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La Basilica minore dedicata a San Giovanni Battista (6)
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La cappella della Madonna del Rosario
Ha la forma poligonale quasi simile alla cappella dell’altra navata che sta di fronte. Il pavimento, a lastroni di sasso, è di vecchia fattura. Su una lastra del mezzo si leggono quattro iniziali: D. D. R. G. che significano: “Dedicatum Rosae Gramaticae”, cioè: “Fu dedicato a Rosa Gramatica”.  I lati delle pareti al cui piede sorgono rispettivamente due lunghi seggi a guisa di coro ligneo, sono racchiusi da lesene strombate terminanti  al cornicione sagomato agli angoli. Su questi angoli sagomati si sviluppano quattro vele che stabiliscono il passaggio dalle pareti al rotondo della cupola.  Nella cupola stanno quattro finestre, tre delle quali danno luce. Le finestre sono racchiuse da cornici dl stucco decorato con festoni e con nubi e teste di angioletti al vertice. Tutto il complesso di ogni finestra è collocato entro archetti a sesto acuto. In questi archetti stanno dipinti angioletti con panneggi svolazzanti.  Nel centro della cupoletta c’è un medaglione rotondo dipinto che mostra due angioletti che tengono uno stemma sul quale sta scritto il monogramma MA, cioè Maria.  Sulla parete di sinistra c’è il quadro che rappresenta la Nascita della Madonna, opera di Giovanni Battista della Rovere detto il Fiammenghino. Sopra il quadro sta dipinto sul muro un personaggio seduto che tiene nella mano una lastra a forma rettangolare.  Sulla parete di destra sta il quadro che mostra la presentazione di Maria Vergine al tempio, opera di Giovanni Mauro della Rovere, detto il Fiammenghino. Sopra di esso, nel semicerchio, vi è un dipinto a forma arcuata che rappresenta la scena dell’Angelo che appare a Gioacchino pastore, un’opera attribuita a Camillo Procaccini.  Sul, fondo sta la zona dell’altare. Esso è. costruito entro l’abside, confezionato con marmo policromo variegato, ed ha il ciborio con porticina dorata sulla quale sta disegnato un’ostensorio. La sua ancona ha una grossa cornice marmorea policroma e porta al suo vertice una piccola superficie di marmo bianco con le parole: REGINA SACRATISSIMI ROSARIJ. Dentro l’ancona è una nicchia che contiene la statua della Madonna del Rosario, quella stessa che viene portata in processione la prima domenica di ottobre.  Sulle due pareti laterali dell’altare stanno dipinti rispettivamente san Domenico e santa Rosa da Lima. Sotto questi dipinti stanno due mensoline di marmo che servono per depositarvi gli oggetti di uso liturgico.  Nella cupola è descritta la scena della Trinità che incorona la Madonna.  La cupola si presenta ben visibile, ed è architettonicamente congruente all’appoggio del cornicione sostenuto dalle quattro vele dipinte con testine di angioletti. La scena della Trinità è opera pittorica di Paolo Rivetta ed eseguita nel 1966.  Due segmenti di balaustra in marmo nero con colonnette di colore rosa variegato segnano la divisione della cappella dalla zona dell’altare.  Sull’angolo destro della cappella si trova il quadro ovale di santa Rita da Cascia, in grande popolare venerazione con preghiere, fiori e lumini.  Questa cappella fu eretta ne1 1581 e qui fu trasferito il culto a San Pietro martire, il cui primo altare addossato ad un pilastro della navata centrale fu tolto per ordine di San Carlo Borromeo. In questa cappella vi era anche la devozione alla Via Crucis unitamente alla devozione di Gesù Crocifisso.  Il 6 ottobre 1602, con la presenza del cardinale Federico Borromeo, arcivescovo di Milano, qui si trasportò una piccola statua della Madonna del Rosario che era conservata ed esposta nella cappella di sant’Antonio abate (oggi cappella di san Carlo), perché già nel 1585 si era fondata a Melegnano la Confraternita del Rosario detta anche Compagnia del Rosario la quale si interessava per la celebrazione della festa del Rosario nella prima domenica di ottobre di ogni anno; a questa confraternita il papa Gregorio XIII (1572-1585) ed altri pontefici concessero speciali indulgenze. Quindi dal 1602 fu chiamata ed è tuttora la cappella della Madonna del Rosario. La cappella del Rosario fu interamente rifatta nel 1697 dalle fondamenta perché la vecchia cappella era diventata umida, oscura e stretta, e fu rifatta tenendo la stessa misura e forma di quella opposta, cioè della cappella dei Morti, oggi cappella del Sacro Cuore che le sta dirimpetto nell’altra navata.  Furono istituiti in questa cappella diversi legati di Messe, e il papa Clemente XII° (1730-l740) concesse a questo altare il privilegio della liberazione di un’anima del Purgatorio per ogni santa Messa che si celebrava tutti i sabati dell’anno, nel giorno dei Morti e in tutti i giorni dell’ottava dei Morti.  A spese della Congregazione del Rosario si celebrava ogni anno, la prima domenica di ottobre, la festa della Madonna del Rosario, e nel giorno seguente si celebrava Un anniversario per i defunti della Confraternita. Inoltre, dopo i Vesperi della Prima domenica dl ottobre, si faceva già la processione pubblica come avviene ancora attualmente. 
L’affresco di sant’Ambrogio
Drante i lavori per il rinnovo della tinteggiatura delle pareti della chiesa, negli anni 1982-83, è stato scoperto dietro ad un confessionale un affresco raffigurante sant’Ambrogio, sulla parete della navata minore di sinistra, in corrispondenza della seconda campata.  Il santo è in paramenti pontificali: si nota chiaramente anche il pallio, cioè una benda di lana bianca con alcune croci dì seta nera, girata attorno alle spalle con due lembi pendenti l’uno sul petto, l’altro sul dorso, che è l’insegna liturgica personale del papa o di un metropolita.  Tiene nella mano sinistra il pastorale, Segno tipico del vescovo, il pastore della sua Chiesa; mentre nella mano destra stringe l’attributo individuale che lo caratterizza, cioè lo scudiscio, come simbolo storico dell’aspra lotta che ebbe a sostenere contro gli ariani. É da notare che lo scudiscio è un attributo comune nell’iconografia di sant’Ambrogio.  La figura di sant’Ambrogio è dipinta entro un tempietto sormontato da alto frontone nel cui timpano è dipinto un grazioso angioletto. Nei lati il tempietto ha un accenno di tendaggio disegnato a leggeri motivi floreali.  Sulla sinistra è ben visibile il disegno di uno dei due stemmi laterali che forse ricordano la manifestazione araldica di una famiglia melegnanese che potrebbe avere avuto il diritto di patronato su questa cappelletta.  Tutta la scena è racchiusa entro un arco le cui pareti superiori sono decorate con disegni geometrici ed alcuni motivi di finte perle.  Non è possibile stabilire l’autore dell’affresco allo stato attuale delle nostre conoscenze. Alcuni elementi, la forma e le linee del tempietto, la ricerca psicologica del volto non alieno da un certo realismo, l’imponenza compositiva, potrebbero suggerire una datazione che starebbe tra gli ultimi anni 1400 ed i primi anni del 1500. Comunque la prima notizia databile risale alla visita di san Carlo Borromeo nel 1567, quando questo altare di sant’Ambrogio è ritenuto troppo stretto, e così san Carlo diede ordine che lo si mettesse un pò  a posto  e di rifare la predella e di mettervi due candelieri di ottone.  Nel 1570 si decretò dalla Curia che bisognava togliere l’altare, di scavare una nicchia e di mettervi il battistero, senza togliere spazio alla chiesa, con un cancelletto di ferro.  Nella visita pastorale del 1581 San Carlo Borromeo notò che il battistero era decente ma piccolo rispetto alla chiesa e alla parrocchia; perciò  diede ordine di adattare la cappella del lato destro entrando in chiesa, come battistero, una cappella però che era già sede della Confraternita della Concezione, i cui Scolari diedero il permesso di portarvi il battistero. E così dagli inizi del 1600 l’affresco fu coperto dalla presenza del confessionale e da un quadro, e dell’affresco non ne parlò più nessuno fino al 1982.
La nicchia di sant’Antonio
A pochi metri dopo l’affresco di sant’Antonio, c’è la nicchia, con arco a tutto sesto, decorata a stucchi e con fascia interna alleggerita con motivi floreali e con sottoarco di strisce convergenti.  Entro la nicchia si trova una statua di sant’Antonio da Padova, in atto di dare un pane a un fanciullo. Il santo sostiene con la sinistra il Bambino Gesù che ha il cesto del pane.  É un angolo della basilica dove si svolge un certo intenso afflusso devozionale, di preghiere e di lumini.  In alto, al di sopra della nicchia e poco visibile, vi è un quadro di autore ignoto, raffigurante il Battesimo di Cristo.
L’antisacristia
É un grosso corridoio che è in comunicazione con  la cappella di San Carlo, e che ha la porta di passaggio dal cortile della canonica in chiesa. Inoltre crea il passaggio sia verso la sacristia sia verso il sottocampanile, verso l’altare maggiore. Riceve luce da una grossa finestra che sta sul fondo e sotto la quale vi è il lavello per l’uso dell’acqua potabile.  Davanti alla sacristia vi sono due cantonali di legno per la custodia delle vesti e cotte dei chierichetti che hanno qui una specie di loro sede con il quadro dell’orario dei loro servizi e dei servizi dei lettori per le letture della Messa.  Nell’atrio che sta sotto i gradini stanno due grossi armadi: uno serve per la custodia degli stendardi tradizionali: uno stendardo è di raso di Firenze cremesile, confezionato a ricamo d’oro e seta, che da una parte esprime l’impronta del Santissimo Sacramento, e dall’altra sta San Giovanni Battista; questo stendardo si adopera nelle processioni alla terza domenica dl ogni mese, nel giorno del  Corpus Domini e nei giorni dell’ottava del Corpus Domini.  Sulla parete sta appeso il quadro di Pio IV°, che è l’imitazione esatta di un altro quadro che sta nella raccolta dell’Ospedale Maggiore di Milano, e che è opera (quello di Milano) del pittore Ottavio Bizzozzero. Questo nostro quadro di Melegnano e opera del pittore Montorfano, come sta scritto nel registro di entrata ed uscita della parrocchia, per il giorno 4 aprile 1694: “N. 156 Adì 4 Aprile al Sig. Montorfano Pittore per il retrato dilla S.tà di Pio quarto lire 84”.  Nell’angolo sinistro in basso del quadro sta, entro uno stemma pontificale, un’iscrizione con queste parole: 
PIO IV PONTIF. OPT. MAX.
AEDEM HANC S. IO. BAPTE
ET MULTIS PRIVILEGIS
ANNUO IUBILEO DECORANTI
TEMPLI FABRICAE PREFECTI
IN ANIMI GRATI OBSEQUIUM
ANNO DOM. MDCLXXXXIV
La sacristia
Entrando in sacristia osserviamo due lunghi tavolati di legno di noce, uno a destra e uno a sinistra. Essi contengono i paramenti, i lini sacri, i camici, le stole e le candele per la necessità liturgica della chiesa. Comunque, tutta la Biancheria è disposta in buon ordine.  Sia a destra sia a sinistra, sopra il doppio tavolato, stanno rispettivamente dall’una e dall’altra parte sei armadietti i quali fino all’inizio del I8OO servivano per riporre gli abiti corali dei canonici. Alcuni armadietti erano anche usati come archivio parrocchiale nei quali si conservavano i registri delle Scuola di Dottrina cristiana e delle varie Congregazioni.  Negli angoli, disposti sui quattro confessionali per gli uomini, stanno quattro armadi quadrati che servivano per la custodia degli oggetti liturgici di argento. In centro delle pareti, in alto, stanno due grossi armadi di noce per riporvi i paramenti sacerdotali, le pianete ed i piviali.  Sopra la porta sta incastrato nel muro un altro armadio diviso in ripostigli in cui si conservavano i documenti che riguardavano la pieve di Melegnano.  Sulla parete di fondo. stà un grosso armadio che serve per altri usi, per riporvi i vasi sacri, e specialmente, nella parte alta, per conservare le reliquie dei santi e dei martiri in dotazione alla nostra chiesa.  Le pareti verso il soffitto  hanno rientranze con nicchie a sesto acuto, che danno un tono dl vetustà a tutta la sala della sacristia. Sul soffitto c’è dipinta una cornice con le parole: “MINOR ANGELIS ET MAIORP PROPHETIS QUI PREPARAVIT CORDA FIDELIUM”, cioè: “Minore degli angeli è il maggiore dei profeti che preparò il cuore dei fedeli”. Sono parole riferite alla persona e alla missione di san Giovanni Battista.  Sulla parete di sinistra stanno i quadri rappresentanti il prevosto Fortunato Casero (prevosto dal 1908 ai l937) e quello del Prevosto Arturo Giovenzana (prevosto dal 1938 al 1966).  Sul confessionale dell’angolo destro sta il quadro che rappresenta il cardinale Ferrari, arcivescovo di Milano, opera del pittore Ettore Monfredini, dipinto in occasione del  pellegrinaggio dell’urna del santo attraverso le parrocchie della diocesi.  In un canto della parete di fondo sta il quadro con il ritratto di Rosa Gramatica, melegnanese, morta in concetto di santità il 13 aprile 1739 e attualmente sepolta nella  cappella della Madonna del Rosario.  Al centro della sacristia c’è un grosso mobile a forma di parallelepipedo che serve per contenervi i lini sacri, paramenti sacerdotali, messali e altro.
I confessionali
All’interno della basilica, addossati alle pareti, ci sono sei confessionali di vario stile, alcuni dei quali manifestano una fattura di notevole pregio artistico, sia per il disegno strutturale, sia per gli intarsi decorativi, sia per la qualità del materiale. Ognuno ha una sua forza estetica che si pone all’attenzione dell’atmosfera sacra generale della basilica, e che arricchiscono il patrimonio ecclesiastico della chiesa stessa.
Il pavimento
Il pavimento delle navate e formato da 2824 blocchi di marmo granito, collocati nell’anno 1683, dopo insistenze dei superiori ecclesiastici che venivano a Melegnano nelle Visite pastorali.  I blocchi sono di diversa misura, ma la maggior parte ha le dimensioni di centimetri 60 per 30.  Sul pavimento si trovano anche dieci lapidi, a segnalare le tombe di persone di famiglie facoltose o di patronato della chiesa, come si usava prima delle norme governative di Giuseppe II° d’Austria e quelle di Napoleone con il famoso Editto di Saint-Claud del 1804.
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