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Azioni di guerra
Di seguito sono riportate delle testimonianze su varie azioni di guerra di vari generali romani.
Giulio Cesare ci descrive quanto era importante per una legione il proprio aquilifer
"In questo momento critico il vessillario della X legione, dopo aver invocato gli dei affinchè benedicessero la legione attraverso il suo atto, gridò: - Avanti uomini! Saltate a meno che non vogliate cedere al nemico il vostro stendardo! Io, comunque, compirò il mio dovere verso il mio paese ed il mio comandane!". Si scagliò nel mare e cose avanti con l'aquila. Gli altri non si sarebbero lasciati disonorare: urlando selvaggiamente saltarono giù e, quando gli uomini dell'altra nave li videro, anch'essi speditamente seguirono il loro esempio."
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Giulio Cesare ci descrive la spietata efficenza dei suoi legionari durante la presa di una città gallica
"L'indomani Cesare fece avanzare una torre e concluse i lavori iniziati. Lo scoppio di un grande acquazzone non gli sembrò fosse un maltempo inutilizzabile per prendere qualche decisione. poichè notò che la sorveglianza sulle mura era meno oculata, comandò anche ai suoi di muoversi più stancamente nei lavori ed emanò i suoi ordini. Posti in segreto i legionari sotto le tettoie privi dell'impaccio dei bagagli, li animò a cogliere finalmente, in cambio di tanti disagi, il frtto della vittoria; propose ricompense ai primi che avessero scalato le mura, poi dette il segnale d'attacco. I soldati scattarono immediatamente da tutte le direzioni ed in breve occuparono le mura.
I nemici, sconvolti dall'azione improvvisa e ricacciati dalle mura e dalle torri, presero posizione in forma di cuneo nella piazza principale e nei luoghi più ampi, decisi a battersi fino in fondo schierati a battaglia, se fossero attaccati da qualche parte. Quando videro che nessuno scendeva sulla piazza, ma su tutte le mura intorno stava una colonna ininterrotta di soldati, temettero di perdere ogni speranza di fuga. Gettate allora le armi cercarono di raggiungere in corsa affannosa gli ultimi lembi della città. Lì una parte fu uccisa dalla fanteria mentre si accalcava sull'angusto sbocco delle porte, parte dalla cavalleria quando ne era già uscita. Nessuno pensò al saccheggio. Erano talmente inaspriti dal massacro di Cenabo e dalle sofferenze dell'assedio che non risparmiarono nè le donne, nè i vecchi, nè gli infanti. Alla fine di tutto il numero degli abitanti, circa quarantamila, solo ottocento, lanciatisi fuori dalla città ai primi clamori raggiunsero incolumi Vercingetorige.
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Viene descritta, sempre da Cesare, in due episodi l'importanza dell'onore e del valore per i legionari e per gli ufficiali.
"Vi erano in quella legione due valorosissimi ufficiali, ormai vicini al rango di primi centurioni: Tito Pullone e Lucio Voreno. Fra loro non cessavano mai di contendere sul primo posto e ogni anno se lo disputavano con grandissimo accanimento. Pullone, mentre erano impegnati in un'aspra lotta presso le fortificazioni, esclamò: - Come esiti o Voreno? Che occasione aspetti per dar prova del tuo valore? Questa giornata darà il verdetto sulle nostre dispute - Dopo queste parole supera le difese e si lancia nel folto dei nemici. Allora nemmeno Voreno rimane dentro la palizzata, ma per paura del giudizio di tutti lo segue. Giunto a breve distanza, Pullone scaglia il giavellotto contro i nemici e ne trafigge uno mentre usciva correndo dal grosso. Al vederlo colpito ed esanime i compagni cercano di proteggerlo con gli scudi e tutti insieme avventano i loro dardi sul romano, impedito così di avanzare. Lo scudo di Pullone è trapassato e una lancia si conficca nel suo cinturone. Il colpo gli sposta il fodero della spada, cosicchè, mentre cerca di estrarla, indugia con la mano destra e i nemici lo accerchiano i quell'imbroglio. Sopraggiunge di corsa il suo avversario, Voreno, e lo soccorre mentr'è a mal partito. Tutta la massa dei nemici lascia immediatamente Pullone, che crede trapassato da parte a parte dalla lancia e si rivolge verso il nuovo venuto. Voreno in duelli serrati con la spada abbatte un nemico e respinge gli altri; in un affondo imprudente precipita in basso e cade. Tocca ora a Pullone soccorrere il compagno accerchiato, e ambedue ripiegano fin dentro i ripari, salvi, con molti nemici abbattuti ed un vanto straordinario."
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"Un altro centurione della stessa legione, Marco Petronio, nel tentativo di forzare le porte era stato sopraffatto dalla moltitudine dei nemici, e ormai disperando di spravvivere per le molte ferite ricevute, si rivolse così agli uomini del suo manipolo, che lo avevano seguito: - Poichè non posso scampare insieme con voi, provvederò almeno alla vostra salvezza, dopo averla messa a repentaglio per brama di gloria. Pensate a voi stessi finchè ne avete la possibilità! - Così detto, si lanciò nel folto dei nemici, due ne uccise, gli altri fece indietreggiare un poco dalla porta. I suoi soldati tentarono di soccorrerlo, ma egli: - Invano - disse - tentate di salvare la mia vita; il sangue e le forze mi stanno venendo meno. Su, andate, finchè potete, ripiegate verso la legione - Così, con la spada in pugno, cadde poco dopo, e salvò i suoi uomini.
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