Notizie storiche

AGOA


Durante il periodo dell'altomedioevo, quando il territorio dell'attuale Quartu era parte del giudicato di Cagliari e poi durante la dominazione pisana (dopo il 1258) e aragonese (1326-1478), esistevano tre borghi medioevali confinanti ma ben distinti l'uno dall'altro, nonostante Giacomo II d'Aragona (re del Regnum Sardiniae et Corsicae) li avesse uniti, nel 1327, sotto l'unico nome di Quarto. I villaggi erano denominati: Quarto jus o josso (inferiore), Quarto domino (del signore) e Cepola. I documenti che li menzionano non riferiscono notizie circostanziate sulla loro ubicazione, che é comunque identificabile poiché gli stessi comunicano il nome di alcune località e chiese ancora esistenti.
Quarto jus si estendeva a Nord-Ovest dell'attuale centro quartese, verso Quarto sus o susso (superiore), chiamato anche Quarto toto, intorno alla Chiesa di S. Pietro di Ponte, compresa in un aggregato rurale, proprietà nel 1119 dei monaci Benedettini di S. Vittore di Marsiglia. Il villaggio inglobava parte della attuale località "Su Idanu", dove sorgevano le Chiese di S. Agata, inserita in una vasta proprietà del vescovo di Cagliari, e la Chiesa di S. Efisio, appartenente nel 1119 ai Vittorini e attualmente cappella cimiteriale di Quartucciu. Nel borgo convergevano probabilmente le strade per Cagliari, per Is Arenas e per i villaggi vicini, che, disposti in semicerchio, facevano da corona al capoluogo. Quarto domino si sviluppava a Sud-Est e abbracciava verosimilmente il sito in cui esiste, dal 1728, la Chiesa di S. Efisio; la sua chiesa era con tutta probabilità quella di S. Elena, situata alla periferia secondo una tradizione d'origine bizantina, presso cui passava, forse, la "via pubblica" che, costeggiando la Chiesa di S. Benedetto ed il S. Pietro di Ponte, portava ai villaggi dell'entroterra.
Infine il Villaggio di Cepola, con la Chiesa di S. Maria (di cui abbiamo notizie sin dal 1090), si estendeva verso sud, mettendosi in diretta relazione con lo spazio agrario di Is Arenas e l'importantissimo complesso delle saline. Sulle abitazioni del tempo ci restano soltanto generiche notizie d'archivio. Risulta che venivano realizzate con mattoni di fango cotti al sole (ladiri), entro ampi cortili dove stavano il forno, il pozzo, gli animali domestici e di cui una parte veniva adibita ad orto. Difficile dire se i porticati fossero già diffusi e se le case avessero un piano superiore; una casa con "iscala" appare, per esempio, ai primi del secolo XIII in un atto di permuta e di acquisti; poiché mancano altri riferimenti, è comunque probabile che la scala in questione portasse, più che ad un primo piano, ad un solaio. A Quarto josso si distinguevano dalle altre per valore architettonico la casa di campagna e la "torre" del vescovo, inserite in una vasta proprietà coltivata. La lettura storico-stilistica delle strutture più antiche degli edifici religiosi menzioanti ci consente, invece, di conoscere in modo esauriente l'evolversi dell'architettura chiesastica locale, la cui storia "riassume" quella del Campidano.
Nel corso del XIV secolo, dopo la conquista del Castello di Cagliari da parte dell'infante Alfonso d'Aragona (1324-26), si diffuse lo stile gotico della Catalogna; i primi suggerimenti del nuovo gusto si leggono nella disposizione dei conci che incorniciano le due porte a sesto acuto della chiesa di S. Benedetto, situata nell'attuale via Marconi, peraltro legata a schemi tardo-romanici nella pianta allungata dell'unica navata e nella concezione della tozza abside semicircolare. Con il quasi completo rifacimento, nei primi decenni del secolo scorso, della chiesa di S. Elena, scomparve un interessante esempio tardo-gotico-catalano sardo, quale si andò affermando a Cagliari, prima del 1371, con la costruzione della chiesa di S. Eulalia. Come apprendiamo dai resoconti di antiche visite pastorali, l'edificio aveva un'ampia navata coperta in legname, una "capilla mayor" quadrangolare voltata a crociera e nove cappelle costruite in tempi e, quindi in modi diversi, la prima alla fine del '500 e l'ultima nei primi decenni del '700. Lo stile gotico della catalogna penetrò profondamente nella cultura locale; una delle sue ultime espressioni fu l'oratorio del Rosario, costruito ai primi del Seicento in comunicazione con l'omonima cappella della chiesa di S. Elena. L'ambiente, oggi adibito a museo, conserva ancora la bella volta stellare disegnata da costoloni modanati che scaricano su capitelli angolari ornati da motivi fogliacei scolpiti a giorno. Allo stesso ambito culturale appartiene anche la copertura lignea su archi acuti a diaframma del S. Pietro di Ponte, che sostituì in un momento imprecisato l'originaria a capriate, e l'ampliamento della Santa Maria di Cepola, che venne tra l'altro dotata di una nuova facciata dal terminale piatto e merlato.
Le battaglie combattute nel nostro territorio tra gli arborensi e i nuovi conquistatori aragonesi nel corso del XIV e XV secolo, le epidemie e la carestia causarono una diminuzione della popolazione, che determinò la concentrazione di Quarto jus e Quarto domino nell'unico villaggio di Quarto, di cui la prima chiesa parrocchiale fu quella di Sant'Elena.
Divenuto con l'avvento della dominazione spagnola (1479) una "real baronia", il paese assorbì, questa volta di fatto, anche il borgo di Cepola. Prese quindi ad estendersi ad est, verso una chiesa campestre intitolata a Santa Lucia.
Dopo la parentesi austriaca (1708-17) ed un breve ritorno alla Spagna (1717-18), la Sardegna passò sotto la dominazione piemontese dei Savoia. Il governo della baronia di Quarto restò ai Pes di Villamarina, cui era stato concesso nel 1708 da Carlo VI d'Asburgo. Con la costruzione della chiesa vennero realizzate anche le strade che vi conducevano, ribattezzate in questo secolo rispettivamente via Garibaldi e via Martini. Nell'edificio rimasto fedele al suo aspetto originario, si attardano modi secenteschi nella volta a botte ritmata da sottarchi della navata ed in quella a vela delle due cappelle. Benché per Quarto costituisse il primo esempio, anche la cupola ottagonale su tamburo quadrato che copre il presbiterio fu realizzato secondo schemi del secolo precedente.
Qualche concessione al barocco si riscontra invece nell'oratorio delle Anime (poi di Bonaria), costruito nel 1755 a sinistra della parrocchiale di Sant'Elena come cappella dell'antico cimitero, anch'esso dedicato alla Santa imperatrice, cui si accedeva dal sagrato.
La prima immagine attendibile della Quartu moderna viene offerta nel 1848 dalla mappa del catasto De Candia, quando il paese, che contava 5900 abitanti, aveva ormai sviluppato una dimensione edilizia estesa, con la struttura caratteristica del centro agricolo; aveva cioè case con ampie corti, una rete viaria strettamente funzionale al disimpegno delle abitazioni e mancava o quasi di spazi pubblici destinati ad attività collettive. La carta mostra, inoltre, chiaramente come ad un impianto urbano regolato sull'impronta della "centuriato romana" si siano sovrapposti nel tempo sia quello medioevale a fuso che unisce il quartiere di Cepola con il sito del mercato, nella centrale località di "Sa perda mulla", un tempo compresa nel borgo di Quarto domino, dove esistevano evidentemente terreni liberi; sia l'assetto viario che si era sviluppato come una sorta di labirinto, derivato dal progressivo frazionamento delle corti; sia, infine, la direttrice in diagonale per il Sarrabus, che, attraversando l'abitato sino alle aie pubbliche, passava davanti alla periferica chiesetta di S. Gregorio e, inoltrandosi nella campagna fino allo stagno di Simbirizzi.
La situazione urbana del 1878 ci viene, invece, restituita dalla carta inserita nella Monografia del segretario comunale quartese Luigi Rossi Vitelli.
Intanto, con l'unità d'Italia (1861), il governo aveva promulgato nuove leggi, che determinarono importanti cambiamenti. In seguito alle leggi Siccardi (1850), venne soppresso, tra gli altri, l'Ordine Cappuccino e, nel 1866, il Regno ne espropriò i beni.
Nella seconda metà dell'Ottocento si ebbe un notevole incremento della popolazione, che determinò l'espandersi del centro urbano e la necessità di avere edifici pubblici adeguati, realizzati spesso con difficoltà economiche per problemi causati all'Amministrazione da epidemie (vedi il colera del 1854) e nubifragi, tra i quali restò nella tradizione popolare quello del 1889. Risale a quest'arco di tempo la realizzazione del carcere mandamentale, della caserma, della casa comunale e del mattatoio.
La casa comunale, demolita da qualche anno, come le più o meno antiche costruzioni circostanti, per far posto all'attuale Palazzo comunale, sorgeva tra la via Centrale (oggi via Eligio Porcu) e la via Umberto I. Era stata edificata tra il 1895-96, secondo il progetto dell'ingegner Antonio Franco Loi, ed insisteva sul sito occupato in precedenza da una casa donata al Comune dal quartese canonico Giuseppe Murgia. Di poche pretese ma decorosa, si sviluppava tutta su di un piano e, con gusto neoclassicheggiante, proponeva all'esterno il ritmo regolare delle sue luci inscritte in archi a tutto sesto. Di particolare interesse storico e salvata dalla demolizione é l'intera decorazione a tempera della sala consiliare nella quale é rappresentata una veduta di Quartu, oggi ricollocata in un ambiente dei convento dei Cappucini L'incipiente movimento liberty, che si identificava con una rivalutazione neo-romantica degli stili medioevali, trovò una sua prima espressione nel nuovo mattatoio, realizzato in forme neo-gotiche tra il 1900-1901 su disegno dello stesso Loi, che si ispirò all'analoga struttura cagliaritana.
L'edificio, trasformato nel 1973 in cantiere comunale con notevole danno delle strutture originarie, conserva quasi intatto il suo prospetto principale, coi tre ingressi ad archi ogivali, due dei quali ancora chiusi da cancelli in ferro battuto, e molti degli ambienti interni, anch'essi scanditi da archi acuti disegnati da mattoni a vista. Sorge nella ormai centralissima via Dante, nel sito occupato in origine da una vigna che si estendeva dietro il vecchio cimitero e a cui si accedeva dalla via Quartucciu. Sostituì il mattatoio ospitato in una casa di via Argiolas, presso le Aie che, un tempo in periferia era stato ormai circondato dalle abitazioni. Negli ultimi decenni del secolo si ebbe una considerevole crescita economica, poiché, accanto alle risorse agrarie, si svilupparono progressivamente alcune attività industriali rivolte anche al mercato esterno, quali la produzione dei laterizi e del vino. Nella "strada di Selargius" (oggi via Brigata Sassari) esistono sempre le fornaci Maxia e Picci - dove è rimasto tra l'altro un interessante forno Hoffman che, già dal 1889, rifornivano di mattoni cotti l'intero Campidano. Non si conserva più, invece, nella stessa strada, la prima cantina sociale, eretta nel 1920: al suo posto sorge il Banco di Napoli. Sono ancora presenti le strutture dell'antica distilleria Capra, adiacente al lato sinistro della chiesa di Santa Maria di Cepola.
Infine, possiamo citare la comparsa del liberty nelle case della ricca borghesia che in quegli anni andava affermandosi.



Quartu S.E. 13 giu 2000