del 26 agosto 1959, ha ricevuto il titolo di " città ". Da allora quindi il nostro paese divenne " Città di Melegnano ".
Associazioni e finalità
L'esigenza di socialità e di organizzazione per esprimere diverse espressioni civiche fece nascere e rinforzare, negli anni della democrazia, associazioni con specifiche finalità: umanitarie, ricreative, combattentistiche, sindacali e di categoria, sportive, tecniche, economiche e di interesse collettivo.  Alla base di queste associazioni stanno alcuni fattori fondamentali di giustificazione o di carica stimolante: il desiderio di fare qualche cosa per gli altri; il concretare una propria inclinazione in un settore di cui si è appassionati; l'incontro più facile e naturale con amici di vecchia data o di affinità elettive: un bisogno di polemica contro altri gruppi o altre associazioni; l'ambizione personale di primeggiare e di compensare, con strategia della propria collocazione personale, alla impossibilità di entrare in altre consorterie melegnanesi; voler operare una continuità, su altri binari associativi, di iniziative già fatte altre volte in altri gruppi.  Ma quali fossero i motivi determinanti sul piano privato e strettamente personale, sta la realtà positiva che ogni associazione e gruppo ha dato comunque un contributo utile e talvolta determinante alla elevazione dignitosa e fruttuosa.  Il significato vero di queste associazioni è quello di poter offrire al singolo melegnanese la possibilità di essere aiutato e confortato, incoraggiandolo ad esprimersi là dove le sue capacità lo possono fare.  Talvolta è pure capitato ed ancora capita che vi sono due associazioni collaterali nel corso della storia di Melegnano, almeno negli ultimi cinquant'anni: due associazioni operaie: la Società operaia ed il Circolo popolare operaio S. Maurizio; due corpi musicali: la Cittadina fascista e la S. Giuseppe dell'oratorio maschile, eredi di un corpo musicale che già esisteva nel 1861 in pieno risorgimento; due associazioni di ginnastica: la Virtus et Labor ed i dissidenti della Virtus et Labor trovatisi di fronte al concorso di Napoli in periodo fascista per rappresentare Melegnano; due associazioni di artigiani: di Milano e di Lodi; rivalità di ostile indifferenza per un po' di tempo tra azioni cattoliche e scout; due associazioni sportive di ciclismo: il Pedale Melegnanese e la Fausto Coppi; e da ultimo due associazioni organizzative di plurime attività: la Pro Loco e la Pro Melegnano.  Ma queste situazioni porterebbero ad un discorso più lungo sul rapporto tra società e singolo cittadino: i fatti storici melegnanesi riguardano i rapporti che legano gli uni agli altri concittadini viventi nella società locale, e le forze sociali talvolta sviluppano effetti spesso diversi e non di rado opposti ai risultati che gli individui si proponevano di raggiungere. Pensare ad una società melegnanese omogenea è un assurdo storico, perché nessuna società, seppure piccolissima, è mai stata ad un solo binario. Bisogna convenire che nessuno e colpevole se avviene una distorsione o se qualcuno distoglie le finalità passando dall'omogeneo all'eterogeneo, cioè passando da una a più associazioni: e una legge nella natura stessa della storia, cioè dell'agire umano, e Melegnano non potrebbe essere una strana eccezione.  Tutte le associazioni politiche, sindacali, economiche, ecclesiastiche, culturali, sportive, assistenziali, combattentistiche e sociali in genere ebbero ed hanno il significato non soltanto di esprimere una attività o di concretare qualche iniziativa talora clamorosa; ma tali associazioni ebbero ed hanno il significato e la funzione di essere una componente per creare quotidianamente la storia cittadina melegnanese: non è stato un genio individuale a portarci fino ad oggi ed a guidarci collettivamente e passivamente; ma sono stati tutti i melegnanesi di ogni tempo, con il loro contributo, spesso in contrasto tra di loro, a creare il tessuto storico di oggi in tutte le sue grosse pieghe e le sue sfumature. Anche se alcuni movimenti assai efficienti sul piano della storia melegnanese furono talvolta composti e manipolati da uno o da pochi melegnanesi, rimane sempre vero che i pochi capi avevano bisogno assolutamente di gruppi e di una certa moltitudine che sono un valore indispensabile per qualunque successo storico, anche se gruppi e moltitudini rimarranno pressoché anonimi o di poco conto.  E la storia melegnanese anche contemporanea non scende dal cielo già confezionata, ma è sempre ed è stata sempre un campo di azioni e di conflitti e di convergenze tra individui consapevoli del loro agire, ma che anche inconsapevolmente sono il prodotto e nello stesso tempo il riflesso della società e della comunità melegnanese.  Tutti siamo un momento delle forze storiche che operano nel vivo tessuto cittadino melegnanese e che contribuiscono a far muovere e a trasformare il pensiero dei melegnanesi.  Alcuni enti ed associazioni e diversi melegnanesi hanno lasciato una loro impronta per l'opera di servizio umanitario.
Croce Bianca
La Croce Bianca è una associazione volontaria di pronto soccorso, fondata a Milano nel 1907 e presto diffusasi in Lombardia; e nel 1953 iniziava a Melegnano una sezione formata da un gruppo di volenterosi, consolidandosi nel 1973 con quattro autoambulanze provviste di mezzi moderni di collegamento, con 120 militi ed ausiliarie, con il servizio sull'Autostrada del Sole, strada per Binasco, strada Cerca di Melzo, strada Pandina e la via Emilia. E da diversi anni funziona una sezione staccata di S. Giuliano.  Le principali prestazioni consistono nel pronto soccorso negli incidenti stradali, infortuni sul lavoro, trasporto di ammalati, servizi di emergenza nelle pubbliche e nelle private calamità. Il motto è " Ama il prossimo tuo".  L'organizzazione della Croce Bianca è articolata in modo tale che durante i giorni feriali due dipendenti pagati sono sempre a disposizione unitamente a volontari che abbiano tempo. Per la notte e per il sabato e i giorni festivi vi sono squadre a turno di volontari.  Il raggio di azione e di giurisdizione comprende 24 Comuni per una popolazione di 110.000 abitanti.  La Croce Bianca è una associazione che non mira a scopi di guadagno; assicura la certezza di arrivare in pochi minuti sul luogo di chiamata; facilita la possibilità di ricovero; non fa nessuna distinzione nel servizio; crea un clima di calda cordialità tra i militi e tra le ausiliarie sviluppando il senso dell'amicizia e della schietta collaborazione; dà una investitura di alta dignità civile ed umanitaria a Melegnano come città che mancherebbe di qualche cosa se non avesse questo tipo di associazione e di servizio. Soprattutto è la dimostrazione più evidente in Melegnano che esiste ancora il senso del sacrificio, al di là della ricerca di collocazioni ambiziose e baronali, perché finora in Croce Bianca Melegnano non c'è stato posto per questo tipo di arrivismo di tinta provinciale.
Avis
L'Associazione italiana volontari del sangue, cioè 1'Avis, fu istituita nel 1945 da un gruppo di melegnanesi: dottor Giovanni Battista Maroni, dottor Alfeo Giudici, dottor Enrico Battaglioli, con Giovanni Meda, Paolo Frigerio, Giuseppe Casati, e la sua fondazione avvenne quando il sistema di trasfusione di sangue era ai primi tentativi ed alle prime applicazioni: già da allora il donatore era convocato a qualunque ora del giorno o della notte e doveva correre dove vi era bisogno di lui; e la trasfusione avveniva direttamente dal suo braccio a quello del bisognoso, ed in simili condizioni anche gli attimi di tempo erano preziosi.
Nell'anno successivo, 1946, avvenne la fondazione ufficiale dell'Avis di Melegnano; dopo 25 anni, in cui conobbe come presidenti Enrico Battaglioli, Enrico Invernizzi, Franco Caremoli, Giov.  Battista Maroni, coadiuvati dal segretario Guido Bandirali, contava 180 iscritti, avendo effettuato circa 7.000 trasfusioni per un totale di centimetri cubi 2.700.000 di sangue. Tutto questo nel 1974.  Il problema assillante era ed è sempre la richiesta di sangue ogni giorno, perché lo scopo unico dell'Avis è la salvezza della vita umana. Naturalmente anche questa associazione, come la Croce Bianca, gode di tutta la stima e la simpatia della cittadinanza melegnanese. Ed alla sua direzione stavano cittadini melegnanesi di ogni ceto sociale.
Unitalsi
L'Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes (Unitalsi) ebbe, nel marzo del 1968, un suo gruppo organizzato che era in dipendenza della Sottoscrizione " Dell'Avo " di Lodi. Il comitato locale era composto da Bruna Spelta, Mauro Cremonesi, con il presidente dottor Giuseppe Rottoli. Il personale direttivo e quello di assistenza che compongono l'associazione medici, dame di carità, barellieri, cucinieri - è volontario e presta la sua attività gratuitamente, pagandosi anche la personale quota di viaggio e di soggiorno.  Lo scopo dell'Unitalsi è quello di accompagnare ogni persona di qualunque fede religiosa o politica e di ogni condizione sociale, purché ammalata a Lourdes, a Loreto e in quei santuari dove gli ammalati trovano sollievo e conforto. A Melegnano l'Unitalsi organizza anche la Giornata dell'ammalato.
Acli
Il Circolo ACLI (Associazione Cristiana Lavoratori Italiani) di Melegnano si è aperto nel 1947, all'indomani della fine della guerra e nel periodo di lenta difficile strutturazione politica e sindacale, e quando dopo secoli di nessuna o di modesta considerazione, la classe operaia poteva farsi innanzi e organizzarsi con robusta attività. Da allora il circolo Acli ha operato in diversi settori: l'attività formativa per dare una coscienza ed una consapevolezza come condizioni necessarie per assumere responsabilità sociali, e ciò è concretato con gli incontri sui temi politici, amministrativi, sindacali, religiosi, con numerosi corsi per giovani e signorine in preparazione alla famiglia ed ai problemi attuali; l'assistenza sociale gratuita svolta dal Segretariato del Popolo, per svolgere pratiche di infortunio, invalidità, di vecchiaia, reversibilità, assegni familiari, versamenti volontari; l'occupazione del tempo libero per lavoratori con gite turistiche, sciistiche, sociali, con gare di gioco, concerti musicali ed audizioni; prestazione artistica con una propria orchestra ed una robusta corale.  Il circolo Acli ha svolto e svolge un'opera indispensabile a favore della classe operaia melegnanese, segnando la punta più avanzata e dinamica del proletariato cristiano. Certo, la sua è una posizione di estrema delicatezza e talvolta riceve gretta incomprensione e critica illogica.  Le Acli melegnanesi appartengono in maggior parte alla sinistra democristiana, e ciò implica l'impossibilità di alleanze o di simpatia con elementi conservatori o con impostazioni di pacifismo borghese; implica la continua critica e revisione dei rapporti con i partiti politici e con ogni evento melegnanese che abbia uno sfondo politico, religioso e sociale. E la forza dell'Acli non consiste unicamente nei suoi iscritti o nella massa delle attività, ma nella pratica quotidiana del lavoro, nell'occupazione e nel contatto in fabbrica e negli uffici con altre fedi politiche, cioè nella realtà vissuta quotidianamente del problema del lavoratore: dal viaggio pendolare, alla situazione interna dell'azienda, all'impegno di appoggiare le rivendicazioni delle masse operaie; la sua forza è dunque quella di essere al sicuro dal pericolo di astrattismo o di problematiche solo teoriche.  L'Acli di Melegnano ha conosciuto e conosce, alla sua direzione, uomini attivi ed intraprendenti. Il presidente Pasquale Quartiani ha retto l'Acli melegnanese per 14 anni con intelligenza e con passione civica; la sua opera ebbe risultati positivamente apprezzabili, forse non più raggiunti, e con lui l'Acli melegnanese acquistò valore ed importanza cittadina, anche tenendo conto di certe difficoltà di rapporti con il parroco Arturo Giovenzana che pur aveva avuto l'idea di fornire alle Acli la sede edilizia in affitto. Ed accanto a Quartiani stavano i suoi collaboratori più responsabilizzati tra i soci: don Mario Ferreri di salda esemplare austerità; Maria Caminada segretaria per 17 anni; Ambrogio De Bernardi addetto al tesseramento; Mariuccia Canzi, Annunciata Calori, Carla Giuliani nell'assolvere all'impegno sociale di addette al Segretariato del Popolo; Paolo Maraschi consigliere del Circolo e direttore della corale alpina La Piccozza; Nino Radaelli amministratore; Dante Mombelli, i fratelli Falce, Antonio Follini, Antonio De Giorgi, Giuseppe Bertuzzi, i fratelli Festa, Paolo Peroni, Carlo Peveri.
Sport e tempo libero
Un settore molto attivo e praticato è quello sportivo, attraverso una fitta serie di società. Il nome dei dirigenti, dei soci, dei giocatori, dei simpatizzanti è a noi tutti assai noto perché vivono nell'incontro della vita quotidiana. Il nostro elenco si ferma al 1974.  Comunque un elenco, sia pur scheletrico, deve comprendere queste società: la Società Ginnastica Virtus et Labor, da cui sono usciti anche alcuni olimpionici, Antonio Marovelli e Angelo Vicardi; la Unione Sportiva Melegnanese che è la società di calcio più rappresentativa e con prestazione più regolare ed intensa; la Società Benfica che nel 1971 assunse la denominazione di Associazione Calcistica Pro Melegnano; il Pedale Melegnanese; il gruppo sportivo Fausto Coppi; il Vespa Club Melegnano; la sezione corse automobilistiche Scam; la sezione comunale dei Cacciatori di Melegnano; il Gruppo pescatori sportivi; le varie Bocciofile melegnanesi; la Colombofila melegnanese; e diversi club di simpatizzanti: Inter club, Milan club, Juventus club. Una storia importante e caratteristica è tenuta dal Moto Club Natale Boneschi, e Usom basket.  Altre associazioni soprattutto giovanili vanno ad aggiungersi: il centro Scout, che da oltre 25 anni raduna il movimento scoutistico maschile e femminile; il Centro Giovanile; il Centro Giovanile Carmine; la Melegnano Giovani; la Piccola Ribalta; il Cinecircolo Bob Kennedy; l'Associazione filatelica; la Melegnano-Cultura, di lunga e ricca tradizione e di importanti iniziative specialmente per l'intelligente opera di un gruppo di intellettuali di Melegnano, ma che diminuì e terminò le sue prestazioni quando fu costituita la Pro Loco.  Carattere organizzativo e rappresentativo di associazione sono l'Associazione nazionale combattenti; l'Associazione famiglie dei caduti e dei dispersi; l'Associazione mutilati ed invalidi civili; l'Associazione nazionale ex internati; l'Associazione Bersaglieri d'Italia.
L'arte
Nella prima metà del secolo, ricco e complesso di avvenimenti politici, economici, sociali, operano nel campo dell'arte Stefano Bersani, Vitaliano Marchini, Enrico Oldani.  Il pittore Stefano Bersani nacque a Melegnano nel 1872 e morì a Lora, presso Como, all'età di 42 anni. Frequentò i corsi di Brera a Milano e produsse, pur nella breve vita, molte opere. Nel marzo 1915 si allestì una mostra retrospettiva delle sue opere nel Palazzo della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano.  I suoi quadri stanno nelle gallerie, nei musei e nelle case private.  I temi più sviluppati nella sua produzione pittorica, su quadri ad olio e sulle pareti ad affresco, erano la maternità, la campagna, l'amore, i sentimenti intimi del cuore. Ma l'ispirazione costante, quasi sempre presente, è la figura femminile, colta nei diversi atteggiamenti e sentimenti: la maternità della mamma che bacia con fervore il bambino stando sul prato; la ragazza tesa allo spasimo attaccata all'albero spiando l'arrivo del suo uomo; la contadina rivolta alle nubi quasi per rimproverarle; la mietitrice al termine del lavoro con gesto di orgoglio; la strega nell'antro che evoca immagini con gesto istrionico forsennato; la suora china nell'abbandono malinconico e rassegnato. Sono atteggiamenti femminili fuori dal comune quotidiano modo di vivere, ma colti nei momenti di estremizzazione del normale comportamento.  Lo scultore Vitaliano Marchini nacque a Melegnano nel 1888 e fu un lavoratore fecondo ed impegnato per tutta la vita. Fece sculture in marmo, in bronzo ed in cotto che si trovano ora nei palazzi pubblici, nelle chiese, nei cimiteri, nelle case private. Fu per 32 anni insegnante all'Accademia di Brera e direttore della Scuola Superiore dell'Accademia degli Artefici di Brera, e Direttore della Scuola marmoristi ornatisti del duomo di Milano.  Suoi temi preferiti furono il lavoro umano, la vita in famiglia, i fatti della Bibbia: umanità e religione. Ma furono opere che nacquero da travagli, da conflitti, da dolori che pochi conoscevano perché Marchini era un solitario, o meglio un " buono " ed un amico modesto senza intemperanze pubbliche.  All'età di 71 anni si ritirò nella sua casa di Mergozzo in provincia di Novara, continuando il suo lavoro. Morendo lasciò nel campo della vera arte il suo nome degno di immortalità artistica.  Per memoria e per dignità gli sta accanto il pittore Italo Martinenghi nato nel 1880 e morto nel 1954. Riportiamo qui il giudizio critico fatto dallo scultore Vitaliano Marchini: " E' bene ricordare la figura semplice, umile e buona di questo uomo, solitario nel suo lavoro e nello studio del disegno e della pittura, che ha dedicato tanta parte della sua vita per scoprire se stesso e i segreti del colore e della forma. Studiò con intenso amore la figura umana producendo opere veramente interessanti: si vedano i ritratti e, tra questi, l'autoritratto, opera seria pittorica riuscita. Fui vicino a lui nella mia giovinezza e mi fu guida paterna. L'ho seguito poi nei suoi lavori di pittura murale. Esperto come pochi nella tecnica dell'affresco, lasciò l'impronta della sua arte in non poche case signorili del melegnanese ed altrove. Il gusto decorativo di questo pittore fu sempre ispirato a nobiltà di stile nel concetto e nella esecuzione. Molto ho imparato da lui, anche se poi non l'ho seguito nella sua arte. I miei primi tentativi plastici li ho compiuti nella sua casa col ritratto del figlio Agnolo, allora appena bambino, ed è una scultura che ancora mi piace. Rimpiangendo la saggezza e la probità di questo artista schivo da ogni notorietà, vorrei ricordare, oltre agli olii, le numerose pitture nella parrocchiale di Civesio, di S. Pietro di Melegnano, a Colturano, a S. Giuliano Milanese, a S. Giovanni in Melegnano, con gli affreschi in cimiteri ed in cappelle votive del melegnanese ". Vive ancora nelle sue opere il pittore Enrico Oldani, nato a Melegnano nel 1914 e morto il 19 novembre 1970. Dopo gli studi di Brera si era dedicato all'insegnamento ed ad un'intensa attività pittorica che gli consentì di partecipare a numerose mostre collettive e di allestire diverse mostre personali. Assai noto negli ambienti artistici era sempre invitato alle più note rassegne d'arte, sebbene il suo temperamento lo rendesse singolare ed originale negli incontri cordiali con gli amici e conoscenti. Le sue opere sono sparse un po' dovunque, nelle raccolte, nelle case di privati e di amici, nelle abitazioni di amatori ed intenditori. Oldani lasciò una preziosa eredità, non tanto per la vasta opera pittorica a livello di autentico artista tra i maggiori, ma per lo stimolo a seguire una strada aperta dalla sua arte ricca di problematiche formali e contenutistiche. La sua pittura, quando era apparsa, aveva disorientato parecchi, anche tra gli amici e i più vicini; e forse Oldani a Melegnano stentava ad essere compreso. Marchini, Bersani, Martinenghi erano facilmente letti e capiti; e la loro arte parlava senza intermediari culturali o speciali ricchezze personali di sensibilità. Mentre invece Oldani non arrivava immediatamente a chi lo guardava: i suoi lavori, all'inizio della grande opera nella stagione matura e professionale, erano bloccati da poche persone. Più tardi, tuttavia, il discorso della sua grande poetica si fece maggiormente spazio: e si capì che Oldani era non soltanto un pittore dal colore che urlava, ma un artista accanito a riscoprire, con tecnica raffinata, la qualità ultima della realtà che circonda l'uomo: l'universo non più tradizionalmente sentito e descritto, ma l'universo reintegrato e assalito con istinto di primordiale simpatia.  E' vivente e attivo a Melegnano il pittore Giuseppe Motti. Egli stesso racconta la sua vita e la sua opera così: " Tutto quello che viene a trovarsi sul cammino dell'uomo-artista, che gli si para dinnanzi come visione di un momento o con continuità di consuetudine, costituisce potenziale pretesto o soggetto o tema della sua espressione artistica.  Tra questi temi ve ne è qualcuno che gli è più congeniale, più necessario, più suo, per un complesso di ragioni che sono sempre soggettive e oggettive insieme, e insieme ambientali e storico-sociali.  Il tema a me più congeniale è il Po con il suo fondo di ghiaia e di sabbia, i suoi argini insicuri, le sue folte pareti di pioppi così piene di mistero, le sue rive di saggina, il dilagare potente e sconfinato alla foce, la sua luce a specchio e, soprattutto, con la sua gente. Quella stessa gente in mezzo a cui ho trascorso l'infanzia, che ho portato nella mente e nel cuore come fantasmi (aventi però la forma di ossessive presenze) e in mezzo alla quale sempre torno per necessità di vita.  Parlare dunque del Po, col linguaggio che mi è proprio, cioè con la pittura, significa parlare di loro: dei braccianti, dei boscaioli, dei barcaioli, dei remaioli di ieri e di oggi; delle ragazze e dei giovanotti che di sabato e di domenica " vanno al Po " dalle borgate o dalle città della Padania; degli uomini all'osteria, dei bambini lungo gli argini in cerca di nidi, oggi come ieri; in una parola: della gente che sul fiume fatica, si incontra, ama, ride, soffre, gioisce.  Il Po che dipingevo anche solo qualche anno fa non è più quello che dipingo oggi. Il mio Po di allora era fatto di azzurri e di verdi perché la vita che la gente una volta viveva sul Po era una vita più serena, anche se materialmente più dura. Oggi la mia tavolozza si è fatta più violenta, ha un linguaggio più drammatico, anche il momento dell'abbandono lirico ha sempre un elemento di rottura che ne segna la precarietà, perché la vita di quella gente, la nostra vita, è sovrastata dal dramma, dalla precarietà: perché questo pericolo di una lenta distruzione dell'elemento natura intorno all'uomo ci fa tutti, più o meno consapevolmente, rabbrividire. E allora in me insorge la necessità di porre i miei uomini, i miei personaggi come simboli della continuità della vita, di farli parlare con la staticità e la fermezza di statue che restano ".  Si segnala per la robustezza dell'impostazione, per il taglio sicuro, per ricchezza di ispirazione Vincenzo Caminada, che nel rame trasfonde sano lirismo privo di tinte decadentistiche anche in motivi delicatamente trattati, in un'arte maggiore, talvolta rude talvolta tenera, talvolta religioso-mistica. I suoi " rami " stanno nelle case private, nelle chiese, nelle raccolte, nei luoghi pubblici, come segno evidente di una lavorazione che, al di là dell'effetto cromatico, rapporta la tradizione ad un sempre fresco riscoprimento di valori spirituali.  In occasione del Primo e Secondo Salone degli artisti contemporanei melegnanesi, organizzati dalla Pro Loco, una schiera di pittori o di dilettanti dell'arte si è presentata al pubblico con le proprie opere: Giuseppe Barbè, Margherita Barbieri, Giuseppe Beccarini, Enrico Bellocchio, Antonio Cagnazzi, Antonio Caminada, Annibale Follini, Renata Follini, Ugo Fraschetti, Sergio Generani, Elisabetta Giannetta, Adele Giudici, Paolo Marchetti, Agnolo Martinenghi, Consolato Minniti, Maria Gatti Pagani, Maria Assunta Pogliaghi, Anna Polli, Gianluigi Sala, Giampiero Sala, Adriano Scala, Angelo Turin, Gianni Zuccaro.  Alcuni di questi pittori sono già affermati e giustamente famosi; altri sono discussi; altri sono a livello dilettantistico. Il pubblico e la critica danno, di volta in volta, la misura del loro valore, ed il tempo stabilirà la verità.
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