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Dizionario biografico dei Melegnanesi (don Cesare Amelli)
 
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Amedeo da Melegnano, sacerdote, beato. Fondatore del convento francescano melegnanese di Santa  Maria della Misericordia, che si trovava dove oggi sono le vie Martiri della Libertà, via San Francesco, attuale via Monte Grappa. Vedi La Campana, anno 1912, pag. 244 dove sta scritto che “la fama di santità largamente sparsa del Beato Amedeo fondatore di questo convento, avea creato intorno a questo asilo della pace e della preghiera, come un’aureola di santa felicità”.
Per la storia del convento, vedi Paolo Sevesi, Santa Maria della Misericordia in Melegnano, tip. Codeleoncini, Melegnano 1932, in archivio di S. Giovanni, armadio 1, n. 11.
Amelli Amelio, commesso di vendita (1889-1978), Nato al brefotrofio di Milano  da genitori che non ha conosciuto e allevato da una contadina di Calvenzano. Fu giovane attivista  dell’oratorio maschile di Melegnano, di cui divenne anche presidente dell’Azione Cattolica Giovanile. Combattè come bersagliere nella prima guerra mondiale nelle trincee di San Donà di Piave, rimanendo ferito nell’ultimo assalto del mese di ottobre 1915.  Si sposò nel 1922 con Giovanna Beccaria e fu padre di sette figli. Esercitò il mestiere di commesso in un grande negozio e magazzino di merci alimentari, detersivi, e generi coloniali per tutta la vita con l’esempio di tenace ammirato lavoratore per 12 ore al giorno.  Fu membro del Corpo musicale “San Giuseppe”, maestro domenicale di catechismo e poi Priore catechistico nella chiesa di S. Giovanni. Per lunghi anni militò nella filodrammatica dell’oratorio maschile nelle parti di attore tragico. Uomo piuttosto schivo di onori e di pubblicità.  Si formò una cultura da autodidatta. Il secondo figlio, Cesare, divenne sacerdote nel 1953, laureato in Letteratura e Storia, e attualmente in servizio pastorale presso la chiesa di S. Giovanni, storico di Melegnano e scrittore, membro della Società Storica Lombarda e socio onorario del Rotary Club.
Araldo da Melegnano, giudice. Sec. XII. Araldo da Melegnano il giorno 8 aprile 1116 si trova a Reggio Emilia, in qualità di giudice, alla presenza dell’imperatore Enrico IV, per la restituzione ai suoi legittimi proprietari di un luogo occupato violentemente da altri. In G. Drei, La carte degli archivi parmensi del sec. XII, Parma 1950, vol. III, doc. 41, pag. 38.
Arialdo da Melegnano , notaio (?) Appare come teste in un documento legale. A. Ratti, Bolla arcivescovile milanese a Moncalieri ed una leggenda inedita di San Gemolo di Ganna, in “Archivio Storico Lombardo”, serie terza, anno XXVIII (1901), pag. 30.  Nella descrizione di un privilegio dato da Arnolfo, arcivescovo di Milano, alla chiesa di S. Gemolo martire, il testo si conclude con la firma dei testimoni, tra questi vi è anche Arialdo da Melegnano, il quale si sottoscrive nel modo seguente: “Item Arialdo de loco Melennanno” (storpiando, cioè, anche il nome del nostro paese). 
NB. Il vescovo Arnolfo I morì nel 984. Arnolfo II fu vescovo di Milano dal 998 al 1018. Un Arialdo da Melegnano (sul documento è scritto Meregnano) un nobile, appare come uno dei donatori della chiesa di Santa Maria di Calvenzano ai monaci Cluniacensi, mediante il vescovo di Milano, Anselmo III C. AMELLI, Dizionario della Chiesa Ambrosiana, NED, Milano 1990, vol.IV, p. 2152.
Arialdo da Melegnano, segretario. Sec. XII. Fu implicato nella controversia tra il vescovo milanese Grossolano (diventato vescovo di Savona nell’aprile 1098). Grossolano fu nominato vicario di Milano quando l’arcivescovo Anselmo IV partì per la crociata.  In seguito all’applicazione di alcune sanzioni canoniche contro certi suoi oppositori, Grossolano fu accusato di simonia, la cui veridicità il prete Liprando, avversario di Grossolano,  si dichiarò disposto a dimostrare sottoponendosi alla prova del fuoco. La prova del fuoco si tenne nella chiesa di sant’Ambrogio di Milano, il 25 marzo 1103: è a questo punto che appare Arialdo da Melegnano.  Arialdo da Melegnano accompagnava Grossolano in S. Ambrogio e cercò di dissuadere Liprando. La notizia è riportata da Landolfo junior sive de sancto Paulo, in Historia Mediolanensis ab anno MXCV usque ad annum MCXXXVII, a cura di Carlo Castiglioni, Bologna, Zanichelli 1934, pp.11-12.  La scena iniziò quando Grossolano, portando la croce, entrò in chiesa ed ascese il pulpito con Arialdo da Melegnano (cum Arialdo de Meregnano) e con un certo Berardo. Il popolo divenne silenzioso, mentre Grossolano disse di voler con tre parole confutare Liprando. E iniziò una diatriba tra i due. Allora, il popolo impaziente gridò. “Uscite fuori al giudizio! Ed uscirono. Liprando si preparò ad affrontare la prova del fuoco e disse: “Dio che è il mio Signore, benedica il fuoco”. Benedisse il fuoco e lo incensò: Tutti risposero.”Amen”.   Grossolano era lì presente, davanti, con Arialdo da Melegnano “qui erat quasi potentissimus princeps Grosolani et procurator judicii” (era come un potentissimo primo segretario di Grossolano e procuratore del tribunale). Arialdo da Melegnano si aspettava che Liprando venisse bruciato oppure che Liprando stesso si sottomettesse a Grossolano: e per questo anche intervenne per trattenere Liprando, dicendo.” O prete Liprando, guarda nel fuoco la tua morte (vide mortem in igne), convertiti al mio signor arcivescovo, e avrai la sicurezza di vivere”. Ma Liprando rivolto a Lui disse:” Satana, vade retro! ed entrò nel fuoco, e pare che ne uscisse illeso. Però si dubita.  Grossolano si rifugiò a Roma, ma fu presto reintegrato a Milano nella dignità arcivescovile
Sulla vita di Grossolano, vedi anche Alfredo Lucioni, Grossolano, in Dizionario della Chiesa Ambrosiana, NED, Milano 1989, vol. 3, pagg. 1531-1532.
Arialdo da Melegnano, benefattore. Sec. XI. Non sappiamo se questo Arialdo sia  quello dei due Arialdi precedenti. Attorno all’anno 1093 questo Arialdo con il fratello Lanfranco e con il parente Atone, chiedono all’arcivescovo milanese Anselmo III, nativo di Rho, di poter cedere la chiesa di santa Maria di Calvenzano di cui erano i patroni, ai monaci dell’Ordine monastico di Cluny, come di fatto avvenne.
Arioli Aristide, sacerdote missionario frate cappuccino, scrittore, (1922-1995). Vedi Archivio parrocchia di S.Giovanni in Melegnano, cartella 71, fascicolo 2, dove sono raccolte diverse sue lettere e altro materiale.  E’ autore di tre libri sulla sua missione in Brasile: Danze sacre nella steppa (1961), La foresta chiama (1966), Libro de tombo (1993). Su questi libri vi sono anche fotografie della sua persona.  Aristide Arioli nacque a Melegnano il 21 maggio 1922. Entrò nell’Ordine dei Cappuccini a 14 anni, mediante l’esempio di fra Reginaldo Panigada martirizzato ad Alto Alegre nel 1901 colpito dagli Indios Guajajaras.  Frequentò il corso di filosofia a Cremona e di teologia a Milano e fu ordinato sacerdote dal cardinale Schuster nel 1950. Chiese di andare in missione In Brasile fu per 42 anni di cui 31 a Montes Altos nella regione di Maranhao, dove dedicò i migliori anni della sua vita come idealizzatore e costruttore delle opere della missione. Nel suo libro La foresta chiama- uomini primitivi ci fa conoscere la sua missione fra gli Indios delle foreste del Maranhao nel nord del Brasile, e le realizzazioni ottenute in un ministero arduo e difficile. Nel libro Danze sacre nella steppa ci presenta la vita curiosa e gli strani costumi della tribù.  Fondò un Ospedale dal titolo “Casa pontificia alivio do sofrimento”. Istituì le “Volontarie Missionarie Secolari” e la “Scuola di secondo grado Luciano Arioli”. Costruì chiese, cappelle e fondò diverse opere sociali. Scrisse di se stesso di essere passato tra sofferenze, incomprensioni, calunnie invettive, disprezzo e abbandono. Nel suo ultimo libro dal titolo Livro de Tombo, edito da Lida Aldeota Fortaleza, padre Arioli espone la storia dell’ospedale da lui voluto e realizzato in Brasile.
Vedi “Il Melegnanese”, anno 4, n. 5 (1 marzo 1971) pag. 3. Vedi pure “Il Melegnanese”, anno XXVIII, n. 16 (1-14 settembre 1995), pag. 2.

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