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Il dialetto melegnanese 
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il dialetto melegnanese
Tutti sappiamo che la parola "dialetto" significa parlata locale, modo di esprimersi del popolo analfabeta o semiletterato o anche dotto, proprio di un paese, di una località, di un borgo. Cioè, il dialetto è un idioma parlato in una zona ristretta. La parola dialetto deriva dalla lingua greca antica 
diàlectos, che significa appunto il modo del parlare locale, la maniera di esprimersi in un ambito territoriale ben definito geograficamente e 
storicamente. Il dialetto melegnanese ha caratteri propri, cioè si stacca per tanti motivi dal dialetto milanese. Quindi ha una sua autonomia, nonostante la vicinanza secolare per motivi di economia e di storia sociale con la grande metropoli milanese. La tesi che il dialetto melegnanese fosse soltanto una variante del grande dialetto milanese è definitivamente caduta. Potremmo forse trovare una spinta dominante del dialetto milanese su quello melegnanese a differenza della spinta più debole di quello lodigiano. Ma l'autonomia del dialetto melegnanese è ormai fuori discussione, come si potrà avvertire più avanti dagli esempi pratici, sia nella fonetica sia nella grafia. Se il distacco appare minore con il dialetto milanese, è invece maggiore con quello lodigiano: già a Vizzolo Predabissi, che confina con l'area lodigiana ed a Riozzo che è nell'area lodigiana, si notano forti differenze nonostante i pochissimi chilometri che separano le due località da Melegnano. L'esistenza di dialetti all'interno di una lingua ufficiale e comune risale fin dai tempi antichi. Così è anche della lingua italiana già nei secoli X-XI-XII. Sappiamo che essa deriva dal latino parlato popolare, che a mano a mano si differenziò. Sconvolgimenti sociali, periodi di disordini, stati di anarchia, poca circolazione di persone, di idee e di oggetti, hanno causato l'inselvatichirsi della lingua parlata nei centri minori e soprattutto nelle borgate rurali, una parlata dialettale che poi era trasmessa da padre in figlio, da rione a rione, da cortile a cortile: il latino si era corrotto. Scrive testualmente lo studioso eminente della lingua italiana Bruno Migliorini: "Anche se non possiamo conoscere con una certa precisione quale potesse essere la latinita' parlata a Torino o a Firenze, a Melegnano o a Milazzo nell'anno Cinquecento e nell'anno Ottocento, dobbiamo figurarci un lento divergere della latinità parlata, in direzione di quelli che saranno poi gli odierni dialetti, ma con un lessico piuttosto ristretto e adeguato ad uno stato culturale assai modesto". Nello scorrere del tempo l'area di un dialetto accentuerà le proprie caratteristiche fonologiche e morfologiche. Si pensi, ad esempio, al latino subter e subtus (sotto): in milanese diventano sòta, e in melegnanese sùta.  Si veda, per esempio, il latino classico deorsum (giù) che nei secoli più avanti si trasforma in iùsum, e lo troviamo nel milanese giò, mentre nel melegnanese è giù. La corruzione del latino e l'inselvatichirsi dei gruppi linguistici ha permesso l'accettazione, che divenne duratura, di vocaboli portati da antiche tribù: gotiche, longobardiche, germaniche. Ne diamo alcuni esempi ancora presenti nel nostro dialetto melegnanese: 
Voci melegnanesi
Voci gotiche
albergo, albergo 
bando, bando
banda, banda 
elmo, elmo
spòla, spola
guèrcc, guercio 
s-cètt, schietto
grinta, grinta
naster, nastro
stanga, stanga
stèca, stecca
bèga, litigio
hari-berg, rifugio dell'esercito,
bandwo, segno,
bandwa, insegna, bandiera,
hilms, copricapo di guerra,
spola, rocchetto,
thwairhs, guercio
slaiths, semplice, liscio,
grimmitha, che fa paura,
nastilo, correggia,
stanga, stanga
stika, bacchetta,
bega, litigio
voci di derivazione longobarda (secoli VI-VIlI)
guardà, guardare
scherzà, scherzare
trapula, trappola
mìlssa, milza
mèlma, melma
pàlco, palco
stüch, stucco
spàna, spanna
sgrafignà, graffiare
ciüff, ciuffo
biàca, biacca
magòn, afflizione
bàra, cassa da morto
stambèrga, casa
wardon, stare in guardia,
skerzan, scherzare,
trapa, laccio,
milzi, milza,
melma, melma,
balk, trave,
stukki, scorza,
spanna, spanna,
krapfo, uncino,
zupfa, ciuffo,
blaih, sbiadito,
mago, afflizione,
bara, lettiga,
stainberga, casa di pietra
voci di derivazione dall'antico tedesco o germanico (secoli VIII-XI)
guèra, guerra
sbàra, sbarra
biànch, bianco
fiàsch, fiasco
màrtura, martora
bràsca, brace
savòn, sapone
scussà, grembiùle
piànta, albero
werra, avviluppare, cioè: mischia,
spànga, sbarra di ferro,
blanck, bianco lucente,
flask, recipiente di vimini,
marthr, martora,
bras, brace,
sapo, tintura per la faccia,
schot, angolo inferiore della vela,
pflanza, pianta
Da questi esempi già si intravvede come sia stata complessa la formazione di un dialetto e ci accorgiamo anche che la corruzione del latino parlato popolare abbia favorito l'introduzione di parole derivanti dai popoli invasori. Difatti, tra i secoli IV/V ed i secoli XI/XII in Italia, soprattutto settentrionale, sono passati ad ondate diversi popoli prevalentemente i Goti, i Longobardi, i Franchi, i Germanici, alcuni dei quali vi stettero per molto tempo trasmettendo così anche parecchi vocaboli della loro lingua. Il dialetto melegnanese, quello che era quasi universalmente parlato fino ai primi anni del Novecento, ora va diminuendo e scomparendo. Quattro sono, a nostro avviso, i fattori della progressiva diminuzione e scomparsa. Non abbiamo avuto in Melegnano un'opera o alcune opere di letteratura dialettale di dimensioni artistiche, di importanza  storica tale da potersi imporre all'attenzione di studiosi e di critici. Quindi non c'è stata come voce del passato una tradizione ed una produzione dialettale veramente e genuinamente aderenti al linguaggio popolare: coloro che hanno scritto in dialetto composero a tavolino, con guide dialettali tipiche del dialetto milanese, compilando brani o versi in un dialetto ibrido artificioso tra un misto di milanesismi e vocaboli locali.  Non abbiamo avuto scrittori, non dico del valore di un Carlo Porta, di un Giuseppe Gioacchino Belli, di un Cesare Pascarella, di un Salvatore Di Giacomo, ma neppure abbiamo avuto uno scrittore con qualche attitudine o con una vera inclinazione a comporre, per iscritto, operette in "vero" ed "autentico" dialetto quello parlato nei cortili dalla gente del popolo, da famiglie di vecchia lunga tradizione melegnanese, ignara della lingua italiana e perciò l'unica a far legge sulla fonetica (pronuncia della parola) e della semantica (significato della parola). L'apertura e la facilità culturale a tutti, la frequenza obbligatoria alla scuola media, i mezzi di comunicazione sociale (giornale, radio, televisione, cinema) hanno dato un forte colpo alla eliminazione, nella propria vita, del dialetto melegnanese. I tempi dell' 86% di analfabeti in Melegnano di cento anni fa sono ormai definitivamente tramontati. L'ambizione dei genitori che i loro figli si mostrino "educati" e garbati con l'uso della lingua italiana, svalutando il dialetto melegnanese, considerandolo come espressione di volgarità o per lo meno di mancanza di civismo in società. La forte incidenza dell'immigrazione nell'erosione della lingua originaria melegnanese. Gli immigrati del Sud in presenza del dialetto melegnanese si mostrano del tutto restii e mantengono l'uso della lingua italiana. Le poche eccezioni non fanno la regola. Vi è ancora, tuttavia, una fascia di popolazione quella di origine melegnanese che parla in dialetto. Anche i piccoli borghesi sono nella posizione intermedia, tra italfonia e dialettofonia. Più forte è la presenza del dialetto parlato nelle osterie di vecchio stampo, situate da generazioni nei vari rioni e che hanno ancora l'odore ed il sapore della vecchia Melegnano, dove si ritrovano pensionati, inabili, vecchi, anziani, amici di sempre da tanti anni, ex operai già lavoratori di una stessa vecchia ditta: li tu senti ancora, vivace,  vigoroso, sfarzoso, il vero dialetto melegnanese. Noi qui, con questo studio sul dialetto melegnanese, non intendiamo fare alcuna apologia del passato linguistico e non desideriamo versare lacrime sulla perdita di uno strumento di comunicazione dei nostri avi. Vogliamo soltanto sviluppare l'esigenza di ricuperare non il dialetto melegnanese per proporlo come lingua da parlare ancora, ma sentiamo l'esigenza di ricuperare il dialetto e le sue forme per ricuperare la cultura popolare melegnanese che si è servita del dialetto: il valore della vita, l'importanza degli ideali, la tenacia nelle prove esistenziali di ogni giorno, i gesti del pensiero e le pieghe interne dell'animo, i rapporti sociali, gli aspetti delle cose e degli uomini, le linee tumultuose delle azioni, difetti e virtù, realismi istintivi, volgari o nobili, cioè tutta l'eredità che le generazioni passate hanno a noi trasmesso in Melegnano, servendosi del dialetto. Questa è la giustificazione del nostro studio sul dialetto melegnanese, con una interpretazione scientifica, cioè filologica e letteraria. Tra il dialetto milanese e quello melegnanese vi è il cambiamento della vocale milanese u in quella melegnanese o, esempi:
milanese
melegnanese
abitassiùn (abitazione)
bestiùn (bestione)
digestiùn (digestione)
giambùn (prosciutto, zampone)
peviùn (piccione)
cantun (cantone)
sberlùn (schiaffone)
abitassiòn
bestiòn
digestiòn
giambòn
peviòn
cantòn
sberlòn
Molte parole che in milanese terminano in -ona, in melegnanese terminano in -una, esempi:
milanese
melegnanese
persòna (persona)
bigotòna (bigottona)
brùtòna (bruttona)
ciciaròna (chiacchierona)
pastissòna (pasticciona)
grassòna (grassona)
striòna (stregona)
persùna
bigutùna
brùtùna
ciciarùna
pastissùna
grassùna
striùna
Si nota il cambiamento della è aperta nella e chiusa, esempi: 
milanese
melegnanese
anèll (anello)
basèll (gradino)
capèll (cappello)
quadrèll (mattone) 
cafè (caffè) 
dispiasè (dispiacere) 
vedè (vedere) 
nèbia (nebbia) 
anell
basell
capell
quadrell
cafe
dispiase
vede
nebia
Vi è la trasformazione del gruppo -sc- in -ss-, esempi:
milanese
melegnanese
avaràsc (avaraccio)
capelàsc (cappellaccio)
sbegàsc (scarabocchio)
berlàsc (palettino) 
avaràss
capelàss
sbegàss
berlàss
Ugualmente dicasi per il gruppo milanese -sci- che in melegnanese diventa -ss- oppure -s-
cartàscia (cartaccia) 
figùràscia (figuraccia) 
baùscia (fanfarone) 
scarpàscia (scarpaccia) 
panscèta (pancetta) 
parulàscia (parolaccia) 
pesciàda (pedata) 
sciavàta (ciabatta) 
schiscià (schiacciare) 
sciresa (ciliegia) 
cartàssa
figùràssa
baùssa
scarpàssa
panssèta
parulàssa
pessàda
savàta
schissà
siresa
Nei pronomi la differenza sta come si vede nei seguenti esempi:
milanese
melegnanese
l'àlter (l'altro)
l'àltra (l'altra)
i àlter (gli altri)
viàlter (voi)
l'òlter
l'oltra
i òlter
viòlter
Nei verbi, ecco la terza persona del plurale del verbo essere: (sono)
milanese          hinn 
melegnanese   en, ien, a ien
Tutta la coniugazione dell'imperfetto, sia indicativo, sia congiuntivo, come qui si osserva:
milanese
melegnanese
mi saltàvi (io saltavo)
te saltàvet
lù el saltàva
nùmm saltàvum
viàlter saltavi
lur saltàven
mi saltàssi (io saltassi)
ti te saltàsset
lù el saltàss
nùmm saltàssum
viàlter saltassi
lur saltàssen
mi saltevi
ti te saltevet
lù el salteva
nùmm saltevum
viòlter saltevu
lur salteven
mi saltèssi
ti te saltèsset
lù el saltèss
nùmm saltèssum
viòlter saltèssu
lur saltèssen
Gli infiniti dei verbi in e hanno quasi sempre, in milanese la e aperta, mentre in melegnanese la e è chiusa.
milanese
melegnanese
avè (avere) 
benvorè (benvolere) 
compiasè (compiacere) 
dividè (dar a vedere) 
malvedè (malvedere) 
malvorè (malvolere) 
podè (potere) 
prevedè (prevedere) 
riavè (riavere) 
rivedè (rivedere) 
savè (sapere) 
tasè (tacere) 
vedè (vedere) 
vorè (volere)
ave
benvure
cumpiase
divide
malvede
malvure
pude
prevede
riave
rivede
save
tase
vede
vure
Sempre nei verbi la grande differenza si riscontra nella forma del participio passato di tutte e tre le coniugazioni, come si può vedere
qui sotto negli esempi:
prima coniugazione: invece della desinenza -aa, c'è -àd.
milanese
melegnanese
adatàa (adattato)
bociàa (bocciato)
calàa (calato)
desfàa (disfatto)
elencàa (elencato)
fermàa (fermàto)
gelàa (gelato)
imitàa (imitato)
lavàa (lavato)
mangiàa (mangiato)
negàa (negato)
organizàa (organizzato)
portàa (portato)
qualificàa (qualificato)
regalàa (regalato)
sbasàa (abbassato)
tiràa (tirato)
ùsàa (usato) 
ventilàa (ventilato) 
adatàd
buciàd
calàd
desfàd
elencàd
fermàd
gelàd
imitàd
lavàd
mangiàd
negàd
urganizàd
purtàd
qualificàd
regalàd
sbassàd
tiràd
ùsàd
ventilàd
Seconda coniugazione: invece della desinenza -üü, c'è -üd.
milanese
melegnanese
avüù (avuto)
batüù (battuto)
cedüù (ceduto)
decadüù (decaduto)
elegiüù (eletto)
fondüù (fuso)
godüù (goduto)
incorgiüù (accorto)
leggiüù (letto)
movüù (mosso)
nacurgiüù (accorto)
otegnüù (ottenuto)
piasüù (piaciuto)
ricevüù (ricevuto)
scrivüù (scritto)
tasüù (taciuto)
vivüù (vissuto)
avüd
batüd
cedüd
decadüd
elegiüd
fundüd
gudüd
incurgiüd
legiüd
mùnd
nacurgiüd
utegnüd
piasüd
ricevüd
scrivüd
tasüd
vivüd
terza coniugazione: invece della desinenza -ìi, c'è -ìd.
 
melegnanese
avilìi (avvilito)
brùstulìi (brucciacchiato)
cùsìi (cucito)
digerìi (digerito) 
esaudìi (esaudito) 
falìi (fallito) 
guarìi (guarito) 
imbastìi (imbastito) 
mùfìi (ammuffito) 
nùtrìi (nutrito) 
ordìi (ordito) 
proibìi (proibito) 
ripartìi (ripartito) 
servìi (servito) 
tradìi (tradito) 
ùbedìi (ubbidito) 
vestìi (vestito) 
avilìd
brùstulìd
cùsìd
digerìd
esaüdìd
falìd
guarìd
imbastìd
mùfìd
nùtrìd
urdìd
pruibìd
ripartìd
servìd
tradìd
ùbidìd
vestìd
Tendenza all'eliminazione della consonante interna -v-:
milanese
melegnanese
disaprovà (disapprovare)
improvisà (improvvisare)
covà (covare)
indovinà (indovinare)
intavolà (intavolare)
piovisnà (piovigginare)
disapruà
impruisà
cua
induinà
intaulà
piuisnà
Tendenza alla caduta della iniziale -a:
milanese
melegnanese
rivà (arrivare) 
andà (andare) 
acaparà (accaparrare) 
aütà (aiutare) 
acumpagnà (accompagnare) 
'rivà
'ndà
'caparà
'üta
'cumpagna
Cambiamento interno della -e- con la -i-:
milanese
melegnanese
degiünà (digiunare)
desboscà (disboscare)
desperà (disperare)
destürbà (disturbare)
dessotterà (dissotterrare)
digiünà
disbuscà
disperà
distürbà
disuterà
Talora vi sono altri cambiamenti interni della vocale:
milanese
melegnanese
dessadèss (adesso,di quando in quando)
vöna (una)
spissigà (pizzicare)
dessedèss
vüna
spessigà
Un capitolo a sè stante occupa la parte riguardante molte parole dialettali milanesi che in melegnanese sono scritte diversamente o che non esistono. Si veda, per esempio, la parola milanese "nagòt" che significa nulla, niente; in melegnanese non esiste, perchè si usa gnènt. Si veda ancora la parola milanese "tram",dai melegnanesi detta molto spesso con trambain. Si veda la parola milanese "gingiva" o "gengiva", da noi invece scritta e pronunciata zensiva, plurale zensii.
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