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L'affresco è un particolare della battaglia
per l'assedio di Lecco. A sinistra in basso è visibile la zona interna
fortificata. A destra si può scorgere un tratto del
fiume Adda. Tutto lo sfondo è costellato da case e cascinali.
Il pittore ha messo bene in evidenza il trambusto bellico che si agita
nella periferia lecchese e soprattutto l'ingresso nel territorio dei plotoni
armati del piccolo esecito di Gian Giacomo Medici. L'avvenimento
si svolge nella primavera del 1528.
Quando l’ebbe il maresciallo Trivulzio, poichè
le artiglierie avevano cambiato il modo di guerreggiare, pose presso il
lago al cominciare dell’erta un baluardo dove collocare le bombarde e chiuse
d’un muro le due rocche. Gian Giacomo trovò questi lavori
imperfetti, li terminò, dirupò dove fosse agevole, scarpellò
verso il monte un fossato il cui fondo seminò di pali aguzzi; dispose
vedette, merli e feritoie con tale saldezza di lavoro in modo tale che
quel luogo già forte per natura diventasse inespugnabile.
Dentro questo luogo il Medici teneva il suo piccolo agguerrito esercito.
Entrando nella Sala delle Battaglie si notano tre elementi: l’architettura
dipinta - gli affreschi dei luoghi di azione di Gian Giacomo Medici - il
monumentale camino L’architettura dipinta, nella parte inferiore, presenta
una zoccolatura a grandi riquadri riproducenti trofei e armi, fucili, aste,
lance, spade, scimitarre, baionette, corazze, stendardi e tamburi, con
le quali armi spicca il genio militare del gran Gian Giacomo che ne fu
il primo possessore. Sopra lo zoccolo poggiano colonne scanalate
che reggono un’architrave e che inquadrano una tappezzeria gialla rabescata,
ornata da festoni. In questo impianto architettonico sono collocati
nove riquadri incorniciati con scene di scontri e di vere battaglie.
Questa sala, che ha le dimensioni di metri 16 per 9,70 e che riceve luce
da quattro finestroni, due verso la piazza del castello e due verso il
cortile interno, è stata usata soprattutto dal 1929 al 1968 come
ufficio comunale specialmente per l’anagrafe, e ora è adoperata
per le varie attività culturali, per mostre e per varie iniziative
di carattere comunitario. Il suo valore è dato dagli affreschi
che stanno dipinti sulle pareti.
La battaglia navale di Bellagio. Sullo sfondo
c'è la cittadina di Varenna sulla sponda orientale del lago di Como. |
Il salone che segue
direttamente quello dell’imperatore è il Salone delle Battaglie
perchè i nove affreschi nelle pareti in alto ricordano le imprese
avventurose e le battaglie o anche i luoghi dove, sul lago di Como e altrove,
Gian Giacomo Medici si trovò ad agire e a combattere prima che diventasse
marchese di Melegnano, quindi prima del 1532. Gian Giacomo Medici
arrivò nella zona del lago di Como ancora giovane per sfuggire alla
legge che lo ricercava come un assassino. Là si era unito
ad una banda di armati. Venne l’occasione per segnalarsi e cogliere
il colpo di fortuna: si unì alle truppe di Francesco Sforza II°,
pretendente al governo del ducato di Milano e con lui entrò vincitore
in Milano il 19 novembre 1521 cacciando via i Francesi; poco dopo partecipò
alla riconquista di tutte le fortezze in nome del duca e si segnalò
in modo particolare nella presa del castello di Musso sul lago di Como.
Da Musso non volle più muoversi ritenendo che quel castello potesse
diventare la sua sede fissa e la base di appoggio sicura per creare un
suo personale dominio su tanta parte delle terre del lago. A Musso
Gian Giacomo tenne la residenza per circa dieci anni vivendo di continue
scorribande e di frequenti assalti fino a quando fu creato marchese di
Melegnano nell’anno 1532. Sul ciglio di uno scosceso promontorio
del lago di Como, a sopracapo di Musso, si innalza un castello che ha per
naturale riparo, da tre parti, inaccessibili balze a precipizio, alle spalle
sta una scogliera alpestre.
La torre in mezzo si eleva da tempi lontanissimi
e forse è da attribuire ai tempi dei Longobardi. Tra quella
torre e il lago i Visconti elevarono una rocca quadrata per difesa e per
tenere a soggezione i paesi vicini.
La conquista del castello di Chiavenna da parte di
Gian Giacomo Medici. In basso a destra si vede Gian Giacomo Medici
a cavallo sull'imbarcazione davanti al castello, con lui Gerardo conte
di Arco, governatore di Como.
L’affresco che sta a destra del camino e
sulla porta di ingresso verso il salone di Ercole rappresenta l’occupazione
del castello di Chiavenna, un luogo importante perchè dominava le
vie che sboccano dallo Spluga e dalla Val Bregaglia e sta come un antemurale
contro i Grigioni. Una tradizione fa rimontare fino ai Calli l’erezione
di quel castello, una parte del quale siede al piano quasi a guardia del
borgo, l’altra detta il Paradiso, sta sopra il ciglione di un’erta rupe
cinta da doppia mura e dalla Mera e non accessibile che per uno stretto
viottolo approfondito a punta di picconi e di scalpello nella pietra ollare,
indi per una scaliera anch’essa ricavata nel vivo del sasso. Non
era possibile conquistare il castello di Chiavenna con la forza.
Gian Giacomo Medici ricorse all’astuzia e affidò l’impresa a Mattiolo
Riccio, uno dei suoi più valorosi. Questo ardito e altri come
lui si posero nascosti accanto alla stradetta che saliva verso il castello
rimanendovi fino a tarda sera nell’oscurità. A notte
il castellano grigione Valfio Silvestri ritornava al castello dopo una
serata trascorsa a cena con amici. Subito venne assalito dai partigiani
del Medici i quali gli imposero con i coltelli alla gola di dare il solito
segno per l’apertura del castello. Il Silvestri resisteva preferendo
la morte al tradimento dei suoi amici e familiari che erano in castello.
Ma un suo figlio che era con lui si mise ad urlare, e la sua voce fu sentita
dalla madre all’interno del castello. |
La madre si svegliò, comprese il pericolo e fece abbassare
il ponte levatoio. Essi, entrati, tennero prigionieri nel silenzio tutti
quelli del castello. La mattina dopo, domenica, arrivarono gli amici
del castellano ignari di tutto, entrarono due o tre alla volta per visitare
l’amico. Ma nessuno di essi usciva più. Alcuni
abitanti della zona, inoltre, scorgendo che sugli spalti del castello vi
erano uomini diversi dal solito, ebbero un forte sospetto e subito suonarono
le campane e diedero l’allarme. Ma intanto giungeva il Medici e Gerardo
conte di Arco governatore di Como con il quale aveva concertato la conquista
della Valtellina. L’affresco rappresenta il momento dell’arrivo di
Gian Giacomo e si vedono a destra il Medici e il conte d’Arco con le loro
bandiere. In primo piano, a sinistra, c’è un monte, forse
è il monte Dalò e sotto vi sono alcune casette al di qua
della Mera. La cinta muraria racchiude le case della borgata. Si
scorgono tre porte situate sulla cinta muraria: la Porta Milanese sulla
destra ed è la porta che si collega alla via. A fianco sul
fiume ecco una torre angolare. Poi in centro è la Porta di San Bartolomeo
o di Oltramera, dove vi è il ponte levatoio. Più a sinistra
la porta chiamata porta del Ponte della Mera. In alto sono visibili
i due colli, uno detto colle del Paradiso, l’altro detto del Castellaccio,
uno più alto dell’altro; sul primo colle sorgeva una torre e sull’altro
sorgeva un vero castello. Verso questo castello alto sale la strada
ripida. Notiamo anche due altri torrioni inglobati nelle mura di difesa.
A sinistra di questo affresco vi sta il camino delle dimensioni di metri
3,20 x 0,95 e con un’altezza di metri 2,20; è opera in marmo di
Verona molto lavorato. Due piedritti fortemente modellati a zampe
sostengono la trabeazione; la sagomatura superiore in cotto dell’altezza
di cm. 70 porta riquadri di colore rosato. La cappa modellata è
affrescata e rappresenta la fucina di Vulcano, antichissimo dio del fuoco
e dei metalli. Si guardi ora la parete che sta di fronte al camino
e che ha tre affreschi puntando lo sguardo sul grande affresco di centro:
esso rappresenta l’assedio di Lecco portato da Gian Giacomo per conquistare
la cittadina, in seguito a diversi avvenimenti. Nel 1525 gli Spagnoli
condotti dal marchese di Pescara occuparono Milano e misero in Como un
presidio spagnolo (1526); ma Francesco I° di Francia, acerrimo nemico
di Carlo V°, riaprendo le ostilità per riconsegnare a Massimiliano
Sforza il ducato di Milano, assumeva al suo servizio il capitano di ventura
Gian Giacomo Medici, famoso e brillante, il quale subito incominciò
a devastare la zona del comasco. Ma presto, per gelosia degli altri
comandanti, lasciò tutto e agi per conto suo, tentando di conquistare
per sé diversi territori. Si mise alla testa di quattromila
Svizzeri reclutati un po’ dovunque. Attaccò le fortezze tenute
dagli Spagnoli: Cantù, le zone della Brianza e arrivò anche
a Lecco. Compose una flottiglia per espugnare Lecco dove erano radunati
i migliori capitani e le truppe scelte della Spagna. Ma avvenne un
colpo di scena. Il governatore spagnolo Antonio de Leyva fece la proposta
di consegnare Lecco a Gian Giacomo perchè la governasse in nome
dell’imperatore e permettesse il passaggio delle vettovaglie per le truppe
spagnole. Era evidente che l’imperatore e la Spagna volevano dalla
loro parte l’audace Gian Giacomo Medici legandolo in modo intelligente,
ma strettamente. Gian Giacomo accettò e tolse l’assedio il
28 marzo 1528. Tre giorni dopo venne stipulata la Convenzione di Pioltello:
a Gian Giacomo veniva confermato per lui e per i suoi successori il dominio
su Musso e su altre località, e il titolo di marchese di Musso e
conte di Lecco. In tale occasione, per dimostrare di esercitare interamente
i diritti della sovranità, coniò speciali monete con la scritta
Io. la. De Medici Marchio Mussi Co. Leuci (Giovanni Giacomo De Medici marchese
di Musso conte di Lecco). E per l’importanza di tutti questi avvenimenti
legati alla faccenda iniziale di Lecco, volle che la memoria di questi
episodi fosse affrescata nel centro della parete del suo castello di Melegnano.
Si osservino a sinistra le mura di difesa con la torre dei Visconti. A
destra il ponte di Azzone Visconti con lo stemma del biscione al centro,
le torri e i rivellini. Si notano i movimenti delle truppe e la lunga
marcia dei soldati, sulla sinistra, dietro lo stendardo di Gian Giacomo Medici che costeggiano le mura della città. In buona evidenza
è il fiume Adda all’uscita del lago di Como che se ne va giù
verso sud. Il pittore che ha affrescato questo paesaggio di Lecco
ha voluto prendere la città proprio di fronte volgendo le sue spalle
al lago. L’interno scoppiò la guerra tra il Medici e il duca di
Milano suo vecchio amico. Fu la cosidetta guerra di Musso. L’affresco
che sta a sinistra del camino mostra il fatto della conquista di Morbegno.
Anche l’affresco che sta sulla grande parete di fronte al camino, e che
è a sinistra dell’affresco di Lecco, è la rappresentazione
di una vicenda della guerra di Musso, la battaglia navale di Bellagio.
Ben visibile sullo sfondo in centro è il borgo di Varenna sulla
sponda orientale del lago. In primo piano, sulla destra sorge Bellagio.
Ben evidenti sono le fortificazioni situate sul promontorio: si scorge
chiaramente un sistema di edifici robusti di difesa e di offesa, in modo
speciale si noti la torre che delimita, in testa, tutti gli edifici fortificati
e che è legata da un muro di cinta difensiva. Andando all’estrema
destra, le mura terminano a ridosso di una massiccia struttura: molto probabilmente
si tratta dei resti della chiesa dedicata a san Pietro. La flotta
di Gian Giacomo Medici era solitamente composta da sette grosse imbarcazioni
da tre vele e con quarantotto remi e munite con cannoni che potevano scagliare
proiettili di diciotto chilogrammi. Inoltre egli armava un’infinità
di barche, barchette e naviglio minore. Per sé teneva un brigantino,
un veliero di piccolo tonnellaggio ma molto veloce. La battaglia
descritta nell’affresco è un episodio della guerra di Musso (aprile
1531 - gennaio 1532) che si combattè tra Gian Giacomo Medici e il
duca di Milano Francesco Sforza II° alleatosi con i Grigioni e altri
Cantoni Svizzeri quando il Medici non aveva voluto consegnare i suoi territori
secondo il trattato tra l’imperatore e il papa Clemente VII° dopo il
convegno di Bologna del 23 dicembre 1529. Il promontorio di Bellagio
fu conteso dalle truppe del duca comandate da Ludovico Vistarini. Qui sbaragliò
e vittoriosamente spaccò le ventotto navi armate del duca.
L’affresco rende bene il momento culminante della battaglia, le navi sono
tra loro aggrovigliate e quasi nel centro dell’affresco si nota il gruppo
più vivace delle imbarcazioni tra loro all’assalto. Si noti
la bellezza del lontano borgo di Varenna in centro e la magnifica prospettiva
paesaggistica dei monti quasi rudi e disegnati come macigni giganti, e
del pianoro in fondo a sinistra. E quasi simbolo di audace ferocia
bellica ecco in cielo volteggiare nervosamente quattro falchi in cerca
di preda. Si volga lo sguardo ora a destra, sulla parete che ha i
finestroni verso la piazza del castello. Gli affreschi sono due. Quello
di sinistra rappresenta un episodio della guerra di Musso. Non ci
sfugga la posizione del castello e delle fortificazioni di Musso.
E’ ben visibile il fossato scarpellato verso il monte. E non sfugga il
particolare della scena di combattimento che si svolge in alto sul monte
verso sinistra, una scena che rievoca l’ostilità dei Grigioni alleati
di Milano contro Gian Giacomo Medici nella guerra del 1531. Essi
davano l’assalto contro Musso, avendo trascinato con immensa fatica le
artiglierie su gli inaccessi rocchi di quello scoglio. Ma Gian Giacomo
arriva in fretta con un forte manipolo di combattenti salendo su sentieri
conosciuti soltanto alle capre e a lui. Si aggrappa sopra la montagna,
ruzzola nel lago i cannoni dei Grigioni e sbaraglia gli assediati.
L’affresco che sta a destra raffigura il promontorio di Bellagio ed è
ben visibile, sullo sfondo in centro, il borgo di Varenna. Durante la guerra
di Musso (aprile 1531 - gennaio 1532) combattutasi tra Gian Giacomo Medici
e il duca di Milano Francesco Sforza Il alleatosi con i Grigioni e altri
Cantoni Svizzeri, la cittadina di Bellagio, per la sua posizione strategica,
fu sconvolta dalla guerra e subì grosse distruzioni. Il promontorio
fu a lungo conteso dalle truppe del duca, comandate da Ludovico Vistarini
contro i soldati di Gian Giacomo. Gli avversari che il Medici doveva affrontare
erano però troppo forti e numerosi, e pertanto, dopo quasi un anno
di lotta, il Medici accettò di abbandonare il lago di Como e la
rocca di Musso, ottenendo in cambio il castello di Melegnano e la nomina
a marchese. L’affresco, nella sala delle battaglie, raffigura una
battaglia navale avvenuta nei pressi del promontorio di Bellagio.
Nella parete dei finestroni che guardano verso il cortile si notano due
affreschi. Quello di sinistra rappresenta ancora la visione del castello
di Musso sul ciglio di uno scosceso promontorio a sopracapo di Musso paese.
L’affresco rappresenta un episodio della guerra di Musso, quando i Grigioni
e gli altri Svizzeri assediarono il castello di Musso per tentare di conquistarlo:
Gian Giacomo sconfisse i nemici sotto Musso. L’affresco di destra
rappresenta una scena di battaglia condotta dalla flottiglia del Medici
per la conquista di un grosso borgo. Ai piedi dell’oscuro monte centrale
sorge il paese, quasi non visibile perchè l’umidità ha attutito
il disegno delle case e dei vari edifici. Il grosso borgo è
quello di Malgra te, il quale - se noi volgiamo le spalle al nord e guardiamo
al sud - sta sulla riva destra del lago, di fronte a Lecco, e quasi dove
il lago si avvia verso sud a diventare fiume Adda. Si notano infatti
a sinistra una parte delle mura di cinta di Lecco ed anche il ponte di
Azzone Visconti sull’Adda. I biografi di Gian Giacomo Medici scrissero:
“A Malgrate riporta sui ducali un’insigne vittoria”. Ci si riferisce
sempre alla guerra di Musso dal 1531-32. Gian Giacomo Medici aveva vinto
ancora. Ma fu l’ultima vicenda bellica. Per le grosse perdite di uomini
e di materiali cercò una soluzione di compromesso. Per mezzo
di diverse persone ottenne il trattato di pace del 13 febbraio 1532, in
forza del quale egli cedeva Lecco, Musso e tutte le sue località
per ricevere in compenso 35.000 scudi d’oro e un luogo del territorio milanese
che garantisse 1000 scudi all’anno. E per lui con diploma del 1 marzo
1532 il duca Francesco Sforza II° elevava il castello e il paese di
Melegnano in marchesato. Carlo V° confermava tutto in data lì
giugno dello stesso anno. |