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Il Perdono
Nel 1532 il capitano di ventura ![]() La critica storica Il racconto della tradizione che presenta la cognata vedova che alza il ponte levatoio per rifiutare il cardinale è una storiella, è una fantasiosa colorita fiaba da letteratura infantile. In castello non è mai esistita nessuna vedova, perchè Marzia Orsini (tale era il nome della moglie del primo marchese, morì prima del suo marito, ed il vedovo era lui. Il fatto di essere chiamata "vedova" venne da una grossa confusione ed equivoco: Marzia Orsini, quando sposò il primo marchese Gian Giacomo non era nè vergine nè al suo primo matrimonio; era già sposata e rimasta vedova del primo marito; Gian Giacomo era il suo secondo marito che muore dopo di lei. La Bolla del Perdono, conservata presso il parroco di Melegnano, è autentica: anche personalmente Don Cesare Amelli ha condotto uno studio sulla Bolla e in altra parte ha esposto i risultati della ricerca. Quindi quella pergamena la Bolla che viene esposta il giovedì santo con solenne cerimonia in chiesa San Giovanni, è quella che ci concesse di sua mano il papa Pio IV° il 20 ![]() Melegnano paese cristiano e cattolico Melegnano era un paese totalmente cristiano cattolico, situato nella Bassa Milanese, in una zona geografica, cioè, esente da ogni infiltrazione di natura eretica e protestante. I segni della fede in Melegnano sono parecchi nel 1500: la chiesa di San Giovanni; la primitiva cappella di San Pietro; la chiesa di Santa Maria dei Servi; la chiesa del Carmine; le chiese minori di Sant'Antonio in Colturano, di San Rocco a Riozzo, della Madonna della Neve a Mezzano, di Maria Bambina alla Rocca Brivio, di Sarmazzano, di San Pietro in Vizzolo, di Santa Maria in Calvenzano; più i conventi dei Frati francescani e dei Cappuccini, con la presenza di un affollato monastero femminile delle Suore Orsoline. Questo dato di fatto storico religioso è una delle cause immediate del primo logico grande affollamento per l’acquisto del Perdono. Vi sono documenti chiari che attestano la intensa frequenza; ne cito uno per tutti: a soli cinquant'anni di distanza, nel 1616, il parroco di Melegnano, Girolamo Pusterla avanza a Roma la richiesta al papa Paolo V° per ottenere la dispensa dalle ristrettezze del digiuno quaresimale relativamente ad alcuni cibi, perchè, dice il documento “accorre immensa folla”. E' un chiaro segno di un robusto movimento a carattere alimentare e mangereccio che aveva i suoi punti forti nei ristoranti, nelle trattorie e nelle osterie. La fede cristiana dei melegnanesi assicurò, dunque, il primo grande successo al privilegio papale. Il concentramento della folla che veniva ad acquistare l'indulgenza non è sfuggito ai commercianti ed agli esercenti, ed in genere agli operatori economici. Ed è questo un fenomeno di massa per tutti i tempi: i Greci, per esempio, chiamavano agorà o empori i mercati che si svolgevano nelle loro cittadine nei giorni di festa o di celebrazioni pubbliche; leggendo le “Siracusane” del poeta Teocrito del terzo secolo avanti Cristo, ci sentiamo trasportati nel variopinto traffico caotico della città di ![]() Il mercato settimanale del giovedì Un dato di fatto che non dobbiamo trascurare è il mercato del giovedì di ogni settimana, concesso otto anni prima della Bolla dalle autorità imperiali spagnole per interessamento del nostro primo marchese Gian Giacomo Medici, il 4 aprile 1555, e favorito di immunità e privilegi quanto a tasse e a imposte. Quindi la indulgenza del Perdono, l'accorrere della folla, gli operatori economici, trovano già il terreno predisposto alle contrattazioni ed alle normali operazioni di mercato; trovano, cioè, la piazza avviata. E la Fiera del Perdono non solo fu uno sviluppo maggiore del mercato del giovedì, ma anche un incoraggiamento ad ogni tipo di mercato, se pensiamo che nel corso dei secoli giunsero leggi locali e provinciali per interventi migliorativi del mercato stesso con decreti del 16 maggio 1657; 31 agosto 1715; 5 ottobre 1730 e 12 luglio 1835: sono date che indicano, nel corso del tempo, un continuo interesse di più vasto adeguamento nel settore commerciale di Melegnano. Più interessante sarebbe il documento dell'autorità austriaca alla vigilia del Risorgimento, in data 22 ottobre 1828, per frenare gli abusi che si verificavano sul mercato e sulle fiere di Melegnano, nel clima della Restaurazione amministrativa, pignola ma onesta, dell'Austria nel Lombardo-Veneto. Quello che ci interessa da vicino, però, è che nei documenti si parla di mercato di animali, di granaglie specialmente della biada e di prodotti della campagna: il che denota che, sulla piazza mercantile di Melegnano vi fosse una emergenza di economia agricola. La geografia condiziona la storia Vi è ulteriore dato di fatto: la posizione geografica di Melegnano. I fattori e gli elementi climatici (latitudine, altezza sul mare, idrografia, vegetazione; temperatura, umidità, precipitazioni, venti); il terreno irriguo e fertile; il tipo del sottosuolo, danno come risultante una economia agricola che ha uno sviluppo di coltivazioni tipiche rurali che altre zone ci invidiano. Bisogna inoltre aggiungere che al tempo della Bolla (1563) l'agricoltura melegnanese e dei dintorni sperimentava ormai da secoli la capacità di generazioni e generazioni che coltivarono questi terreni con visione consapevole del loro valore e della resa abbondante: qui i Benedettini del secolo XII°, i feudatari dei secoli XIII°, XIV° e XV°, qui la corsa francese e la cupidigia spagnola volsero i loro interessi economico-politici, nella constatazione della felice posizione dei terreni rurali, E' la tesi storiografica, non ancora pacifica in sede scientifica, della geografia che condiziona la storia. E su questi terreni era possibile prevedere il frutto positivo del lavoro di migliaia di contadini, dall'alba al tramonto, tesi in legami feudali che poco concedevano loro di libertà, nel trapasso di padre in figlio delle incombenze di lavoro in campagna o nella stalla. Qui sociologia e commercio, demografia e feudalità, geografia umana e lavoro, potrebbero trovare ampio materiale per le loro feconde e dense formulazioni scientifiche ed evocative. Sulla Mappa di Melegnano, detta di Maria Teresa d'Austria, fissata per il 1750, che si trova depositata presso l'Archivio di Stato di Milano, è segnata la zona a terreno agricolo pari al 90% dei territorio comunale di Melegnano. E nel 1860, dopo le due guerre per il Risorgimento Italiano, in clima di laboriosa e faticosa rinascita per un razionale sfruttamento rurale, la superficie di Melegnano era di 439 ettari, di cui 378 per superficie agraria, pari all'86 % del totale, mentre la popolazione superava di poco le 4000 persone. E all'indomani del Risorgimento Italiano e verso la fine dell'800 l'economia melegnanese si apre a più vaste dimensioni: Mezzi di trasporto: è del 1880 l'installazione della linea tramviaria Milano – Melegnano – Lodi - Sant'Angelo - San Colombano. Nello stesso anno fu costruita la Stazione Ferroviaria per viaggiatori, per merci a piccolo e a grande scalo e per piccola velocità. Nel 1886 fu iniziato l'esproprio per l'installazione del secondo binario, concluso nel 1889; Piazze: da tempo immemorabile esistevano la Piazza del Mercato, la Piazza Visconti; la Piazza San Giovanni; la Piazza Codeleoncini. Nel 1891 furono allargate le prime due piazze e ne fu creata un'altra per i cavalli, buoi , mucche e maiali, che è l'attuale Piazza IV Novembre, detta in gergo melegnanese "la piàsa di nimài": la piazza degli animali; Le banche: nel 1869 la Banca Popolare di Lodi apriva uno sportello a Melegnano; e nel 1884 anche la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde metteva una dipendenza. Tuttavia devo avvertire che si tratta della ultima grande stagione commerciale agricola, dopo il periodo romano, benedettino, rinascimentale, e moderno fino ai primi decenni del 1900. Dopo il primo quarto del 1900 la Festa e la Fiera del Perdono iniziano una parabola alternante, ascendente e discendente, quantitativa e qualitativa, strumentalizzata o politicizzata, che creerà una più complessa indefinibile fisionomia. La trasformazione del Perdono Alla fine del 1700 e dopo il 1815, le zone agricole staccate dai centri metropolitani, dal punto di vista politico, erano totalmente refrattarie ad ogni mutamento soprattutto rivoluzionario. Le nostre popolazioni della Bassa Milanese rimanevano attaccate alle loro tradizioni secolari, e volentieri accettavano il retto paternalismo della sana amministrazione dell'Austria dopo il Congresso di Vienna del 1815. Ed anche il cambiamento politico dopo il 1859 ed il 1870 turbò pochissimo le abitudini radicate dei melegnanesi. Questo rinsaldava la perenne struttura secolare della Fiera del Perdono, che rimaneva sempre integra nella sua duplice prestazione e funzione di richiamo e affollamento per il motivo religioso, e di vitalità e prestazione economica: un motivo sosteneva l'altro e lo giustificava, e l'attaccamento alle tradizioni dei padri li difendeva. Sembrava, cioè, che al di là dei mutamenti politici e sociali, gli schemi secolari della Festa e della Fiera del Perdono rimanessero intatti e inattaccabili, come formule cristallizzate e sempre validamente incontestabili, cui ci si era da tempo immemorabile abituati a rispettare ed a ripetere; cioè la storia del Perdono era la sua garanzia di riuscita. Ancora nel 1914, alla vigilia della prima guerra mondiale, in occasione della Fiera del Perdono, venne organizzata una mostra zootecnica di equini e di bovini, che le cronache dell'epoca descrivono "splendida, significativa in ogni sua parte”. Pure vent'anni dopo, nel 1934, l'orizzonte fieristico si era ulteriormente allargato: mostra bovina, equina, suina, macchine agricole, edilizia rurale, prodotti per l'arte casearia, alimentari, vini, liquori, artigianato, pollicultura, fiori: su dodici settori, Otto sono prettamente agricoli; cioè, la preminenza dell'agricoltura è ancora innegabile fino al 1934. La Festa e Fiera del Perdono di Melegnano del 1934 rimane famosa nella storia, perchè nei manifesti pubblicitari e negli opuscoli illustrativi è chiamata "Grande Fiera del Perdono di Melegnano". Anzi, nell'introduzione all'opuscolo ufficiale si legge testualmente: “Rinnovata iniziativa della gente di Melegnano onde ottenere il rifiorir del proprio commercio e la valutazione dei propri prodotti squisiti e genuini”. Si costituirono Comitati di Onore, Comitati Esecutivi, Comitati di Zona. Però sta diventando chiaro un elemento di trasformazione: il movimento economico ha raggiunto il peso di quello religioso, ed il valore religioso del Perdono sta per essere superato. Ed è assai significativo il fatto che sull'opuscolo ufficiale del 1934, o per dimenticanza o per disinteresse, non si accenni mai al lato e all'importanza religiosa e neppure alla magnanimità di Pio IV°. E ricordiamo che non siamo ancora arrivati al periodo storico della corrosività laica antireligiosa o alla valutazione della religione come fatto privato, o addirittura al movimenti attuali di svecchiamento delle strutture anacronistiche ecclesiastiche. Ancora un rilievo importante. La Festa e la Fiera del Perdono del 1934 è indimenticabile da un punto di vista politico. Durante i giorni della Fiera, e specialmente il 2 aprile, si tenne a Melegnano la Prima grande rassegna agricola del melegnanese, che fu un misto di festa agricola, folcloristica, e come manifestazione di collaudo politico e capacità organizzativa delle masse. Difatti il programma aveva questo intreccio: passaggio per Melegnano dei migliori traini agricoli; rassegna delle "balde centurie" dei lavoratori agricoli del melegnanese; rassegna degli elementi organizzativi delle aziende agricole della zona; festa del lavoro con premiazione dei lavoratori più anziani della terra. Non bisogna tuttavia dimenticare il presupposto economico-politico programmatico che andava sotto il nome di "Battaglia del grano". Una preziosa testimonianza è un manoscritto che si conserva presso l'Archivio dell'Istituto Storico Melegnanese. Si tratta della relazione sulla Fiera del Perdono, scritta da Pellegrino Origoni, morto nel 1934, un uomo che era, già da vivo, in concetto di santità; religiosissimo, presidente e consigliere di associazioni, consigliere ed assessore comunale, portavoce ufficiale del pensiero religioso e degli orientamenti dell'apostolato laico. La sua descrizione sulla Fiera è analitica, ricca di particolari. La narrazione è un ritratto molto interessante, non soltanto per l'elencazione dei prodotti principali che sono esposti in vendita, ma soprattutto proprio per aver ceduto alla tentazione di misurare la validità della Festa del Perdono dalla riuscita della Fiera. E' Pellegrino Origoni un laico, religiosamente impegnato, onesto e stimato dagli stessi avversari, che ancora esalta, che ancora valorizza, che ancora riconosce provvidenziale il Perdono, sia come mezzo di perfezione cristiana, sia come fonte di guadagno e di sviluppo economico. Citiamo, ad esempio, le parole finali della sua lunga relazione: “Comunque la Fiera del Perdono a Melegnano è sempre attesa con ansia, ed è da augurarsi che in avvenire abbia a prendere sempre maggior sviluppo ed intensità di concorso, che riesce vantaggioso al commercio interno e forese”. Un anno dopo, la Fiera del 1935, in una relazione, il podestà Luigi Moro, per il settore agricolo ed artigiano e quello delle mostre, così si esprimeva: “una vera rivelazione della bontà dei prodotti dell'agricoltura, dell'industria e dell'artigianato locale, ponendo questa comunità, come nel passato, all'avanguardia in fatto di concretazioni di indole economica e commerciale”. E nel 1936, la Fiera del Perdono assume una maggior dimensione dal punto di vista zootecnico: esposizione di cavalli, muli, asini, buoi, tori, mucche, vitelli, capretti, agnelli, pecore; con premiazione a settanta espositori. Intanto la gente arrivava ogni anno a Melegnano ed affollava la chiesa, le piazze, le esposizioni e le trattorie e i ristoranti. Negli anni della Seconda grande guerra, dal 1939 al 1945 si nota un forte ribasso; ed è logico in una economia bellica quasi al cento per cento. Per esempio, nel 1942 la Festa e la Fiera del Perdono si svolse soltanto per tre giorni; e per il 1944 non vi fu alcuna esposizione di nessun genere. Per tutti gli anni della guerra si organizzò il minimo indispensabile, con piccole rassegne di bestiame bovino e di cavalli e con qualche minore manifestazione. Il grande avvenimento è il Perdono del 1946, dopo la guerra, in clima politico e sociale differente, e per alcuni versi, contrario al passato. Il 1946 rinnova in modo clamoroso e pieno la Festa e la Fiera del Perdono; ma in realtà, forse inconsapevolmente, si posero le premesse remote per una dissoluzione dal punto di vista religioso ed economico: i nuovi schemi distruggeranno, del Perdono, la fede religiosa e il valore merceologico rurale. Ho tra le mani il documento inviato dal Comitato Fiera del Perdono alla Camera del Lavoro di Milano, in data 11 marzo 1946; ed ho studiato a lungo tutto il materiale illustrativo e programmatico, ed avrei dedotto questi risultati: è indubbia la buona fede e la buona volontà dei membri del Comitato Fiera nel voler riportare il Perdono ad un elevatissimo livello di importanza e di efficienza; ma i presupposti ideologici guidarono la scelta programmatica; ed i presupposti ideologici erano che ogni manifestazione pubblica doveva essere popolare ed interessare ogni strato della cittadinanza nell'esigenza di democraticizzare i rapporti tra la popolazione; altro presupposto era il tipo di orientamento politico e partitico che era in maggioranza a Melegnano socialista e comunista. Era chiaro dunque che, non mettendosi in dubbio la buona fede e la buona volontà dei partecipanti al Comitato della Fiera, tuttavia ogni manifestazione avrebbe avuto come base l'indirizzo ideologico prevalente. ![]() |
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