Chiesa di S. Maria di Cepola

AGOA


Della chiesa di Santa Maria di Cepola si hanno notizie sin dal 1090, quando il giudice di Cagliari la donò ai monaci di S. Vittore di Marsiglia. Si trattava verosimilmente di un edificio tardo-bizantino di cui potremmo avere notizie solo attraverso saggi di scavo; venne infatti interamente ricostruito intorno alla metà del XII secolo, come si deduce dalle strutture originarie rimaste, cioè parte dei muri laterali e tutto il prospetto posteriore. La chiesa costituisce il primo esempio, a Quartu, del periodo romanico e unisce esperienze provenzali (importate dai Vittorini nel 1089) e toscane, presenti nel Campidano di Cagliari già dal 1141 nella costruzione del S. Platano di Villaspeciosa. Le prime sono evidenti nella centina dei conci che incornicia senza soluzione la porta attualmente murata del prospetto laterale destro dell'unica navata, conclusa ad est da un'abside semicircolare voltata a semicatino ed illuminata tramite una monofora a pieno centro con sguanci verso l'interno. Influssi toscani si leggono, invece, nel bel paramento murario in conci squadrati e nell'uso, anche in origine della copertura a capriate laddove i Vittorini usavano volte a botte sottese da archi a tutto sesto (doubleaux), quali si hanno nei S. Saturno di Cagliari (rifacimenti vittorini 1089-1118), Santa Maria di Sibiola a Serdiana (primo quarto sec.XII), S. Efisio di Nora (dopo il 1089) ecc. Il primo impianto della chiesa di S. Agata é caratterizzato invece da riferimenti toscani rimessi in luce dai saggi di scavo realizzati nel 1992-93 in occasione del restauro dell'edificio. A giudicare da ciò che resta sia nel sottosuolo che inserito nelle fabbriche successive, si trattava di una bella chiesa dotata di una sola, ampia navata realizzata con un'accuratissima opera quadrata, coronata all'esterno da archetti pensili a tutto sesto impostati su corposi peducci e terminante, a nord-est, in una raffinata abside semicircolare ritmata da una finta loggia impostata su di uno zoccolo a scarpa liscia, secondo un suggerimento tatto dall'abside della cripta della Santa Giusta di Oristano, costruita da maestri toscani conservano solo le fondazioni e parte delle strutture murarie del prospetto posteriore. I suoi esecutori, verosimilmente locali, espressero una cultura complessa, che compendia esperienze tardo-romaniche e gotico-toscane; queste ultime, tratte dal S. Francesco di Stampace a Cagliari (1274-1285), si notano soprattutto nell'unica abside rettangolare (così detta "a scarsella") voltata a crociera costolata ed illuminata da una bella bifora aperta nella parete frontale, come si può ancora vedere nonostante i vistosi rimaneggiamenti.

Nel 1631, il vescovo di Cagliari donò ai padri cappuccini la sua vasta proprietà quartese, che comprendeva la chiesa medioevale di Sant'Agata, perché potessero costruire un convento. L'edificio, dedicato a S. Francesco, edificato con il concorso di tutta la popolazione, adiacente al lato sinistro della chiesa; fu realizzato secondo modi costruttivi del tempo e nel rispetto dell'iconografia peculiare dell'Ordine, entrambi ancora leggibili nonostante i profondi rimaneggiamenti subiti dopo il 1869, quando lo si adibì ad usi civili. Al pian terreno, le volte a botte e a crociera coprono ancora molti degli ambienti che si susseguono lungo i portici del chiostro scanditi da archi a tutto sesto; al primo piano, le cellette dei frati, coperte ad archi a tutto sesto; al primo piano, le cellette dei frati, coperte ad incannucciato su travi di ginepro, sono state invece sostituite da ambienti più ampi e dotati di solaio piano. Anche la chiesa venne restaurata e ampliata; risalgono infatti al Seicento le attuali volte a botte della navata e quella a crociera sottilmente nervata del presbiterio e le tre cappelle aperte nel lato destro. Tali lavori interessarono anche la chiesa che venne restaurata e ampliata.



Quartu S.E. 13 giu 2000